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Convenzioni. Pomo (Sisac) al Senato: “Nessuna ipotesi di smantellamento punti continuità assistenziale. Da medici resistenze, ma sono comprensibili”


Il coordinatore della struttura regionale per i contratti della medicina convenzionata ascoltato in commissione Igiene e Sanità sul rinnovo degli accordi con medici di famiglia e pediatri. E sui rischi occupazionali precisa: “Bozza di accordo prevede esplicitamente l’impegno delle regioni a mantenere l’attuale livello occupazionale”.

21 LUG - “Non si è ipotizzato in alcun modo lo smantellamento degli attuali punti di continuità assistenziale”. A ribadirlo è il coordinatore della Sisac Vincenzo Pomo nella sua audizione in commissione Igiene e Sanità in merito allo stato delle trattative per il rinnovo delle convenzioni di medici di famiglia e pediatri che come sappiamo vede in queste settimane incontri separati tra Sisac e sindacati, dopo lo stop in seguito alla presentazione della prima bozza di articolato, in attesa che si risolva la questione dopo l’estate.
 
Tornando all’audizione, Pomo ha illustrato le bozze di accordo collettivo nazionale per la medicina generale e per la pediatria di libera scelta predisposte da Sisac e ha riassunto i contenuti del nuovo accordo, in particolare “l’adesione obbligatoria del medico all’assetto organizzativo della Regione e al relativo sistema informativo; la realizzazione del ruolo unico tra medici di assistenza primaria e medici di continuità assistenziale, ai quali viene affidato il compito di garantire la continuità dell’assistenza nell’ambito dell’organizzazione distrettuale del servizio; la definizione del ruolo giuridico (status) del medico libero-professionista contrattualizzato; la definizione del codice di comportamento e delle relative procedura sanzionatorie”.
 
Ma soprattutto il coordinatore Sisac ha ricordato come “per quanto riguarda la realizzazione del ruolo unico tra medici di assistenza primaria e medici di continuità assistenziale, non si è ipotizzato in alcun modo lo smantellamento degli attuali punti di continuità assistenziale”.
 
“In realtà – ha ricordato Pomo - sulla base delle indicazioni contenute negli Accordi Stato-Regioni e dei dati di afflusso ai centri di Pronto Soccorso, di codici bianchi e verdi nelle diverse ore della giornata, la bozza di accordo collettivo nazionale in discussione prevede che in considerazione delle necessità assistenziali differenti tra aree metropolitane, città di medie dimensioni ed aree a forte dispersione abitativa, le regioni garantiscano la continuità dell’assistenza ottimizzando le risorse attualmente utilizzate, realizzando un modello regionale basato su tre aspetti, ovvero: attivazione del numero unico europeo 116-117 per la garanzia di un servizio nell'arco delle 24 ore per gli interventi non urgenti; organizzazione di un servizio di medicina convenzionata dalle ore 8,00 alle ore 24,00; organizzazione dell'assistenza nell'arco delle 24 ore dei punti di continuità assistenziale, utilizzando tutto il monte ore disponibile a livello regionale”. Ricordato anche “come la bozza di accordo collettivo nazionale preveda esplicitamente l’impegno delle regioni a mantenere l’attuale livello occupazionale”.
 
“Resistenza della categoria”. Pomo in merito alla trattativa ha “osservato come la realizzazione del nuovo modello di assistenza territoriale, a quattro anni dalla legge di riforma, continui a registrare una, per certi versi, comprensibile resistenza da parte della categoria, che nella sua variegata costituzione vede messo in discussione un assetto organizzativo avviato negli ultimi dieci anni, con evidenti ripercussioni negative, retributive e contributive, per i medici che hanno già accettato la sfida della medicina associativa e dall’altro la legittima aspettativa dei medici impegnati nella sola attività oraria, di partecipare in modo più completo e coinvolgente nella assistenza territoriale per garantire una effettiva continuità dell’assistenza con la presa in carico dei pazienti cronici e fragili”.
 
Infine Pomo ha sottolineato come “la realizzazione del ruolo unico e quindi il pieno utilizzo di tutti i medici convenzionati in tutte le attività territoriali, sia una scelta obbligata se si pensa che nei prossimi sette anni, progressivamente, circa 19.000 medici andranno in pensione e nei successivi otto anni il ricambio riguarderà circa 37.000 medici di medicina generale (su circa 44.00) e circa 5.600 pediatri di libera scelta (su circa 7.000)”. Sottolineato infine “come questi dati pongano all'attenzione del legislatore il tema della formazione medica in relazione alle necessità di mantenere un servizio sanitario nazionale equo ed efficiente”.
 
In ogni caso probabilmente la Sisac sarà sentita ancora. Infatti la presidente De Biasi ha ritenuto “utile un approfondimento della complessa tematica in questione anche nel corso di una seconda audizione”.

21 luglio 2016
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