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Casse previdenziali private. Per la commissione parlamentare di controllo sono troppe. Proposto accorpamento gestionale per affinità professionali: “Possibili risparmi e più garanzie”


Venti casse sono troppe secondo la Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. Per questo propone un Testo unico in cui è possibile l'accorpamento per affinità professsionali delle Casse che manterrebbero comunque all'interno del nuovo eventuale soggetto le loro specificità. Previsti anche maggiori controlli e meccanismi fiscali più favorevoli. IL DOCUMENTO.

26 MAG - La previdenza privata è troppo frammentata e se “la realtà delle singole professioni giustifica una pluralità e una separazione degli ordini, non automaticamente lo stesso modello deve essere replicato per la gestione della funzione previdenziale, che si sostanzia in un’attività a carattere amministrativo e finanziario e che da un’eventuale accorpamento a carattere pluricategoriale potrebbe trarre indubbi benefici”.

La proposta di maxi-casse per affinità professionali arriva con un testo unico proposto dalla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

Con quali benefici? Secondo la Commissione una maggiore solidità della gestione di enti che hanno dimensioni adeguate e in possesso di conoscenze qualificate per i profili di gestione richiesti; economie di scala per lo svolgimento di tali funzioni; snellimento delle procedure operative; maggiore capacità gestionale, per enti di adeguate dimensioni, rispetto alle complesse scelte dell’investimento sui mercati mobiliari e immobiliari.

Il panorama degli enti previdenziali privati oggi è composto da venti enti diversi con macro-casse in termini di iscritti e di patrimonio gestito (quattro delle quali hanno ben più di 100mila iscritti, con l’Enpam che ne conta più di 350mila, Enasarco circa 250mila e due – Cassa Forense e Inarcassa – intorno a 170mila iscritti), di casse di medie o piccole dimensioni (dalla Cipag circa con 95 mila iscritti alla Cassa del Notariato con meno di 5 mila iscritti).

Che si occupano di sanità ce ne sono sette tra i venti, anche se l’Onaosi, considerata nel numero, non eroga pensioni, ma solo prestazioni assistenziali. Ci sono le casse di medici, infermieri, farmacisti, veterinari, biologi, psicologi. Secondo la Commissione,  l’esistenza di venti enti diversi, implica che ognuno abbia una propria gestione finanziaria e del patrimonio, in alcuni casi secondo un modello di gestione diretta attraverso le strutture amministrative dell’ente, in altri casi secondo una modalità di affidamento in outsourcing a operatori finanziari esterni. Le ridotte dimensioni patrimoniali di molte casse riducono il loro peso di contrattazione nella gestione dei rapporti finanziari sul mercato, e rende difficile accrescere la trasparenza delle scelte finanziarie, considerando anche  che il patrimonio complessivo degli enti previdenziali privati ammonta a circa 70 miliardi e costituisce quindi una massa finanziaria considerevole, tanto da rendere legittimo definire il settore, dal punto di vista degli investimenti, come la gestione del risparmio previdenziale.

La frammentazione secondo la Commissione implica poi una complicazione del contesto operativo e un incremento dei costi di funzionamento (ad esempio la pluralità di organi collegiali esistenti tra tutte le casse, la tendenza alla elevata consistenza numerica degli organi e le conseguenti remunerazioni), con la moltiplicazione delle procedure interne e dei rapporti con le autorità pubbliche di controllo.

Le stesse procedure di vigilanza e di controllo da parte delle autorità pubbliche sono rese più complesso dovendo moltiplicare per venti enti le attività.
Secondo la Commissione nel testo unico “per stimolare il processo di accorpamento tra gli enti, che deve avvenire secondo criteri di affinità e similarità delle professioni, spesso connesse tra loro nella pratica professionale o con problemi gestionali analoghi, si prevede il divieto della costituzione di nuovi enti monocategoriali. Per stimolare il processo di accorpamento su base volontaria da parte degli enti può essere introdotto un regime di tassazione agevolata per gli enti pluricategoriali, idoneo a costituire uno stimolo ad intraprendere tale scelta organizzativa”.

L’accorpamento comunque non deve determinare una confusione tra le gestioni degli iscritti a diversi ordini collegi professionali. Le gestioni e le relative regole e posizioni contributive devono rimanere separate, anche quando la procedura di investimento, ad esempio, è gestita in chiave unitaria e con modalità più efficienti. Inoltre nella composizione degli organi direttivi degli enti pluricategoriali devono essere rappresentate tutte le professionalità iscritte.

La Commissione nel testo unico prevede anche uno snellimento della struttura organizzativa interna delle casse “fatta salva la piena rappresentatività delle categorie interessate”. Lo snellimento operativo e l’economicità di gestione prevede che i consigli di amministrazione debbano avere un numero non superiore a 5 componenti, compreso il Presidente. Unica deroga  è per gli enti pluricategoriali, con la  possibilità di incrementare il numero di componenti il consiglio per garantire rappresentanza a tutti gli ordini e collegi professionali iscritti all’ente.
Anche per le componenti assembleari si stabilisce un numero massimo di 40 componenti, assicurando la rappresentanza per ciascuna Regione e tenendo conto della consistenza numerica degli iscritti su base territoriale.

Per la sostenibilità finanziaria e dell’equilibrio di bilancio il testo unico rinvia alla legge 111/2011. In caso di disavanzo economico finanziario il meccanismo prevede l’intervento pubblico, portando a un commissariamento dell’ente e nei casi di accertata impossibilità, per tre esercizi finanziari consecutivi, a raggiungere il riequilibrio dei conti e alla sua successiva liquidazione.

E’ previsto poi anche un Fondo di garanzia costituito tra gli Enti per far fronte a situazioni di grave crisi economica, senza oneri o garanzie pubbliche a carico del bilancio dello Stato. Il fondo è previsto come sistema di mutualità tra tutti gli enti previdenziali privati, come accantonamento che in caso di non utilizzo rimane a bilancio di ciascun ente, sotto forma di accantonamento, nella percentuale decisa con decreto dei ministeri vigilanti, che disciplina anche le modalità di erogazione. La logica è di garantire la solidità complessiva del settore e fa parte di una riforma per stimolare, su base volontaria, gli accorpamenti tra enti e la costituzione di grandi enti previdenziali, in grado di gestire efficacemente le risorse e aumentare la solidità nell’interesse degli iscritti.

Un aspetto importante è quello della necessità di prevedere un sistema di controlli e di vigilanza pubblica più incisivo, ma al tempo stesso semplificato. I controlli attuali prevedono una pluralità di ministeri vigilanti con una tipologia di controlli incentrati sul controllo degli atti più che sulla gestione e con una sottovalutazione del profilo di vigilanza, che non riesce a essere effettuata efficacemente a livello ministeriale, essendo il ruolo attuale della COVIP troppo limitato; ad essi si aggiungono il controllo della Corte dei conti, che invia referto sulla gestione degli enti al Parlamento e i controlli interni del collegio sindacale e degli incaricati della revisione legale.

La Commissione ritiene sia necessario prevedere una chiara ripartizione tra attività di vigilanza ed ispettiva, affidata alla COVIP e tipizzata nelle sue prerogative, e attività di controllo affidata a due soli ministri vigilanti (Economia e Lavoro): di tipo preventivo, nelle forme dell’approvazione o della richiesta di riesame, su una serie di atti essenziali, e di tipo successivo all’insorgenza delle patologie gestionali o finanziarie.

Altra misura, quella degli obblighi di contribuzione e il diritto alle prestazioni per gli iscritti, con un contenuto più ricognitivo che innovativo. Oltre al prelievo obbligatorio è mantenuta la possibilità di contributi integrativi, che possono essere destinati all’incremento dei montanti individuali.
Dal punto di vista delle prestazioni, è opportuno secondo la Commissione mantenere la possibilità di fornire prestazioni pensionistiche sia di natura complementare che di natura assistenziale.

E infine il regime fiscale. La Commissione ritiene necessario rivedere la disciplina del trattamento fiscale, nel senso di armonizzare la tassazione della previdenza privata con quella dei Fondi pensione. La Commissione ritiene sia necessario anche  prevedere la detassazione al 15% degli utili derivanti dai soli investimenti finanziari nell’economia reale, con finalità di incentivazione dell’impiego dei patrimoni delle casse per investimenti infrastrutturali di lungo periodo a sostegno dell’economia del Paese, ad esempio, per investimenti a favore della ricerca o di innovazione tecnologica.

26 maggio 2017
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