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La corsa all’autonomia regionale sulla sanità. Parliamone, prima che sia troppo tardi

di Tiziana Frittelli

Solo uno sguardo univoco e unitario sul Servizio sanitario può garantire il superamento di aree di criticità e la condivisione degli obiettivi a cui tendere perché questa eccellenza tutta italiana non perda valore

23 SET - Il professor Cavicchi, seguito dal presidente di Fnomceo Filippo Anelli, ha lanciato un grido d’allarme circa il regionalismo differenziato nelle materie sanitarie, oggetto di prossimo Ddl del governo, sottolineando il silenzio con il quale si sta procedendo a questa riforma, in un momento in cui i principali stakeholders sostengono la necessità di discutere una totale revisione del sistema sanitario per renderlo più sostenibile, accessibile ed equo.
 
Il paese versa, tutto sommato, in buono stato di salute. Sicuramente legato alle buone condizioni ambientali e socioeconomiche del paese, ma è anche risultato di un’ampia accessibilità a trattamenti sanitari efficaci, grazie alla presenza di un Servizio sanitario nazionale universale che riconosce la tutela della salute a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione, solidale e globale nella copertura (in base alle reali necessità assistenziali di ciascuno e secondo quanto previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza).
 
Lo percepiamo noi come professionisti che vi lavorano. Lo confermano i dati Bloomberg resi noti in questi giorni. Tuttavia i problemi non mancano. Urgentissimo quello di lavorare per dignitose condizioni di lavoro dei nostri professionisti sanitari, a cominciare dalla ripresa delle tornate contrattuali per tutti.
 
Inoltre, come ben sappiamo, esistono molte differenze tra le singole Regioni. La cronica assenza di programmazione, il consolidarsi di forti interessi economici hanno fatto sì che in alcune realtà italiane sia stato più difficile contrastare sprechi e assenza di governance, minando la fiducia nel sistema di tutela della salute da parte delle persone che vivono in quei territori.
 
Solo uno sguardo univoco e unitario sul Servizio sanitario può garantire il superamento di aree di criticità e la condivisione degli obiettivi a cui tendere perché questa eccellenza tutta italiana non perda valore.
 
Impedire che la crisi economica sacrifichi la tempestività, la sicurezza e l’innovazione dei servizi sanitari, porre un freno alle profonde disuguaglianze territoriali che attanagliano il Paese, comunicare meglio e in modo accessibile i temi della salute e della ricerca per educare la cittadinanza, valorizzare i nostri professionisti: devono essere queste le sfide con cui confrontarsi a quarant'anni dall'istituzione del SSN.
 
Bisogna difendere l’accesso universale – cioè in condizioni di uguaglianza in tutti i territori -  all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, in attuazione dell’art. 32 della Costituzione.
 
Per questo motivo siamo preoccupati di un disegno di Legge che conferisca alle Regioni che ne facciano richiesta maggiore autonomia sulle materie di competenza, come la sanità; comprendiamo le ragioni di quelle regioni che in questi anni hanno lottato per avere sistemi sanitari il più possibile efficienti ed efficaci e, certo, tali peculiarità non vanno perdute.
 
Ma senza la capacità di indirizzo e verifica dello Stato, chi garantirà ai cittadini una corretta ed adeguata erogazione dei servizi sanitari su tutto il territorio nazionale? E la parità di trattamento dei professionisti? E l’equità dei sistemi di finanziamento?
 
Una riforma di tale portata non può essere realizzata senza una attenta valutazione dell’impatto sul sistema e sull’intero assetto socio-assistenziale. Infatti, quanto già definito negli accordi preliminari con Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, relativamente alle maggiori autonomie in materia di sanità, rischia di enfatizzare le disuguaglianze regionali perché condiziona anche la definizione dei Lea, oggi assegnati alle competenze statali.
 
Occorre aprire subito un dibattito in un’ottica di riforma dell’intero sistema, della sua organizzazione, del suo sistema di finanziamento, dei meccanismi premiali e sanzionatori, in modo che non si mortifichino le realtà migliori, che anzi costituiscano un modello da raggiungere, ma non si abbandonino al proprio destino le realtà più fragili del paese, puntando sulla responsabilizzazione ai vari livelli, politici, manageriali dell’intera società civile, per salvare i principi solidaristici che fino ad oggi hanno connotato un SSN ai primi posti delle classifiche mondiali.
 
Tiziana Frittelli
Presidente Federsanità Anci
 
 
 

23 settembre 2018
© Riproduzione riservata

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