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Def 2018. Fnopi: “Servono scelte di crescita e sviluppo o tra qualche anno del Ssn non rimarrà nulla”


Così Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri, commenta il documento di economia e finanza varato ieri da Palazzo Chigi. "Alla sanità serve una visione più ampia e coraggiosa che abbia come presupposto l’interprofessionalità e la messa a sistema di modelli che tengano conto del quadro epidemiologico di cui anche lo stesso Def parla. E’ una scelta oggi condiziona il futuro per i prossimi 30 anni".

27 APR - Un quadro programmatico non c’è nel Def 2018 presentato dal Governo uscente Gentiloni: toccherà al prossimo Esecutivo disegnarlo. Ma dalla programmazione c’è da aspettarsi ben poco visto che l’indebitamento aumenta e si porta dietro il bisogno di risparmi (tagli) e la spesa sanitaria riduce ancora la sua incidenza sul Pil. Lo fa costantemente, fino almeno al 2020 e solo dal 2022-2025 le ipotesi sono di crescita. E nonostante cresca percentualmente nelle previsioni in modo comunque regressivo dall’1,5% di quest’anno fino alll’1,2% del 2021 soprattutto per l’andamento di contratti che finora non hanno soddisfatto nessuno, non è certo così che si mettono a disposizione risorse per investire su programmazione e personale, le due chiavi di successo dell’assistenza.

“Nell’allegato al Def sul Benessere equo e sostenibile (BES) – spiega Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri, Fnopi - si parla chiaro: aumentano gli anni vissuti in salute (anche se non al Sud dove le cose vanno sempre peggio del resto d’Italia e a quanto pare non solo sul versante della spesa) e l’eccesso di peso (l’altro dei due indicatori, con la speranza di vita in buona salute considerati nell’indicatore “salute”) non aumenta vistosamente, ma neppure cala”.

Eppure quest’ultimo, come dice lo stesso allegato al Def, può essere associato a una serie di malattie croniche e disabilità che riducono la qualità e l’aspettativa di vita; a livello aggregato, un aumento dell’incidenza dell’eccesso di peso può generare una caduta della produttività del lavoro, con rilevanti effetti sulla crescita economica, e un aumento delle spese sanitarie.

Anche la speranza di vita in buona salute alla nascita è legata secondo il documento alla “transizione demografica e sanitaria, caratterizzata dall’invecchiamento della popolazione e dalla diffusione di patologie cronico-degenerative”.

“D’altra parte – prosegue Mangiacavalli - la vita media aumenta e supera gli 80-82 anni e dire che la speranza di vita in buona salute raggiunge mediamente i 58,5 anni nel 2017 (in leggero calo rispetto all’anno precedente), significa anche dire che ci sono circa 22-23 anni in cui subentrano condizioni di bisogno sanitario che sempre di più sono, proprio come dice il Def ‘ croniche e degenerative’”.

“Chi assiste questa popolazione che ha bisogno non di ricoveri, ma di qualcuno che si prenda cura di lei al di fuori dell’ospedale, a casa propria, sul territorio? E chi educa a stili di vita sani che evitino il peggioramento dell’altro indice BES (ma non solo) riportando inesorabilmente a un quadro di conicità e malattia nelle età più avanzate? Chi educa i caregiver a prendersi cura dei loro cari, chi monitorizza proattivamente lo stato di salute della popolazione, chi raccoglie i bisogni di una popolazione che si definisce sempre più preoccupata di trovarsi abbandonata in caso di peggioramento della sua salute? [1]”, domanda provocatoriamente la presidente Fnopi.

“Il mix aumento dell’età-peggioramento degli stili di vita – spiega - avrebbe solo una soluzione: professionisti pronti e preparati sul territorio a prendersi cura delle persone. Ma la spesa che per implicita ammissione non cresce come dovrebbe, esclude che gli organici, già oggi in stallo se non in netta riduzione, si possano davvero reintegrare e che si possa pensare a nuove politiche di investimento sul territorio”.

“Il Def 2018 del Governo Gentiloni – prosegue Mangiacavalli - sarà pure solo un’esemplificazione tecnica che lascia le scelte a chi ci sarà. Ma allora – è l’altolà degli oltre 440mila infermieri d’Italia - il prossimo Governo è avvertito: o si mette davvero e seriamente mano, con il coinvolgimento di tutti i professionisti in prima linea e degli stessi cittadini, alla programmazione sanitaria per disegnare un futuro sostenibile o con molta probabilità hanno ragione le cassandre di oggi che nel 2022, quando l’incidenza della spesa sul Pil aumenterà e qualcosa forse si potrà fare, ci si muoverà solo tra le macerie di uno dei Servizi sanitari nazionali che ancora oggi è tra i migliori del mondo”.

“Alla sanità - conclude - serve una visione più ampia e coraggiosa che abbia come presupposto l’interprofessionalità e la messa a sistema di modelli che tengano conto del quadro epidemiologico di cui anche lo stesso Def parla. E’ una scelta oggi condiziona il futuro per i prossimi 30 anni: a quelli si deve pensare”.   

27 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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