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Giarda: “No alla privatizzazione della sanità. Per ora..."


"Il Governo, per ora, ha scelto un progetto diverso". Il tema è la spesa pubblica e l'eventuale privatizzazione di molti servizi, tra cui la sanità. A spiegare le prossime mosse del Governo è il ministro per i rapporti con il Parlamento in un'ampia intervista a La Stampa oggi in edicola.

10 APR - I tagli sulla spesa pubblica compiuti negli ultimi tre anni hanno fermato la sua crescita e potrebbero consentire di raggiungere il pareggio di bilancio al 2013, ma “non c’è da attendersi nessun tesoretto da destinare ad una riduzione delle tasse”. In un’intervista pubblicata oggi da La Stampa, il ministro per i rapporti con il Parlamento Piero Giarda sintetizza così i risultati del suo studio sullo stato dei conti pubblici consegnato nei giorni scorsi a Mario Monti.

Giarda respinge le “sollecitazioni anche autorevoli” a interventi di forte riduzione dei servizi pubblici, che richiederebbero “meno scuole statali, più carceri private, più sanità privata” e via tagliando fino agli enti lirici e ai parchi regionali. Questa prospettiva, secondo Giarda, “comporta lo scardinamento della ‘way of life” del settore pubblico italiano”, ma “il governo per ora ha scelto un progetto diverso”.
E il progetto del Governo descritto dal ministro è in due fasi. La prima consiste nel “rendere effettivi i tagli agli stanziamenti di bilancio per acquisti di beni e servizi attuati con le manovre degli anni precedenti”, che “molte amministrazioni centrali e periferiche non stanno rispettando”. E invece, sottolinea Giarda, quegli interventi hanno già raggiunto lo scopo di fermare la crescita della spesa pubblica, portandola stabilmente a circa 727 miliardi annui dal 2009 al 2013, consentendo in questo modo di arrivare al pareggio del bilancio dello Stato nel 2013.

La seconda fase è fondata su una maggiore “efficienza della produzione e economicità degli acquisti” da parte di tutte le amministrazioni pubbliche. Non tagli immediati: “chiudere i centri di produzione periferica e svuotare gli uffici pubblici richiederebbe di licenziare immediatamente un certo numero di dipendenti. E questo non so se lo Stato può farlo”. Piuttosto, quello che Giarda “auspica”, e che si realizzino “nei prossimi sei anni, e dunque nello scorcio dell’attuale legislatura e in tutta la prossima, i cambiamenti di processo, il turn over dei dipendenti, la chiusura di una quota significativa delle ‘fabbriche’: scuole, università, prefetture, galere, caserme, uffici del lavoro e della motorizzazione, eccetera”.
Tra le “fabbriche” pubbliche da chiudere il ministro non cita le strutture sanitarie. Che però sono a rischio già con la prima fase, secondo quanto ripetono le Regioni, che considerano insostenibili gli otto miliardi di tagli già previsti dalle manovre varate fin ad ora.

10 aprile 2012
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