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La sanità “free” e “pay” nei programmi elettorali

di Fabrizio Gianfrate

Una sanità per “ricchi” e una per “poveri”. “Pay” e “free”, ristorante stellato e mensa Caritas. All’americana: ognun per sé. Sanità “pay” e “free” come la televisione. Radio e televisioni “libere”, poi “private”, poi “commerciali”, poi “pay”. Paghi? Ti godi l’ultimo Star Wars. Non paghi? Eccoti la 150’ replica della Principessa Sissi. Sarà così anche per la sanità futura? Probabile.

02 MAR - Toh, nei programmi elettorali è tornata la sanità. Il Rosatellum, che li ha resi sincretici e resilienti, facendo convivere idee e persone agli antipodi tra loro, pronti a tornare subito dopo il voto alle posizioni originarie, magia possibile solo nel Paese dalla memoria del pesce rosso con l’Alzheimer, ha fatto riaffiorare la sanità nelle promesse dei “votantonio”, pur se tra ipotetiche del terzo tipo piene d’infidi congiuntivi.
 
Del resto, come trascurare elettoralmente la sanità in una società dove il consumo di pannoloni è superiore a quello dei pannolini (non è una battuta). Tuttavia i programmi rispecchiano solo in parte i rispettivi “imprinting” ideologici, il “cos’è di destra, cos’è di sinistra…” che cantava Gaber.
 
Prevale invece un’area sfumata tra welfare e liberismo, dove il Keynes del SSN e lo Smith della mano privata si mescolano e sovrappongono in una promiscuità da film di Cicciolina (assai sincretica), con welfaristi che ammiccano al privato e liberisti alle risorse del SSN.
 
Diffuso il consenso per l’ossimorico universalismo selettivo: mutue sostitutive (oops… integrative) e welfare aziendale. Le prime, rimosse freudianamente le macerie di quelle crollate nel ‘78 per festosa e vorace gestione, chiedono l’aiutino della defiscalizzazione, quindi volendo farsi pagare anche chi non ne beneficia.
 
Il secondo, accomodatosi nei CCNL o nella contrattazione integrativa, si pappa un pezzo di remunerazione del lavoratore, erodendone il potere d’acquisto, con la quota delle aziende, essendo un costo di produzione in più, scaricata sul prezzo dei prodotti al consumatore. “Nessun pasto è gratis” diceva il Nobel Friedman.
 
Insomma, la sfida della sanità si giocherà sull’equità, sull’accettabilità sociale dell’accresciuta disuguaglianza nell’accesso alle cure. Una sanità per “ricchi” e una per “poveri”. “Pay” e “free”, ristorante stellato e mensa Caritas. All’americana: ognun per sé. In linea col corrente sentire sociale lumpen-individualista destrorso.
 
Sanità “pay” e “free” come la televisione, nutrice di (de)generazioni e maggioranze politiche, poi matrigna di un certo becerismo social (Grandi Fratelli, Isole, Amici, Vite in diretta, ecc.). Paradigma della libertà mutata in liberismo, poi monopolio, quindi selezione a pagamento. Radio e televisioni “libere”, poi “private”, poi “commerciali”, poi “pay”. Paghi? Ti godi l’ultimo Star Wars. Non paghi? Eccoti la 150’ replica della Principessa Sissi (inevitabile l’“ola” casalinga finale per l’anarchico Lucheni).
 
Sarà così anche per la sanità futura? Probabile. Certo chiunque vinca le elezioni, date le risorse sempre più scarse rispetto alla domanda crescente e ai prezzi in salita dell’offerta, al SSN dovrà dare sempre più efficienza. Anche con un po’ di terza gamba, sperando che faccia correre meglio e non scalci l’altro.
 
È l’impegno per chi vincerà le elezioni. Chiunque sia. Gatto bianco o nero, purché acchiappi il topo dell’efficienza e dell’equità. “Questo o quello per me par sono” gorgheggia il Duca di Mantova. Da non confondere, si badi bene, con la variante nostrana rustica e medievaleggiante, apparente simile ma così diversa, che però tanto piace a quelli che sulla sanità lucrano: “Franza o Spagna? Basta che se magna!”
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria 


02 marzo 2018
© Riproduzione riservata

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