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“Dopo di noi”. Svolta per il futuro dei disabili gravi senza sostegno famigliare o legge beffa? Confronto tra Carnevali (Pd) e Baroni (M5s)

di G.R.

Intervista doppia alla relatrice della legge approvata lo scorso martedì alla Camera, e al portavoce del M5s alla Camera. Carnevali (Pd): "Il provvedimento colma una lacuna che da molti anni veniva fortemente richiesta dalle associazioni, soprattutto dei familiari". Baroni (M5s): "La legge si traduce nell’ennesima finanziarizzazione e privatizzazione dei bisogni di salute e di assistenza".

16 GIU - A 48 ore di distanza dall'approvazione definitiva della legge sul "Dopo di noi", in tema di assistenza ai disabili gravi privi di sostegno famigliare, abbiamo dato il via ad un confronto a distanza tra la relatrice del provvedimento, Elena Carnevali (Pd), e il portavoce del M5s alla Camera Massimo Baroni, per far chiarezza sul contenuto del provvedimento e spiegare le ragioni di chi parla di una "rinnovata speranza per le famiglie dei disabili" e chi invece accusa di aver "tradito" le finalità della legge, lasciando un eccessivo spazio d'azione ad interessi di tipo privato.
 
La Camera ha approvato in via definitiva la legge sul “Dopo di noi”. Qual è il suo giudizio generale sul provvedimento?
 Carnevai (Pd): Il giudizio è positivo perché colma una lacuna che da molti anni veniva fortemente richiesta dalle associazioni, soprattutto dei familiari, evitare il rischio dell’istituzionalizzazione quando vengono a mancare i genitori. È positivo, confermato dalle stesse associazioni, perché prevede interventi strutturali e continuativi mettendo al centro il diritto della persona con disabilità di scegliere dove e con chi vivere come richiamato dall’ art. 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Al centro della legge la persona, il suo progetto di vita e la progressiva presa in carico già durante esistenza in vita dei genitori. Vogliamo riconoscere il diritto delle persone di emanciparsi dalla famiglia e di vivere nelle comunità dove crescono le relazioni personali, affettive, occupazionali, ludiche e ricreative. La legge si rivolge in particolare alla disabilità grave, perché come sottolineato anche da chi ha votato contro (il M5s) dovevamo assicurare gli interventi per coloro che con più fatica non possono accede ai progetti di vita indipendente finanziati con la legge 162/98, come le persone con disabilità intellettiva, cognitiva e relazionale, la parte “orfana dell’attenzione pubblica”. Continuare a denigrare il terzo settore, pioniere i questi anni con alcuni lungimiranti enti locali, di progetti per il “Dopo e durante di Noi” vuol dire essere fuori dalla realtà.
Oggi, anche se per alcuni è difficile ammetterlo, lo Stato investe sui livelli essenziali delle prestazioni sociali, con risorse proprie e se possibile anche con il concorso del terzo settore. Ciò non vuol dire “terziarizzare il welfare” perché “governance” e responsabilità rimangono saldamente in mano pubblica.
 
 
 Baroni (M5s): Il giudizio generale rimane negativo, pur riconoscendo che nelle finalità della legge, anche grazie ad alcune modifiche fatte dal 5 Stelle, sono rientrati elementi fondamentali, come l'indicazione dei “livelli essenziali delle prestazioni sociali” (LIVEAS o LEPS che dir si voglia) e il rispetto, nelle generiche intenzioni della legge, a una “Vita Indipendente” per i disabili. E infatti a questo articolo abbiamo votato a favore. Ma la legge non va oltre il titolo e le generiche dichiarazioni d’intenti. Non si condivide l’impostazione discriminatoria e confusionaria tra coloro che avranno diritto al “Dopo di Noi”. Ci sono i beneficiari del diritto all’accompagno - che è una legge del 1980 - e l’art.3 comma 3 della l.104/1992 che individua la “disabilità grave”. Quando poi ci si riferisce ai soli e cosiddetti “disabili gravi” conviventi con la famiglia di origine, per i futuri progetti sul “Dopo di Noi”, buona parte delle risorse vengono destinate, sotto forma di esenzioni fiscali o tributarie, ai disabili più benestanti che possono permettersi polizze assicurative, trust oppure fondi speciali. Questi ultimi due vanno in favore di enti del terzo settore sempre più centrali nell’erogazione di diritti fondamentali, garantiti dallo Stato. La legge, nel suo complesso, rivela un nuovo asservimento alla riforma del Terzo settore appena approvata: tutto ciò si traduce nell’ennesima finanziarizzazione e privatizzazione dei bisogni di salute e di assistenza, in una logica di sussidiarietà dei diritti dei disabili. In questo caso, il M5S non condivide in alcun modo ciò che va avanti da anni, con un pubblico sempre più e smagrito e cooperative e imprese che per sopravvivere hanno bisogno della politica. Stanno indebolendo e rendendo di fatto inesigibili diritti fondamentali delle persone disabili. È gravissimo.
 
Tra i più critici certamente il Movimento Cinque Stelle che accusa la maggioranza di aver favorito il privato e le assicurazioni. Ma è davvero così?
 Carnevali (Pd): Nulla di più falso. Dopo anni di attesa lo Stato mette a disposizione 270 milioni in tre anni di cui 185 milioni di euro esclusivamente per finanziare interventi pubblici di soluzioni abitative di tipo famigliare con le necessarie attività di supporto. Si prevedono anche detrazioni fiscali per le polizze assicurative sulla vita che le famiglie tendono a sottoscrivere a beneficio dei figli che non possono assicurarsi un reddito da lavoro. Prevede altresì agevolazioni fiscali per la costituzione di trust o di fondi speciali affidati alle Onlus purché nelle garanzie di tutela per le persone disabili gravi iscritte nella legge. Questi benefici fiscali introdotti, ancorché modesti, vogliono valorizzare la dimensione solidaristica di scelte che altrimenti resterebbero nell’ambito individuale. La legge si rivolge agli adulti con disabilità grave, circa 580 mila persone, tra i 18 e 65 anni. Questo governo, dopo anni di finanziarie con tagli al welfare , ha garantito , anche quest’anno 400 milioni per il Fondo per la non autosufficienza e 300 milioni per il Fondo Nazionale Politiche Sociali. Questi sono fatti e non parole a vento! . Il Partito democratico, in accordo con le associazioni , ha voluto un Fondo specifico e strutturale - 185 milioni in tre anni- per garantire esclusivamente il finanziamento ai sostegno dei progetti per il Cd “durante e dopo di noi” . Numeri scritti in legge finanziaria. Queste risorse sono aggiuntive ( art 1 comma 2 ) agli obblighi già previsti dalla legislazione vigente per gli interventi di cura e assistenza per le persone con disabilità. Per l’anno 2016, i 90 milioni sono tutti esclusivamente dedicati al finanziamento pubblico dei progetti e l’impatto delle misure di agevolazione fiscale avverrà a partire dal 2017, con la disposizione finanziaria ( art 9) che gli eventuali risparmi non saranno “riserve” per lo Stato ma alimentano il Fondo pubblico.  Per essere ancora più chiari dello stanziamento triennale di 270 milioni più di del 70 per cento è destinato al Fondo per il sostegno e la realizzazione di residenze abitative di tipo familiare. Il Trust , tanto demonizzato dal M5s e gli altri istituti giuridici già presenti nelle leggi dello Stato e nel codice civile come la costituzione di vincoli di destinazione per patrimoniali mobiliari e immobiliari e fondi speciali affidati alle Onlus potranno beneficiare di agevolazioni fiscali (meno del 10 per centro del finanziamento su tre anni) a fronte delle norme di tutela inserite nella legge per le persone con disabilità grave, sono alcuni strumenti per salvaguardare le persone disabili . Nulla a che vedere con i livelli essenziali o con gli interventi assicurati dal Fondo ma con la responsabilità dello Stato di proteggere le persone più fragili anche nei confronti di chi tutelerà i loro patrimoni, piccoli o piccolissimi che siano.
 
 
 Baroni (M5s): E’ certamente così. I numeri non sono un’opinione. Facciamo due conti. Vengono esclusi un milione e 750.000 disabili da questa legge. Quindi per pochi. Poi diventano sempre meno i beneficiari. A circa 250.000 disabili con accompagno che vivono con la loro famiglia d’origine andranno ripartiti, se tutti ne faranno richiesta, circa 55 milioni. Una beffa e una presa in giro in termini di servizi erogati per il “Dopo di Noi”. Non ci pagheranno nemmeno due ore di assistenza al mese, dato che sono circa 35 euro al mese a disabile, il valore della tessera dell’autobus a Roma. Le risorse stanziate nella finanziaria 2016 e destinate all’assistenza dei disabili ammontano a 90 milioni di euro a decorrere dal 2016. Ebbene circa 35 milioni su 90, ovvero il 40%, saranno destinati a misure di agevolazione fiscali e tributarie e non al diritto sacrosanto all’assistenza, che per queste famiglie, per maggior parte modeste, riescono raramente ad ottenere. Addirittura oltre 10 milioni di euro sono dedicati alla costituzione di negozi giuridici come il “trust” a cui potranno accedere lo 0,25% degli aventi diritto, i più ricchi, coloro che dichiarano oltre 1 milione e mezzo di patrimonio, ovvero 1430 persone su 250.000. A loro sono dedicati sgravi per oltre 5.000 euro a testa, se “accedono” al “trust” che può essere costituito anche a favore di organizzazioni del terzo settore. E’ chiaro che le misure agevolative presenti in questo provvedimento aumentano la forbice tra i più ricchi e i più poveri e i cosiddetti “intermediari” dei servizi resi. Solo i più benestanti avranno la possibilità di stipulare polizze assicurative, che come tutti sanno sono costose per queste famiglie. La realtà della disabilità e dei loro reali bisogni in Italia è totalmente sminuito dalla legge e non tiene conto del fatto che la maggior parte delle famiglie con disabili hanno un basso reddito. I più poveri, la metà dei destinatari della legge, circa 140.000 famiglie hanno un imponibile IRPEF inferiore a 20.000 euro l’anno - proprio perché gravato dalle ingenti spese connesse alla disabilità e dal tempo sottratto al lavoro da parte dei familiari che di fatto mettono in atto quel welfare su cui invece lo Stato è assente oppure parziale e insufficiente, sia nel “durante noi” che nel “dopo di noi”.
 
Nel 2000 il Parlamento approvava i Liveas, ovvero i Livelli essenziali di assistenza sociale sul modello di quelli sanitari. Sappiamo però che non sono mai stati individuati. Oggi il “Dopo di noi” ci riprova con i Lep. Sarà la volta buona o c’è nuovamente il rischio di diritti solo sulla carta?
 Carnevali (Pd): È vero che, pur previsti nella Costituzione (art. 117 comma m), sono ad oggi individuate e finanziati solo quelli sanitari (LEA) mentre la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) è dovuta alla corrispondente necessità di copertura finanziaria insostenibile purtroppo nell’attuale congiuntura economica. Abbiamo perciò previsto l’introduzione di un obiettivo di servizio (art. 13 D.L. 68/11) per permettere di raggiungere gradualmente i LEP per Ie persone con grave disabilità assicurando l’esigibilità del diritto. Anche questo è un passaggio inedito fino ad ora. L’integrazione sanitaria, socio-sanitaria e sociale viene assicurata dalle Regioni e dai Comuni come previsto dalle normative vigenti rimaste inalterate, poiché gli interventi previsti da questa legge sono aggiuntivi e non sostitutivi, come più volte esplicitato nel testo. 

 
 Baroni (M5s): Il richiamo ai livelli essenziali delle prestazioni che dovranno essere assicurati e garantiti dalla Regioni anche mediante l’integrazione tra le relative prestazioni e la collaborazione con i comuni è di per sé positivo, annullata dalla disarmante e solita clausola d’ “invarianza finanziaria”. A questo si aggiunge la sottrazione delle poche risorse messe a disposizione tramite il finanziamento indiretto da parte dello stato delle assicurazioni e delle fondazioni per i “trusts”. Una vera beffa il fatto che all’enunciazione dei LEPS o LIVEAS, che dir si voglia, consegue subito dopo la solita previsione che “nelle more di”. Questo significa, mentre aspettiamo i nostri diritti garantiti accontentatevi di queste poche briciole. E’ dall’anno 2000, quando è stata emanata la prima legge organica sul settore sociale (L. 328/2000) che i “livelli essenziali delle prestazioni sociali” enunciati all’articolo 22 non sono mai diventati diritti esigibili e reali.
 
Una legge molto discussa in Parlamento. Meno fuori dal Palazzo. Come mai? C’è poco interesse o è solo un problema mediatico?

 Carnevali (Pd): Forse questo testimonia il segno che la società, dominata da una cultura individualistica, è distratta nei confronti delle severe difficoltà e solitudine che attraversano le persone e le famiglie con disabili, ma posso assicurare, dopo anni di esperienza in questo campo che questa legge è conosciuta e da tempo se ne attendeva la rapida approvazione. In molti, in questi due anni di iniziative sulla legge in tutta Italia, mi hanno evidenziato come questo passaggio legislativo abbia contribuito a riaffermare il diritto alla partecipazione, inclusione sociale e rispetto delle scelte delle persone con disabilità. I familiari e le persone con disabilità per fortuna sono in grado di giudicare da soli e non si accontentano delle strumentalità “ politiche”. Sono attente, informate perché riguarda la loro vita e l’apprezzamento per la legge è già di per se la risposta. Noi siamo consapevoli che resta ancora molto da fare,si pensi per esempio al riconoscimento del lavoro di cura del caregiver e di ciò che è iscritto nel Piano d’azione biennale per le persone con disabilità. Ma con l’approvazione abbiamo colmato un’ assenza nelle politiche sociali, che dovrà durare nel tempo. Con buona pace di chi è sempre contro e chiuso nel “ loro” recinto del tanto peggio tanto meglio.
   
 
 Baroni (M5s): In Parlamento si è tradita la finalità della legge come recitata nel titolo che è quella di disporre in materia assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Assistenza, infatti, è cosa diversa da disposizioni che consentano o agevolino attività sui patrimoni dei disabili. Ricordo che nella prima bozza del provvedimento non era presente il trust introdotto invece successivamente e che si è “mangiata” una parte della legge. Dopo che nelle audizioni alla Camera è intervenuto il presidente della Fondazione toscana "Dopo di noi", (di questa fondazione fanno parte due banche) nonché consigliere regionale PD in Toscana e dopo che era intervenuta l'associazione "Il trust in Italia". Fuori dal parlamento arriva solo il titolo della legge e le finalità enunciate ma purtroppo non arriva l’intero corpo della legge, il cui cuore, in questo caso, sono i favori agli “intermediari” di servizi. Questi intermediari devono campare e camperanno con i soldi stanziati per i servizi alle disabilità. Gli incentivi alle assicurazioni e alle fondazioni che curano i patrimoni dei disabili e delle loro famiglie, vengano sottratti dal Governo alla possibilità di erogare assistenza diretta e indiretta alle famiglie dei disabili, che quindi dovranno dipendere a vita da tali intermediari. Senza poi contare che i soldi dei patrimoni potrebbero essere usati per nuove speculazioni edilizie. Ciò è avvenuto con la recente legge sulla chiusura degli OPG. Anche in quel caso erano 50 milioni l’anno, solo che in questo caso sono da ripartire per 1000 malati psichiatrici e non per 250.000. Il nostro timore sono l’assenza di garanzie. Si chiudono dei lager e se ne aprono di nuovi col pretesto di “costituire nuove case famiglie” per disabili.
 
Pur apprezzando il provvedimento, la Federazione italiana per il superamento dell'handicap (Fish) ha sottolineato che si poteva fare di più sulla deistituzionalizzazione, siete d'accordo?

 Carnevali (Pd): La Fish, che ha contribuito a migliorare la legge si preoccupa giustamente delle 30 mila persone che attualmente hanno trovato risposta, nella maggioranza dei casi, nelle RSD ( residenze sanitari disabili). Molte innovative e floride di progetti inclusivi, altre ancora basate sul modello di “cura para-ospedaliero ”o segreganti I programmi di de-istituzionalizzazione sono il primo punto nell’art 4 delle legge. Per farlo dobbiamo attrezzare le comunità, i servizi dove le persone vivono. Se non procediamo così, il rischio è di fare un’ottima legge (come la legge Basaglia 180/ 78) ma poi di non trovare risposte alla loro dimissione. Ora, dopo i decreti attuativi, spetta alle regioni e agli enti locali, che hanno un responsabilità diretta per la competenza sociale e socio-sanitaria, con il contributo anche del terzo settore, utilizzare al meglio questa opportunità. I finanziamenti previsti devono essere utilizzati sono per le realizzazione degli obbiettivi previsti che sono 4: percorsi di de- istituzionalizzazione e sostegno domiciliare in soluzioni innovative di residenze che riproducono le condizioni abitative e relazionali della casa familiare, interventi temporanei di emergenza (es. il ricovero di urgenza dell’unico genitore) nel rispetto della volontà delle persone disabili, interventi innovativi di residenzialità di tipo familiare e di cohousing, che comprendono anche oneri di locazione ristrutturazione e le opportunità delle nuove tecnologie ( es domotica) ed i programmi per lo sviluppo di competenze per il raggiungimento della possibile autonomia. Nessuno può accedere a questi finanziamenti per realizzare altri “istituti”. Legiferiamo avendo presente il rispetto dell’autodeterminazione, libertà , partecipazione ed inclusione come ancora una volta richiamato nel Manifesto di Roma nella giornata per la disabilità intellettiva alla presenza del Presidente della Repubblica, S. Mattarella. 

 
 Baroni (M5s): Siamo senz’altro d’accordo. L’auspicata “deistituzionalizzazione” è rimasta una soluzione cenerentola e che non viene garantita col “Dopo di Noi”. Non ci sono vincoli da parte di chi userà questi soldi per il “dopo di noi” di garantire soluzioni meno stressanti ed umilianti per il disabile e, ad esempio, l’assistenza domiciliare ovvero la tutela del diritto del disabile di vivere nella propria casa anche quando saranno privi del sostegno familiare, che rimane una chimera, proprio come avviene ora nel “durante noi”. Il pericolo di una speculazione edilizia oppure di nuove case-famiglie per soli disabili che verrebbero ghettizzati è altissimo. Il M5S con diffusi emendamenti e ordini del giorno intendeva rendere questa legge coerente con il Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con il decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, proprio per dare piena attuazione alla Convenzione ONU sui diritti dei disabili, con particolare riguardo all'assistenza autogestita, con progetti di Vita Indipendente, personalizzati e budget destinati direttamente alle persone in questione, così da poter investire in assistenti personali liberamente scelti e formati, e con l'aiuto degli amministratori di sostegno. Il provvedimento invece va in direzione contraria e confonde macroscopicamente la deistituzionalizzazione, incentivando l’istituzionalizzazione, e riferendola a “piccole strutture private“, pur sempre strutture gestite da terzi che probabilmente saranno i medesimi che gestiranno anche i patrimoni dei disabili sia prima che dopo la vita del disabile medesimo.
 
Giovanni Rodriquez

16 giugno 2016
© Riproduzione riservata

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