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Medicina. Ora si cambia: "Laurea abilitante e scuole di specializzazione per medicina generale". Intervista al presidente del Cun Lenzi

di Lucia Conti

Tutto prende spunto dalle ultime decisioni del Governo. A partire dall'aumento delle borse di specializzazione in medicina e dalle proposte del Miur e della Salute in materia di formazione pre e post laurea. "Le Università sono pronte al cambiamento", dice Lenzi, "andando anche oltre le proposte del Governo e prevedendo l'accesso diretto all'Esame di Stato dopo la laurea"

19 GIU - Rivedere gli ordinamenti delle scuole di Specializzazione e innalzare i livelli di formazione post laurea in Medicina generale agli standard universitari. Sono queste le prossime due sfide per la formazione dei medici nei progetti dei ministeri dell’Università  e della Salute. I lavori per raggiungerli sono già iniziati e partono, peraltro, da due documenti già approvati lo scorso anno a largo consenso.
 
Ma non basta, in questa nuova intervista esclusiva ad Andrea Lenzi, presidente del Consiglio Universitario Nazionale e della Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Medicina, anticipiamo anche alcune novità che potrebbero entrare nei lavori in corso, a partire dalla sua proposta di  trasformare la laurea in medicina in "laurea abilitante" per garantire l'accesso diretto all'Esame di Stato. E poi anche il come e il quando saranno attuate le norme che hanno incrementato i posti nelle Scuole di Specializzazione e la proposta del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, di trasformare in Specializzazione anche la formazione in medicina generale.
Professor Lenzi, il ministro Giannini ha mantenuto la promessa e incrementato i posti per la Specializzazione. È soddisfatto?
Sicuramente è stato un piacere constatare la fedeltà del ministro alle promesse fatte. Anzi, l’aumento a 5.000 dei posti per le Specializzazioni è stato un risultato superiore alle aspettative: non solo ha superato di gran lunga i 3.300 previsti per il 2014, ma è andato addirittura oltre i 4.500 posti messi a bando nel 2013. Certo, non possiamo dimenticare che 5.000 resta comunque un numero inferiore alle necessità, dal momento che tra i “residui” degli anni passati e la crescita del numero degli immatricolati sei anni fa e quindi dei laureati nel 2013-14, i candidati alle scuole di specializzazione dovrebbero essere circa 8.000.
L’incremento dei posti è stata comunque una buona notizia e, unito alla determina Miur per individuare soggetti competenti a cui affidare la predisposizione dei test per l’accesso alle scuole e alla pronuncia definitiva del Consiglio di Stato con le ultime indicazioni sul bando, ha creato tutti i presupposti per effettuare il concorso.

Che dovrebbe svolgersi a ottobre, giusto?
Sì, con grande ritardo rispetto alla data prevista, che era l’inizio del 2014. Ma più che guardare al passato, credo che in questo momento sia importante guardare al presente e al futuro. Speriamo di essere usciti definitivamente dalla fase di emergenza e di poter riprendere a gestire le Scuole di Specializzazione nel modo più corretto.

Parliamo del futuro…
Il ministro Giannini mi ha incaricato di impegnarmi su una attività – richiesta anche dal MEF – per riordinare gli ordinamenti didattici delle Scuole di Specializzazione, ipotesi di cui si era già parlato in passato e prevista dalla normativa, per la quale si era parlato di ipotesi di accorciamento e accorpamento, ma soprattutto di revisione ordinamentale. Siamo già al lavoro e l’obiettivo è approvare il riordino entro il prossimo ottobre.

In che direzione vi muoverete?
Vi sono tre condizioni fondamentali. La prima è di potere usare come base di lavoro il documento approvato lo scorso anno all’unanimità dalla commissione MIUR che presiedevo e formata dal CUN, da Rettori, da rappresentanti delle Scuole e dagli Specializzandi. Un documento che, per quanto riguarda gli ordinamenti, si muoveva in varie direzioni: revisione di tipologie, classi e aree e durata complessiva, obiettivi formativi, piano didattico, tronco comune, attività professionalizzanti, ma anche rapporti con il SSN, indicatori per la valutazione della attivazione e delle performance delle scuole, scuole per i non laureati in medicina, esame finale nazionale ecc. La seconda necessità è la trasformazione della laurea in Medicina in “Laurea abilitante”, che consenta, cioè, di svolgere l’Esame di stato immediatamente dopo la laurea evitando i tempi morti. L'attuale sistema, infatti, prevede che per accedere all'Esame di Stato, il laureato debba, ad integrazione delle attività formative professionalizzanti, acquisire dei crediti anche attraverso alcuni mesi di tirocinio pratico. Alla fine, tra la laurea e l'abilitazione, passano in media 6 mesi. Tempi morti che vogliamo tagliare. La terza imprescindibile condizione è che la rimodulazione degli ordinamenti delle Specializzazioni alla quale stiamo lavortando sia in totale armonia con la normativa europea, così che ai nostri specializzati non siano precluse le opportunità offerte nell’area UE.

Che risposta ha ricevuto a queste sue condizioni?
Ho ricevuto disponibilità da parte del ministro alla quale a questo punto dobbiamo massima collaborazione.

Cosa ne pensa, invece, dell'idea del ministro Lorenzin di trasformare la formazione in medicina generale in una vera e propria specializzazione?
È un’ipotesi che condividiamo. Siamo convinti che gli studi del medici di medicina generale debbano compiere un passo in avanti migliorando la qualità della preparazione. Questo non significa che i corsi debbano essere svolti presso le università, nessuna sottrazione alle scuole esistenti, ma devono basarsi su standard universitari in termini di obiettivi e numero di crediti formativi. In realtà la proposta del ministro Lorenzin va in linea con quanto già proposto ed approvato al Ministero della Salute da una commissione coordinata dal professor Gianfranco Gensini a cui partecipavo in rappresentanza MIUR e a cui partecipavano i rappresentanti dei MMG e degli ordini dei medici. Allora avevamo approvato all’unanimità un documento che impostava il percorso di studi post laurea in medicina generale su un modello universitario, pur lasciando la gestione delle scuole in medicina generale agli attuali enti regionali. Il modello di Specializzazione proposto dal ministro Lorenzin è un’alternativa interessante e io sono a diposizione come CUN per ogni supporto e da parte nostra non vuole essere una invasione di campo ma solo un supporto dell’università per una formazione migliore.

Anche in questo ambito, quindi, dobbiamo aspettarci presto novità?
Ritengo che ci siano le condizioni per lavorare bene e in fretta, anche grazie alla presenza di due ministre che hanno dimostrato grande spirito di collaborazione e grande pragmatismo.

Altre criticità su cui occorrerebbe intervenire?
Sicuramente il numero di immatricolati dovrebbe essere strettamente legato, per legge, al numero di posti che saranno a disposizione nel Ssn sei anni dopo la data del test di ammisione, cioè a termine del ciclo di studi universitario. Noi laureiamo il 90% degli iscritti, grazie al numero programmato ed alla frequenza obbligatoria, però, come avevamo detto nel corso della nostra intervista di poche settimane fa, è inutile laureare 9mila medici se poi il Ssn non è in grado di assorbirli.

Una programmazione che dovrebbe essere scontata, ma che invece sembra impossibile da realizzare...
Non è vero, perché in realtà fino a qualche anno fa era così: si laureavano 6 mila giovani colleghi per i quali erano a disposizione circa 1.000 posti nelle scuole di formazione in medicina generale e 5.000 nelle scuole di Specializzazione. Purtroppo, però, successivamente il numero di immatricolati è cresciuto, fino a raggiungere gli oltre 10.000 nel 2014, ma questo incremento non è stato affiancato da un altrettanto consistente incremento delle due alternative post laurea. Le dirò di più, non solo le immatricolazioni dovrebbero essere proporzionate ai posti disponibili nelle scuole di formazione post laurea, ma probabilmente bisognerebbe riproporzionare i posti nelle Scuole di Specializzazione e nelle scuole di Medicina generale, prevedendo, ad esempio, su 9.000 laureati una ripartizione di 5-6.000 nelle Scuole di Specializzazione e 4-3.000 nelle scuole di medicina generale debitamente rafforzate. Se è vero che, per rispondere alla nuova domanda di salute e rendere il sistema sanitario più sostenibile, dobbiamo rafforzare il territorio, questo potenziamento, numerico oltre che qualitativo, della formazione in medicina generale è inevitabile. Di questo però si deve occupare la programmazione sanitaria regionale e nazionale e quindi io qui parlo più da cittadino in quanto altri sono i decisori e gli esperti.

 
Lucia Conti

19 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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