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Superticket: un decreto da rifare

di Maria Cecilia Guerra

Il decreto di riparto del fondo fra le regioni per l'alleggerimento del superticket, inviato dal Ministero della Salute per la discussione in sede tecnica alla Conferenza Stato e Regioni, segue una logica di mera compensazione lineare, dando risorse alle regioni in proporzione al gettito che esse attualmente ottengono dal superticket. Si tratterebbe di un criterio appropriato se il fondo fosse accompagnato dalla eliminazione, per legge, del superticket. Ma così non è

26 APR - Durante l'iter della legge di bilancio per il 2018, come Liberi e Uguali, ci siamo battuti, per ragioni di equità e di efficienza, per l'eliminazione del superticket che grava su prestazioni diagnostiche e specialistiche. Grazie anche alle forti sollecitazioni venute dalla società civile (in particolare la raccolta di decine di migliaia di firme da parte di Cittadinanzattiva) il tema è stato, sia pure solo molto parzialmente, accolto in legge di bilancio.
 
In termini quantitativi si è trattato di un pannicello caldo: istituzione di un fondo di 60 milioni per la riduzione del superticket, contro i 600 che sarebbero necessari per la sua abolizione. In termini qualitativi, le indicazioni circa la destinazione di queste risorse sono risultate troppo vaghe per essere facilmente applicabili. Si richiede infatti di "conseguire una maggiore equità e agevolare l'accesso alle prestazioni sanitarie da parte di specifiche categorie di soggetti vulnerabili", "privilegiando le regioni che hanno adottato iniziative finalizzare ad ampliare il numero di soggetti esenti".
 
Il decreto di riparto del fondo fra le regioni, inviato dal Ministero della Salute per la discussione in sede tecnica alla Conferenza Stato e Regioni, peggiora però ulteriormente questo quadro deludente, arrivando di fatto a tradire la, pur limitata, finalità della norma.
 
Il principale criterio di riparto adottato, che interessa il 90% del fondo (54 milioni su 60), segue infatti una logica di mera compensazione lineare, dando risorse alle regioni in proporzione al gettito che esse attualmente ottengono dal superticket. Si tratterebbe di un criterio appropriato se il fondo fosse accompagnato dalla eliminazione, per legge, del superticket.
 
Ma il fondo è invece più modestamente diretto, come ricordato più sopra, a introdurre maggiore equità e a favorire specifiche categorie di soggetti vulnerabili. Non si capisce allora perché lo sforzo richiesto alle regioni, e compensato con il trasferimento, debba essere proporzionale al gettito da esse attualmente ottenuto e non ad esempio alla maggiore o minore incidenza nel loro territorio delle vulnerabilità che si intende proteggere. E inoltre, ancora più grave, niente assicura che le finalità indicate siano effettivamente perseguite, e in modo uniforme, da tutte le regioni beneficiarie, dal momento che il decreto non impone nessuna condizione per fruire del trasferimento, né prevede alcun tipo di monitoraggio circa l'utilizzo delle risorse trasferite in modo da verificarne la coerenza con le finalità della norma.
 
Non vi è in definitiva nessuna garanzia che le risorse distribuite alle regioni vadano a favore di una riduzione del superticket, né tanto meno di una sua riduzione per soggetti più vulnerabili.
 
A margine, può poi essere evidenziato anche qualche dubbio sul criterio utilizzato per la ripartizione del restante 10% (6 milioni) del fondo che, per rispondere alla seconda delle finalità indicate dalla legge di bilancio, è attribuito alle sole regioni che hanno previsto ampliamenti delle esenzioni rispetto a quelle obbligatorie (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata). Il costo sopportato da queste regioni per l'ampliamento di cui sopra viene stimato come differenza fra quanto esse dovrebbero incassare dal superticket (secondo le stime che furono effettuate al momento della sua reintroduzione, nel 2012) e quanto hanno effettivamente incassato nel 2016.
 
Una modalità di calcolo invero molto discutibile. Questo scostamento è infatti solo in parte imputabile alle esenzioni introdotte. Dipende anche da uno degli effetti più nefasti che ha avuto il superticket: quello di spingere molti cittadini ad acquistare le prestazioni fuori dal servizio sanitario nazionale, divenuto troppo caro. Lo scostamento in questione risulta infatti positivo anche nelle regioni che non hanno introdotto esenzioni aggiuntive, per complessivi 167 milioni di euro.
 
Non resta quindi che auspicare che, in sede tecnica prima e politica poi, le regioni richiedano modifiche significative al decreto di riparto, per renderlo più coerente con le finalità della norma.
 
Maria Cecilia Guerra
Docente di Scienza delle Finanze all'Università di Modena e Reggio Emilia

26 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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