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Medici e dirigenti sanitari in guerra, sciopero nazionale il 12 dicembre. “Ora basta, stanno distruggendo il Ssn e il nostro lavoro”. Intervista al vice segretario dell’Anaao Carlo Palermo 

di Giovanni Rodriquez

"La sanità italiana è al collasso. Si rischia un ulteriore taglio dei servizi, ci sono 10 milioni di ore l'anno non retribuite e migliaia di anni di ferie non godute. Il sistema si sta reggendo unicamente su queste storture a scapito del personale che vi lavora. Come sindacato dobbiamo migliorare il nostro rapporto con i cittadini e con le associazioni dei pazienti per far emergere in maniera adeguata questi temi". Il Vice Segretario Nazionale Vicario Anaao anticipa in questa intervista le motivazioni dello sciopero del 12 dicembre

28 NOV - "La sanità italiana è al collasso e già da anni si regge a scapito delle condizioni in cui operano i lavoratori del settore. Di orario europeo di lavoro non si sente neanche più parlare e, oltre al presente, rischiamo anche il nostro futuro visto che ci stiamo preparando a perdere circa 10mila specializzandi a scapito della qualità del nostro sistema di assistenza. Di fronte a questa situazione sentir parlare di aut aut tra un rinnovo del contratto e l'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza ai cittadini è un ricatto inaccettabile".
 
Così Carlo Palermo, Vice Segretario Nazionale Vicario dell'Anaao Assomed, in quest'intervista a Quotidiano Sanità traccia il quadro della situazione alla luce dell'ultima manovra che il Governo Gentiloni si appresta a varare prima dello scioglimento delle Camere. Una legge di Bilancio che sembra però "dimenticare" la sanità, vista sempre più come un "costo" e non come un "investimento".
 
Dott. Palermo, in questa legge di Bilancio non c'è traccia di Fondi destinati al rinnovo del vostro contratto. Nei giorni scorsi il coordinatore degli assessori regionali al Bilancio Garavaglia ha spiegato che saranno loro a farsi interamente carico del peso economico del rinnovo, ma a scapito dei Lea. Che ne pensa?
Penso che questo aut aut sia un ricatto inaccettabile. Non vogliamo rimanere impigliati in questa polemica che ha un 'profumo' di interesse politico. Posso capire le Regioni che lamentano uno stanziamento insufficiente per i nuovi Lea, a cui si aggiunge l'intero peso del rinnovo del contratto, ma c'è da dire che anche loro in questi anni hanno contribuito al riequilibrio della finanza pubblica attingendo al Fondo sanitario come se questo fosse un bancomat utilizzabile per risolvere tutti i loro problemi. È vero che quella sanitaria è una larga fetta della spesa delle Regioni, ma penso che qualche altra voce poteva essere recuperata anche in altri settori.
 
Anche le Regioni hanno quindi le loro colpe?
Sì. Ma è anche vero che al costo dei Lea e dei contratti vanno anche aggiunti i 600 milioni di contributi alla finanza pubblica non pagati dalle Regioni a statuto speciale che ora ricadranno sulle ordinarie, ed i 300 mln richiesti dal Governo per il prossimo anno. Quindi possiamo dire che se lo Stato con una mano elargisce 1 miliardo in più alla sanità, ma con l'altra toglie tutte le risorse aggiuntive.
 
E in questo rimpallo di responsabilità, cosa accade al Sistema sanitario nazionale?
Il finanziamento del settore, nei fatti, è come se fosse fermo. E parliamo di un settore ad alto tasso inflattivo ed a forte innovazione tecnologica. Siamo fanalino di coda nell'Europa che conta a livello di incremento del Fondo sanitario. E gli effetti di tutto questo si vedono sempre più, anno dopo anno. Non solo nelle Regioni del Sud più in difficoltà, ma anche in quelle che hanno già ridotto gli sprechi e dato vita a nuove organizzazioni nei proprio territori. Si sta velocemente degradando il Sistema sanitario nazionale e le conseguenze di tutto questo non possono che ricadere sui cittadini. La situazione sta scoppiando.
 
Cosa sta accadendo?
Nessuno, ad esempio, parla più di rispetto dell'orario europeo di lavoro: ci sono 10 milioni di ore l'anno non retribuite e migliaia di anni di ferie non godute. Il sistema si sta reggendo unicamente su queste storture a danno delle condizioni di lavoro di chi opera in questo settore. 
 
Come si spiega il fatto che non si riesce a far emergere in maniera adeguata questo problema a livello nazionale sensibilizzando i cittadini sui rischi che ricadrebbero su di loro?
Penso che in buona parte questo dipenda dalla regionalizzazione della sanità. Si delega alle Regioni la responsabilità della gestione di questo tema visto a livello nazionale solo come un costo. Non si riesce a far passare adeguatamente il messaggio che il Sistema sanitario nazionale garantisce un diritto fondamentale, come quello alla salute, ed un riequilibrio fra le diverse classi sociali. Senza considerare il fatto che, lungi dal rappresentare solo un costo, il comparto risulta essere anche una struttura produttiva fondamentale dal momento che, a fronte di una spesa che impatta per il 6,6% sul Pil, contribuisce a questo per circa l'11%. Credo che nei prossimi anni si dovrà riprendere seriamente in mano il tema di una ricentralizzazione della sanità a fronte delle enormi disparità tra Regioni, anche a livello di erogazione dei Lea.
 
Pensa che anche il sindacato abbia le sue colpe? Dovreste cioè migliorare qualcosa per riuscire a far emergere con più forza la questione medica?
C'è da migliorare il rapporto con i cittadini e con le associazioni di pazienti per far emergere, insieme e con forza, il problema della sostenibilità del Ssn. Noi abbiamo sempre fatto sforzi enormi per sollevare questioni poi esplose in questi anni, ma non siamo mai stati ascoltati.
 
Ad esempio?
Ad esempio sul tema degli specializzandi. Abbiamo circa 35mila medici dipendenti del SSN che usciranno dal sistema nei prossimi 5 anni per pensionamento. Le 6500 borse di studio annuali per i contratti di formazione specialistica sono insufficienti a garantire tutto il turnover che interessa anche i medici universitari, quelli degli istituti di ricerca e gli specialisti ambulatoriali. Si rischia nei prossimi anni che circa 1000 specialisti ogni anno non trovino una sostituzione. Così si degrada la qualità generale del sistema. Noi, come Anaao, denunciamo da 7 anni questa situazione. E’ arrivato il momento di trovare soluzioni innovative permettendo alle Regioni di assumere personale medico aggiuntivo senza specializzazione con contratti di formazione a tempo determinato.
 
Quali sono le richieste inderogabili che fate al Governo in vista del prossimo passaggio della legge di Bilancio al Camera?
Almeno che le risorse accessorie vengano riconsegnate ai Fondi contrattuali, anche perché altrimenti la riforma Madia diventerebbe un istituto vuoto di risorse.
 
Intanto, però, in Commissione Bilancio hanno bocciato gli emendamenti sulla Ria.
Infatti. Chiediamo ora che si liberino almeno le risorse accessorie e che queste vengano usate per pagare le guardie, gli straordinari, la produzione e così via. Siamo poi molto favorevoli ad una tassa di scopo come quella sul fumo presentata da un emendamento della Commissione Sanità per liberare nuove risorse da destinare al Ssn. Infine, chiediamo che i 300 milioni richiesti alle Regioni come contributo alla finanza pubblica non vengano sottratti alla sanità o, in alternativa, che se ne faccia carico il Governo.
 
C'è poi la partita della 'piramide' del ricercatore che, dopo gli annunci fatti, rischia di saltare.
Su questo punto non siamo favorevoli alle proposte avanzate del Governo. Non è possibile prospettare ai ricercatori ulteriori 10 anni di precariato, noi proponiamo che l'iter si concluda in massimo 6 anni. Inoltre, non si può proporre un contratto nel comparto con stipendi inadeguati.
 
Per tutto questo, avete già annunciato una vertenza molto dura. Cosa avete in mente?
Si inizia il prossimo 12 dicembre con una prima giornata di sciopero nazionale. A gennaio, inoltre, potremmo inasprire la vertenza con due giorni consecutivi di sciopero. Stiamo correndo il rischio di andare verso un Ssn 'duale'. Bene l'apertura a forme di sanità integrativa, purché questa non diventi nei fatti sostitutiva, anche a causa del generale deterioramento del sistema. Altrimenti ci troveremo con una sanità povera per le fasce della popolazione più disagiata ed una più ricca di risorse e professionisti per chi potrà permettersela. Bisogna tornare ad investire in sanità. Oggi, tra spesa pubblica e privata, in Italia si spendono 150 miliardi l'anno per 60 milioni di cittadini. Non teniamo neanche lontanamente il confronto con i 240 miliardi spesi dalla Francia, i 250 della Germania ed i 500 degli Usa.
 
Giovanni Rodriquez

28 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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