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Manovra. Scoppia un caso Croce Rossa. Nel Decreto fiscale uno stanziamento di 84 mln a insaputa dei ministri. Conte lo stralcia. Ma Tria spiega: “Risorse già previste per pagare Tfr ai lavoratori”


Nel decreto che ha sbloccato i fondi, quelli per l’ente liquidatore si fermavano a 15.1 mln l’anno per tre anni. La rimodulazione spuntata nel testo entrato a Palazzo Chigi ne assegna invece alla struttura oltre 10 di più, sempre a valere sul Fsn, arrivando così a 28,1 l’anno. Il M5S arriva a chiedere le dimissioni di Garofoli, Capo di gabinetto di Tria, addebitando a lui la norma. In sua difesa si schiera il ministro dell'Economia che in serata spiega: "Ai lavoratori dell’ente in liquidazione spetta un Tfr per una cifra complessiva di 7 mln che per essere erogata richiede l’approvazione della norma proposta".

16 OTT - Dopo il "giallo" sull'abolizione del numero chiuso a Medicina di questa mattina. Nel pomeriggio scoppia l'ennesimo caso nel Governo. Stavolta l'oggetto del contendere è l'articolo 23 del Decreto fiscale approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri insieme alla manovra. Qui venivano stanziati 84milioni di euro complessivi per il triennio 2018, 2019 e 2020 intitolati a “Disposizioni urgenti relative alla gestione liquidatoria dell’Ente strumentale alla Croce rossa Italiana”.
 
Succede, però, che nessuno dei ministri sembra saper nulla di questa misura. Nel decreto che ha sbloccato i fondi, quelli per l’ente liquidatore si fermavano a 15.190.765 l’anno per tre anni. La rimodulazione spuntata nel testo entrato a Palazzo Chigi ne assegna invece alla struttura oltre dieci di più, sempre a valere sul Fondo sanitario nazionale, arrivando così a 28,1 l’anno. 
 
Pare sia stato Roberto Garofoli, Capo di gabinetto del ministro dell'Economia Giovanni Tria, a spiegare ai presenti che la norma è stata effettivamente scritta dal Mef, a livello di Ragioneria Generale dello Stato, al seguito di una interlocuzione con l’ente in liquidazione e col ministero. Succede così, stando alle ricostruzioni, che il premier Giuseppe Conte, ritenendo quest'articolo estraneo al decreto per materia e scritto in modo da non diradare del tutto il sospetto che risorse stanziate per servizi finiscano a coprire altre spese, decida di stralciarlo.
 
Il caso non si chiude e il M5S arriva a chiedere le dimissioni di Garofoli.
 
A difesa del Capo gabinetto si schiera il ministro Tria che, con una nota ufficiale del Mef, spiega così la ratio alla base di quella contestata norma: 
 
"Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, smentisce categoricamente che la norma sulla Croce Rossa Italiana proposta dal MEF per il decreto fiscale, poi stralciata, prevedesse un aumento di risorse per l’ente in liquidazione. Si trattava piuttosto di una disposizione di tutela dei lavoratori, senza la quale ora non è possibile provvedere al pagamento del loro TFR.

La norma proposta, e sollecitata da tempo dallo stesso Ministero della Salute e dal Commissario liquidatore – sottolinea il ministro Tria - forniva il chiarimento legislativo per sbloccare l’assegnazione di risorse già previste dalla legge anche a favore dei lavoratori. Nessuna risorsa aggiuntiva quindi, ma il completamento della ripartizione dei 117 milioni di euro assegnati dalla legge per le esigenze della Croce Rossa Italiana. Ai lavoratori dell’ente in liquidazione spetta un Tfr per una cifra complessiva di 7 che per essere erogata richiede l’approvazione della norma proposta. È quindi del tutto privo di fondamento e irrazionale l’attacco rivolto al Capo di Gabinetto del MEF, Roberto Garofoli, e al Ragioniere Generale dello Stato, Daniele Franco.

Il decreto legislativo che ha previsto la riorganizzazione della Croce Rossa Italiana (d.lgs. n. 178 del 2012) stabilisce, a decorrere dal 2018, a valere sul Fondo Sanitario Nazionale, in 117 milioni di euro il finanziamento corrente complessivo disponibile per il riordino della Croce Rossa Italiana.
Lo stesso decreto assegna al Ministero dell’Economia e delle Finanze il compito di ripartire le predette risorse tra l’Ente in liquidazione, l’Associazione e le Regioni, a queste ultime per la copertura degli oneri del personale della CRI trasferito obbligatoriamente ai servizi sanitari regionali.
 
Con specifico riferimento all’anno in corso, con nota del 16 febbraio 2018 il commissario liquidatore ha chiesto l’assegnazione di:
- 33 milioni per l’Ente in liquidazione, volti a coprire le spese di personale e di funzionamento;
- 60 milioni per l’Associazione;
- 24 milioni per le Regioni.

La Ragioneria Generale dello Stato ha, al riguardo, ritenuto che, sulla base della legislazione vigente, potessero essere assegnati in favore dell’Ente liquidatore solo 15 milioni (rispetto ai 33 milioni richiesti) destinati a coprire le spese retributive del personale ancora attivo nella gestione commissariale.

A fronte di quanto rappresentato dal Ministero dell’Economia in merito all’impossibilità di finanziare in via amministrativa gli ulteriori oneri di TFR per i dipendenti e per il funzionamento dell’Ente in liquidazione, il Ministero della Salute, con nota del 18 maggio 2018, richiamando il parere sul punto espresso dalla competente direzione dello stesso Ministero, ha confermato la richiesta di assegnazione di 33 milioni all’Ente in liquidazione. In attesa del necessario chiarimento legislativo, con decreto del MEF del 14 settembre 2018 sono stati assegnati i 15 milioni e, contestualmente, è stata accantonata la somma di 17,8 milioni.

La proposta normativa in questione che, come sempre accade, è stata sottoposta alla valutazione della Presidenza del Consiglio, è volta, quindi, a dare soluzione a un’esigenza rappresentata al MEF in modo ripetuto dal Commissario liquidatore e dal Ministero della Salute. La disposizione prevede l’assegnazione all’Ente in liquidazione di una somma complessiva di 28 milioni annui per tre esercizi (quindi, in una misura ridotta rispetto all’originaria richiesta di 33 milioni), di cui:
- 15 milioni per il 2018, già assegnati con il citato decreto;
- circa 7 milioni per il trattamento di fine rapporto (TFR) per legge spettante ai dipendenti;
- la parte restante per le spese di funzionamento.

La stessa proposta prevede, peraltro, che allo Stato siano riversate le somme non utilizzate.

Dalla proposta, in ogni caso, non derivano nuovi o maggiori oneri in quanto il finanziamento di cui trattasi è rigorosamente ricompreso nel limite di spesa già stabilito a legislazione vigente".
 
Giovanni Rodriquez

16 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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