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Governo clinico: ripreso l’esame alla Camera


La commissione Affari sociali della Camera mercoledì scorso ha ripreso l’esame del provvedimento sul governo clinico. Dopo lo stop dell’Assemblea, che aveva deliberato il rinvio in commissione del provvedimento, il relatore, Domenico Di Virgilio, ha elaborato una nuova proposta di testo unificato che ha illustrato in commissione.

18 MAR - Il 10 giugno 2010 è stata l’ultima volta che la Camera dei Deputati si è occupata di governo clinico. Quel giorno di nove mesi fa, a rileggere le cronache parlamentari, fu decisamente nero per la maggioranza e il Governo al punto che tra sospensioni e approvazioni di emendamenti proposti dall’opposizione, alla fine si decise di rinviare il testo all’esame della Commissione.
E così è stato. Mercoledì scorso la commissione Affari sociali ha ripreso in mano l’esame del provvedimento sul governo clinico e lo ha fatto ripartendo da una proposta di testo unificato (dei dieci presentati), che il relatore Domenico Di Virgilio (Pdl) ha illustrato ai colleghi di commissione, ai fini della sua adozione come testo base.
 
Si tratta di 11 articoli, più una norma finale, per ridisegnare il governo clinico e per dare una maggiore efficienza e funzionalità del Ssn attraverso un potenziamento del ruolo del medico nelle scelte strategiche e gestionali delle Aziende sanitarie regionali e attraverso la previsione di una maggiore trasparenza ed equità nel sistema di valutazione e selezione delle risorse umane.
Tenendo ben presente il fatto che la tutela della salute e le professioni ad essa dedicate rientrano tra le materie riconducibili alla competenza legislativa concorrente l’articolo 1 dice chiaramente che i principi fondamentali del governo clinico sono disciplinati dalle regioni e interessano le aziende sanitarie locali od ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) di diritto pubblico. Inoltre il governo clinico garantisce, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, il modello organizzativo più idoneo a rispondere alle esigenze degli utenti e dei professionisti del Ssn, assicurando il miglioramento continuo della qualità delle prestazioni.
 
L’articolo 2 prevede l’istituzione del Collegio di direzione come organo dell’azienda accanto al direttore generale e al Collegio sindacale. Le competenze e la composizione del Collegio di direzione sono definite dalle regioni nel rispetto delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per le casse dello Stato.
 
L’articolo 3 parla di meritocrazia e trasparenza ad ogni livello, prevedendo anche un ridimensionamento del ruolo della politica nelle scelte dei dirigenti in sanità. Si individuano quindi i requisiti indispensabili per l’accesso alle nomine e i criteri di valutazione dei Dg attraverso criteri di pubblicità e trasparenza. Ai direttori generali è richiesta una competenza specifica che sarà valutata da una commissione nominata da ogni regione.
 
L’articolo 4 modifica i criteri di nomina dei responsabili di struttura semplice e di quella semplice dipartimentale, nel quadro e secondo le modalità definite dalla contrattazione collettiva nazionale. Uno dei requisiti richiesti per essere nominato dirigente è ad esempio un’anzianità di servizio di almeno cinque anni nella disciplina oggetto dell’incarico.
 
Di strumenti, definiti dalle regioni, per la valutazione dei dirigenti medici e sanitari con incarico di direzione di struttura complessa e di direttore di dipartimento parla l’articolo 5.

 
Mentre l’articolo 6 stabilisce che direttore del dipartimento è nominato dal direttore generale, sentito il Collegio di direzione, tra una terna di dirigenti con incarico di direzione delle strutture complesse, proposta dal Comitato di dipartimento.

 
obiettivo dell’articolo 7 è l’ottimizzazione dell’uso delle risorse assegnate, l’appropriatezza clinica e organizzativa dell’attività, l’efficacia delle prestazioni, la riduzione al minino del rischio di effetti indesiderati e di insoddisfazione dei cittadini, oltre che, naturalmente, l’ottimizzazione della gestione dei posti letto.
 
L’articolo 8 norma il limite d’età per il collocamento a riposo tenendo presente due principi: il primo, l’allungamento della durata media della vita con conseguente ipotesi di procrastinare l’età del pensionamento; il secondo, che il prolungamento dell’età lavorativa potrebbe svantaggiare i giovani. L’ipotesi che si avanza nel provvedimento è il settantesimo anno di età come limite massimo per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Ssn compresi i direttori di struttura complessa.
Al secondo comma dell’articolo 8, tra le categorie a cui non si applicano le disposizioni previste nel decreto, si inseriscono i dirigenti medici, i veterinari e sanitari del Ssn e i medici universitari convenzionati con il Ssn.
 
Di attività libero professionale dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Ssn parla l’articolo 9.
La materia è disciplinata dalle regioni, viene stabilita l’unicità del rapporto di lavoro e incompatibilità con rapporti di dipendenza da ogni altro ente pubblico o privato; l’attività libero-professionale deve essere svolta extra-orario di lavoro all’interno o all’esterno delle strutture, con esclusione delle strutture private convenzionate con il Ssn.
 
L’articolo 10 disciplina la libera professione degli operatori delle professioni sanitarie non mediche.
 
L’articolo 11 riguarda la programmazione e la gestione delle tecnologie sanitarie da parte delle regioni. 

18 marzo 2011
© Riproduzione riservata

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