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Ddl concorrenza. Assofarrm: “Nessun veto a priori ai capitali in farmacia ma il tetto si doveva fermare al 10%”

di Venanzio Gizzi

Pur non essendo contrari aprioristicamente all’ingresso dei capitali,  fin dall’inizio esprimemmo una netta contrarietà sull’emendamento che fissava al 20% su base regionale il tetto massimo di proprietà di farmacie da parte di uno stesso soggetto giuridico.  La nostra battaglia era per per portare questo limite al 10%, non più su base regionale ma comunale

02 AGO - Come abbiamo più volte comunicato sin dal primo approdo del DDL alla Camera più di due anni fa, Assofarm  ha promosso una sintesi tra cultura della competizione nel settore e la necessità che questo debba avvenire attraverso meccanismi remunerativi che premino chi produce qualità del servizio.
 
In particolare, pur non essendo contrari aprioristicamente all’ingresso dei capitali,  esprimemmo una netta contrarietà sull’emendamento che fissava al 20% su base regionale il tetto massimo di proprietà di farmacie da parte di uno stesso soggetto giuridico.
 
Come noto, la nostra Federazione, si era battuta per portare questo limite al 10%, non più su base regionale ma comunale, fermo restando che non potendo le norme essere di natura retroattiva non venivano intaccate le consistenze attuali delle nostre aziende.
 
Il cambiamento del parametro territoriale non era di poco conto, perché solo così si poteva tutelare l’esistenza delle farmacie rurali. Una presenza davvero imprescindibile per la tenuta dell’assistenza sanitaria pubblica in aree geograficamente svantaggiate. L’approvazione della legge apre, secondo noi,  al concreto rischio di avere cinque soggetti capaci di controllare tutta la distribuzione del farmaco a livello nazionale, e in particolare di quella più commercialmente appetibile. Siamo coscienti che il problema non è la natura giuridica o la dimensione aziendale della proprietà delle farmacie.
 
Noi stessi di Assofarm abbiamo tra i nostri associati gruppi multinazionali coi quali condividiamo appieno valori e strategie. Ciò che ci preoccupa è la creazione di un quadro normativo che potrebbe prefigurare posizioni di oligopolio e condurre il sistema a derive commerciali contrarie al senso della farmacia. Privata o pubblica che sia, la farmacia italiana deve rimanere uno strumento totalmente votato alla tutela della salute del cittadino. Gli utili di bilancio devono essere uno strumento, non il fine.
 
Il futuro della farmacia non si giocherà tutto in/tra limiti di legge e istituzioni. La farmacia di domani dovrà anche rispondere in maniera competitiva al quadro mutato del mercato e dell’assetto sanitario pubblico.
 
La priorità del nostro agire dovrà essere quella di diventare noi stessi soggetti più grandi in termini di capacità manageriali, fatturati, farmacie possedute da un’unica azienda. Da tempo parliamo di unione tra aziende farmaceutiche pubbliche, gruppi di acquisto e gestioni unificate di funzioni amministrative. E’ ora di passare ai fatti.
 
 
Non possiamo fermarci alla pura denuncia degli errori contenuti nella legge appena approvata. Se davvero crediamo che la rete nazionale delle Farmacie Comunali abbia dei vantaggi competitivi, dobbiamo concretizzarli in maniera aderente ad una realtà diversa dall’attuale.
Cordiali saluti.
 
Venanzio Gizzi
Presidente Assofarm

02 agosto 2017
© Riproduzione riservata

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