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Emoderivati. Tomassini (Pdl): “A breve la fine del monopolio”


Dal 2005 sono attesi i decreti delegati che consentano di liberalizzare il mercato della lavorazione del plasma umano. “Dopo le amministrative riprenderemo in mano la situazione per far compiere gli ultimi 100 metri prima del traguardo”: l'annuncio del presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, durante una visita agli stabilimernti della Baxter a Rieti.

04 MAG - Dopo sei anni di stallo potrebbe volgere a conclusione l’italianissima storia dell’apertura del mercato della lavorazione degli emoderivati.Tanto è passato dall’approvazione della legge 219 del 2005 che, oltre a riordinare il sistema sangue italiano, introducendo per esempio la figura del Centro Nazionale Sangue come organo di coordinamento del sistema, apriva, dopo un quindicennio di monopolio, il mercato della lavorazione del plasma.
Tra proroghe e ulteriori interventi normativi, di fatto, a oggi la situazione è però quella precedente all’approvazione della legge e l’ostacolo principale è rappresentato dall’assenza dei decreti attuativi ministeriali che definiscano le modalità esatte di liberalizzazione del sistema.
Così, i circa 750 mila litri di plasma raccolto annualmente dai donatori italiani, continuano a essere affidati per la lavorazione e la trasformazione in prodotti emoderivati all’unica azienda abilitata alla partecipazione alle gare (l’italiana Kedrion) che restituisce al Ssn i prodotti finiti. Un’operazione per cui lo Stato spende circa 130 milioni l’anno e per cui l’Italia è già stata bacchettata dall’Ue.


Ora, secondo il presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato Antonio Tomassini, in visita ieri presso lo stabilimento Baxter Manifacturing, i tempi sono maturi “perché il sistema sangue italiano compia gli ultimi cento metri prima del traguardo. Dopo le elezioni amministrative - ha affermato Tomassini - riprenderemo in mano la situazione e spero che il ministro firmi i decreti nei prossimi 30-60 giorni”.
Proprio Baxter è tra le 5 aziende in attesa di poter godere dell’apertura del mercato del sangue italiano. Lo stabilimento di Rieti, un centro di frazionamento del plasma, negli ultimi 3 anni ha attratto quasi 60 milioni di euro di investimenti dalla casa-madre che hanno consentito di raddoppiare la capacità lavorativa portandola a 1,3 milioni di litri di plasma annui.

Baxter punta su Rieti come centro di eccellenza, non solo a livello europeo ma mondiale, al punto che lo stabilimento ha ricevuto oltre all’autorizzazione europea anche la certificazione Fda e dei ministeri della Salute canadese, brasiliano e messicano. Attualmente lavora plasma acquistato sul mercato nord-americano e europeo (ma non italiano in virtù dell’attuale stallo normativo). Ma, paradossalmente, i prodotti finiti raggiungono anche i pazienti italiani.
L’azienda non aspetta altro che di godere della liberalizzazione che, secondo il presidente e amministratore delegato Silvio Gherardi, consentirebbe non soltanto il risparmio derivante dal superamento del monopolio e dall’ingresso nel sistema della concorrenza, ma anche una maggiore valorizzazione del sangue donato dai cittadini italiani.
Il plasma, infatti, è la materia prima di un numero crescente di farmaci emoderivati. E “l’azienda attualmente monopolista è in grado di fornire al Servizio sanitario nazionale soltanto 4 frazioni. Le rimanenti vengono acquistate sul mercato commerciale per circa 250 milioni di euro l’anno. Aprire ad altre aziende, dunque, consentirebbe di estrarre dal sangue italiano un maggior numero di prodotti”, ha affermato Gherardi. “E ciò si tradurrebbe in un ulteriore risparmio”.
Insomma, secondo la presidente della commissione Affari Europei del Senato Rossana Boldi, l’applicazione completa della legge 219 “consentirebbe di fare qualcosa per i pazienti rispettando le regole del mercato”.
Certo, anche la liberalizzazione - che comunque non potrebbe avvenire prima dei due anni in virtù dei contratti già firmati con il monopolista - non consentirà di raggiungere l’autosufficienza. La domanda di plasma è in costante aumento in tutto il mondo a seguito del sempre più ampio impiego delle immunoglobuline a uso venoso e di una maggiore richiesta di farmaci emoderivati da parte di Paesi emergenti.
Tuttavia, la strada imboccata sembra quella giusta. In Italia negli ultimi anni si è assistito a un costante aumento delle donazioni, tanto che per alcune frazioni come i fattori VIII e IX plasmatici vi è una sovraproduzione che consente all’Italia di “donare” una discreta quantità di prodotto a Stati terzi.
 
A. M.

04 maggio 2011
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