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Manovra. Mangiacavalli (Ipasvi): “Coperta è sempre corta. Contratti e qualità assistenza non decollano e sono a rischio senza risorse”


La presidente della Federazione degli infermieri critica sulla prossima Legge di Bilancio per la sanità. E poi sulle promesse di nuovi contratti: “Attenzione: non sono le dovute stabilizzazioni del personale precario, già in servizio da anni ormai, di cui si parla”.

15 OTT - “Il balletto delle risorse per la sanità pubblica che va in scena prima di ogni manovra di bilancio, dovrebbe sganciarsi dalle regole dell’economia e fare i conti con le reali esigenze dei cittadini”. Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale Ipasvi, interviene così sulla quantificazione delle risorse per il Ssn nel 2017.
 
“La coperta – afferma -  è sempre corta: l’annuncio è di un miliardo in più rispetto al 2016, ma uno in meno rispetto a quanto preventivato: 113 miliardi previsti, 112 finanziati. Pochi per garantire la qualità. Si conferma priorità ai contratti ai quali tuttavia vanno risorse che consentono aumenti nemmeno dell’1% dopo sette anni di assenza totale. E si annuncia priorità alla cura di alcune patologie e ai vaccini, regole di salute pubblica cioè che non dovrebbero nemmeno essere messe sul piatto della bilancia perché se esiste un servizio sanitario, la sua mission è la salute dei cittadini che non si misura col bilancino della spesa”.
 
“Stiamo assistendo al solito braccio di ferro istituzionale tra Salute, Economia, Regioni e Governo – stigmatizza la presidente Ipasvi – che ha annunciato nuovi contratti (ma attenzione: non sono le dovute stabilizzazioni del personale precario, già in servizio da anni ormai, di cui si parla) e maggiore assistenza, ma che deve fare i conti comunque con i calcoli dei tecnici dell’Economia”.
 
“Le risorse per i contratti servono.  – dichiara Mangiacavalli - E servono, come ha detto lo stesso Renzi, perché si devono fare i concorsi anche se ‘solo’, come annunciato, per 10mila posti tra forze dell’ordine e infermieri: quelli che ci sono non bastano più. Anche le Regioni hanno parlato chiaro e puntano nonostante tutto al 113 miliardi promessi pur sapendo che probabilmente non arriveranno mai: oltre i contratti i nuovi Lea vanno finanziati e i fondi sono necessari per i farmaci innovativi, per l’epatite C, per i vaccini e così via. Le risorse servono per garantire cure ai cittadini e stabilità a chi le deve erogare: un Paese come il nostro non dovrebbe mettere in discussione tutto questo e tantomeno subordinare certe garanzie ai cordoni di una borsa condizionata da mille esigenze: un Pil al rallentatore che frena anche la crescita delle risorse sanitarie, un debito pubblico troppo lento a calare e l’esigenza di rispettare i rigidi tetti Ue al deficit. Aspettare la legge di bilancio è come ascoltare un rullo di tamburo che inizia ora e si concluderà al giro di boa della legge tra i due rami del Parlamento, quando cioè si potranno mettere in cantiere solo ritocchi a quel che ormai sarà la nuova legge per il 2017. Un rullo di tamburo che tiene in sospeso quasi 700mila operatori del Servizio sanitario nazionale, ma soprattutto i cittadini, tutti, che sperano e credono in un’assistenza pubblica, universalistica e di alta qualità”.
 
“La posta in gioco – conclude – è scegliere se ci sarà il lieto fine o l’avvio di una battaglia per la garanzia della tutela della salute di tutti e del lavoro e della dignità di chi la salute la deve salvaguardare”. 

15 ottobre 2016
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