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Covid. Conte all’Onu: “Il vaccino verrà messo a disposizione di tutti i popoli”


Il presidente del Consiglio nel suo messaggio in occasione della 75ma Assemblea generale dell’Onu. ”Il nostro Paese ha superato con determinazione la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, facendo tesoro dell’esperienza maturata direttamente sul campo, in prima linea, nelle corsie degli ospedali, nei laboratori di ricerca. Un impegno che oggi sentiamo di condividere in un sistema multilaterale rinvigorito, con le Nazioni Unite al suo centro”.

25 SET - “Il nostro Paese ha superato con determinazione la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, facendo tesoro dell’esperienza maturata direttamente sul campo, in prima linea, nelle corsie degli ospedali, nei laboratori di ricerca. Un impegno che oggi sentiamo di condividere in un sistema multilaterale rinvigorito, con le Nazioni Unite al suo centro, per rendere quanto più concreta l’idea di un mondo all’altezza delle sfide poste dalla pandemia. Sin da subito abbiamo proposto la costituzione di un’alleanza internazionale per la lotta al Covid-19. Questa iniziativa ha contribuito a mobilitare, in tempi straordinariamente rapidi, oltre 40 miliardi di euro per la risposta globale dell’Unione Europea alla crisi, in particolare per garantire l’accesso equo ed universale al vaccino, alla diagnostica e alle terapie. L’Italia li considera beni pubblici globali, con l’obiettivo di non lasciare nessuno indietro. Ci siamo adoperati in tutti i principali fora internazionali e di governance globale per una risposta multilaterale, sul piano sia sanitario che economico, articolata in misure eccezionali”. È quanto ha detto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in un video per i lavori della 75ma Assemblea generale dell’Onu.

“L’insegnamento che la nostra comunità nazionale ha tratto da questa difficile esperienza – ha detto -  è, nella sua complessità, molto semplice: la salute è un bene comune, inalienabile, e come tale deve essere garantito ad ogni donna, ad ogni uomo del Pianeta. Oggi sono orgoglioso non solo che l’Italia, con i suoi scienziati, ricercatori e le sue aziende, sia protagonista in alcuni dei progetti più avanzati per la ricerca del vaccino. Mi rende orgoglioso in particolare poter dire anche che il nostro contributo e la nostra ricerca saranno patrimonio collettivo: il vaccino verrà messo a disposizione di tutti i popoli. Non possiamo permetterci di guardare al futuro del Pianeta e dei nostri figli con egoismo, ignorando il fatto che la tutela della salute rischia, in diverse, troppe parti del mondo, di essere un lusso”.
 
 
 
 
Il discorso integrale
75 anni fa, dalle ceneri di un conflitto mondiale che aveva devastato nazioni e popoli, la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite segnava un nuovo inizio della storia mondiale, fondato sulla condivisione dei valori di libertà, pace e democrazia.

Oggi ci troviamo ad affrontare una situazione altrettanto drammatica, seppur dovuta a mali differenti, inediti. Un nemico invisibile ha sconvolto le nostre esistenze e le nostre abitudini consolidate. Ha provocato vittime e soffocato l’economia mondiale, costringendoci a interrompere le relazioni sociali e a limitare le nostre libertà.

La pandemia da Covid 19 ha colpito indiscriminatamente tutte le regioni e i popoli del mondo, mettendo nuovamente a dura prova l’umanità. Questa tragedia ci ha cambiati ma ci consegna anche l’opportunità di un “nuovo inizio”, che sta a noi cogliere: dopo questi mesi di sofferenza, oggi ci guardiamo negli occhi in modo differente, facendo appello ad un nuovo mutualismo e ad un rinnovato spirito solidale.

L’Italia è stato il primo Paese in Europa e in Occidente che si è trovato a fronteggiare questa emergenza su larga scala. Il nostro Paese è divenuto simbolo di uno sforzo collettivo, umano prima ancora che sanitario e politico, portato poi in dote all’intera comunità internazionale.

Nelle settimane di profonda emergenza, l’Italia ha toccato con mano il sostegno e la vicinanza della comunità mondiale. Tante le manifestazioni di solidarietà e di assistenza e tanti, lo voglio sottolineare, gli attestati che hanno riconosciuto la forza, la resilienza e il coraggio dei miei concittadini a cui, anche in questa sede, sento il dovere di dire ‘grazie’ per il grande senso di responsabilità dimostrato.

Il nostro Paese ha superato con determinazione la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, facendo tesoro dell’esperienza maturata direttamente sul campo, in prima linea, nelle corsie degli ospedali, nei laboratori di ricerca. Un impegno che oggi sentiamo di condividere in un sistema multilaterale rinvigorito, con le Nazioni Unite al suo centro, per rendere quanto più concreta l’idea di un mondo all’altezza delle sfide poste dalla pandemia.

Sin da subito abbiamo proposto la costituzione di un’alleanza internazionale per la lotta al Covid-19. Questa iniziativa ha contribuito a mobilitare, in tempi straordinariamente rapidi, oltre 40 miliardi di euro per la risposta globale dell’Unione Europea alla crisi, in particolare per garantire l’accesso equo ed universale al vaccino, alla diagnostica e alle terapie. L’Italia li considera beni pubblici globali, con l’obiettivo di non lasciare nessuno indietro. Ci siamo adoperati in tutti i principali fora internazionali e di governance globale per una risposta multilaterale, sul piano sia sanitario che economico, articolata in misure eccezionali.

L’insegnamento che la nostra comunità nazionale ha tratto da questa difficile esperienza è, nella sua complessità, molto semplice: la salute è un bene comune, inalienabile, e come tale deve essere garantito ad ogni donna, ad ogni uomo del Pianeta.

Oggi sono orgoglioso non solo che l’Italia, con i suoi scienziati, ricercatori e le sue aziende, sia protagonista in alcuni dei progetti più avanzati per la ricerca del vaccino. Mi rende orgoglioso in particolare poter dire anche che il nostro contributo e la nostra ricerca saranno patrimonio collettivo: il vaccino verrà messo a disposizione di tutti i popoli. Non possiamo permetterci di guardare al futuro del Pianeta e dei nostri figli con egoismo, ignorando il fatto che la tutela della salute rischia, in diverse, troppe parti del mondo, di essere un lusso.

La speranza di vincere presto la pandemia, inoltre, non deve coincidere con l’augurio di tornare al più presto alla semplice “normalità”. Dobbiamo desiderare di più, immaginare e reinventare un mondo diverso: perché la realtà di prima non era la migliore possibile, era perfezionabile. La scommessa per ognuno di noi è dunque quella di essere migliori: è la lezione di vita che la pandemia ha scritto sulle nostre agende. Ignorarla, voltando pagina, sarebbe un errore imperdonabile.

L’Unione Europea ha capito la portata della sfida: ripensare il nostro mondo, renderlo più sostenibile, più verde, più digitale, più inclusivo. “Next Generation EU” rappresenta, insieme alle misure della Banca Centrale Europea, un’opportunità storica per porre l’Europa come punto di riferimento imprescindibile del partenariato globale verso nuove prospettive.

L’annuncio fatto la scorsa settimana dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, di un “Global Health Summit” nel 2021 in Italia, proprio durante l’anno della Presidenza italiana del G20, è la testimonianza di questa volontà fattiva.

Sarà un momento di coordinamento e al tempo stesso la dimostrazione tangibile di una rinnovata coesione multilaterale, improntata al perseguimento del benessere collettivo. Un passaggio decisivo di quel protagonismo della comunità internazionale che auspichiamo con grande speranza.

E’ con questo spirito che l’Italia si fa oggi promotrice di una “etica della vulnerabilità” che spinga tutti i membri della Comunità internazionale ad assumere la propria responsabilità collettiva su “beni pubblici globali” quali i diritti umani fondamentali, la sanità, l’educazione, la sostenibilità, la resilienza sociale ed istituzionale.

Signor Presidente, siamo ben consci della responsabilità che, con la Presidenza del G20, ricadrà sul nostro Paese nel guidare gli sforzi globali. Soprattutto, non ignoriamo la particolare fase storica che vive la comunità mondiale, al cui interno si inscriveranno i lavori di questo importante consesso.

Crediamo fermamente che il prossimo G20 in Italia possa assumere la valenza di momento di rinascita collettiva, divenendo l’occasione per cementificare quel senso di comunità che ogni nazione ha avuto in gestazione durante il periodo buio della pandemia. Possiamo recuperare la sinergia e la fratellanza necessarie per trasformare la tragicità di quanto accaduto in un’opportunità di riscatto, di rilancio. E immaginare, insieme, un Nuovo Umanesimo che rimetta al centro il valore dell’Uomo.

Il nostro Paese sta definendo un’agenda di lavoro incentrata su: Persone, Pianeta, Prosperità. Le chiamiamo le tre P . Vogliamo cogliere le opportunità di cambiamento cercando innanzitutto di combattere le ingiustizie e le disuguaglianze, perché una società più equa e inclusiva non è solo più giusta, ma anche più prospera e, a livello globale, più democratica.

Particolare attenzione verrà data all’“empowerment” delle donne, alle piccole e medie imprese, ai lavoratori precari. La digitalizzazione, che per troppo a lungo è stata fonte di disuguaglianza, dovrà diventare volano di crescita inclusiva, offrendo opportunità a tutti.

Questi sforzi si collocheranno nel quadro dei due pilastri dell’Agenda 2030 e dell’Accordo di Parigi. Favoriremo una crescita sostenibile, inclusiva, resiliente. La pandemia ha aperto un nuovo scenario anche per la strategia di contrasto al cambiamento climatico e di protezione ambientale.

Sarà quindi necessario lavorare insieme affinché il rilancio delle ambizioni in materia climatica non vada disgiunto dalla promozione degli investimenti e delle politiche per la ripresa socio-economica. Il “Green Deal” europeo è oggi ancora più necessario per vincere la sfida della transizione verde.

La tutela della biodiversità, la salvaguardia degli oceani, il recupero dei suoli rappresentano variabili essenziali nella lotta al cambiamento climatico. Per questo devono essere ricondotte ad un’unica narrazione condivisa. I significativi appuntamenti dell’Evento di Alto Livello sull’Azione Climatica e  del Summit sulla Biodiversità ci vedranno impegnati, a margine di questa Settimana Ministeriale, per assicurare una ripresa sostenibile.

La partnership con il Regno Unito in vista della 26esima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti climatici delle Nazioni Unite intende riaffermare il ruolo dell’Italia in questo ambito. Il nostro impegno mira soprattutto al coinvolgimento dei giovani nel dibattito sul contrasto al cambiamento climatico: il loro mondo, il mondo di domani, si costruisce oggi. Ed è per questo che nell’ambito della CoP26 organizzeremo in Italia lo “Youth4 Climate”.

Vogliamo dare spazio alle proposte dei giovani, capire in profondità le loro esigenze, valorizzare quel grido che si è levato nell’ultimo anno nelle piazze di tutto il mondo. Non si tratta di una semplice inclusività e giustizia intergenerazionale, principi tra l’altro sanciti dall’Accordo di Parigi. Per noi è un imperativo morale. È con questo spirito che l’Italia sostiene i Paesi partner, in particolare i più bisognosi, nel realizzare insieme un futuro resiliente ai cambiamenti climatici ed efficiente nell’uso delle risorse.

La società che vogliamo ricostruire dopo la pandemia dovrà essere centrata innanzitutto sulla promozione, sulla tutela della dignità umana, in tutte le sue forme, senza distinzioni, senza esclusioni. Per questo l’Italia continuerà a porre al centro della sua azione di politica estera la tutela dei diritti inalienabili dell’uomo in tutte le sedi internazionali, a partire dal mandato che attualmente svolge – quale tangibile testimonianza del proprio impegno in prima linea - in seno al Consiglio Diritti Umani.

Nostra iniziativa distintiva in questo campo è tradizionalmente quella per la fine delle esecuzioni capitali. Quest’anno in Assemblea Generale viene presentata l’ottava risoluzione per una moratoria universale sull’uso della pena di morte. Ricordo che la pena di morte fu abolita per la prima volta nel mondo nel 1786, nel Granducato di Toscana. Questa sensibilità è nella nostra tradizione storica. E la prima bozza di Risoluzione per una moratoria universale venne presentata proprio dall’Italia, nel 2007. Questa battaglia – dicevo - è nel nostro patrimonio culturale e civile nazionale. Ci auguriamo che la Risoluzione registri un consenso sempre più ampio.

Ma non saremo in grado di perseguire l’obiettivo di una società fondata sul rispetto dei diritti umani se non daremo priorità alla promozione dei diritti delle donne. La crisi sanitaria ha esposto ancor di più le vulnerabilità, le discriminazioni, gli abusi e anche le violenze a cui le donne sono ancora soggette nel mondo. Ma la crisi e l’emergenza hanno anche fatto brillare la forza delle donne e il loro ruolo prezioso, insostituibile. Quest’anno celebriamo un importante anniversario: i 25 anni dalla quarta conferenza mondiale di Pechino. Deve essere questa un’occasione per riconoscere i successi ma anche il tanto lavoro necessario per poter dare concretezza agli impegni condivisi per la realizzazione di una piena, effettiva parità di genere.

Signor Presidente, in molte aree del mondo la pandemia si è innestata su situazioni di conflitto, di crisi anche profonde, con conseguenze potenzialmente drammatiche. Abbiamo pertanto immediatamente sostenuto l’Appello lanciato lo scorso marzo dal Segretario Generale Guterres per un “Cessate-il-fuoco Globale”.

L’Italia crede fermamente che le questioni inerenti pace e sicurezza debbano essere affrontate attraverso la prevenzione, la mediazione, il consolidamento della pace. Le situazioni di crisi richiedono un approccio multidimensionale che ricomprenda sviluppo, politica, cultura, giustizia e diritti umani. Dobbiamo ridare alle ragioni della politica, politica con la P maiuscola, della diplomazia, del dialogo e – permettetemi di sottolinearlo, da giurista – del diritto internazionale la primazia sulle opzioni militari. Dobbiamo farlo non solo per una naturale aspirazione alla pace, ma anche perché la Storia – e quella recente ancor più di quella remota – dimostra che il ricorso alle armi non è né sostenibile né duraturo.

Siamo e saremo dunque sempre al fianco delle Nazioni Unite per favorire i processi di stabilizzazione, investendo tutto il nostro capitale politico, ma anche fornendo un determinato e concreto sostegno alle iniziative avviate dal Segretario Generale nell’ambito del peacekeeping perché questa azione guarda innanzitutto alla diffusa instabilità che continua purtroppo ad interessare tutto l’arco del Mediterraneo allargato, estendendosi a Est fino all’Afghanistan ed interessando in modo sempre più diretto, a Sud, il Sahel e il Corno d’Africa. In tutta questa grande e complessa regione, l’Italia intende continuare a fornire il proprio contributo proattivo e multidimensionale alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo.

Oggi guardiamo con speranza ai timidi ma incoraggianti avanzamenti del processo di pace in Libia. Le sue possibilità di successo sono legate a due principi: il rispetto della ownership del popolo libico nell’identificazione di una soluzione inclusiva e l’imprescindibile ruolo di mediazione delle Nazioni Unite. Dobbiamo impedire le interferenze, le ingerenze esterne.

Il cessate-il-fuoco, pur con tutta la sua fragilità, ha finalmente riaperto uno spazio al dialogo intra-libico, di cui i recenti colloqui di Montreux rappresentano un segnale che dobbiamo saper cogliere e proteggere. E non c’è miglior modo di sostenere la pace che mostrarne i vantaggi alle stesse popolazioni interessate. Per questo, il prossimo passo da compiere in Libia è quello di consentire la ripresa della produzione petrolifera, su tutto il territorio, promuovendo un’equa gestione delle risorse a beneficio di tutto, dico tutto, il popolo libico.

Le iniziative umanitarie che, con l’encomiabile lavoro delle agenzie delle Nazioni Unite e con il forte sostegno italiano, interessano tutte le aree del Paese, devono continuare ad essere sostenute nella consapevolezza che si tratta di strumenti di accompagnamento verso quella soluzione politica che, sola, può garantire pace e stabilità durature alla Libia.

Poco più di due settimane fa mi sono recato in Libano, per testimoniare personalmente la solidarietà italiana a un popolo che, nel mezzo di una profonda crisi economico-finanziaria, politica e sanitaria, si è trovato a dover fronteggiare la terribile tragedia che il 4 agosto ha colpito Beirut. Ma anche per incoraggiare quelle istituzioni a non lasciar cadere la domanda della popolazione di riforme non più procrastinabili.

L’Italia si è subito posta all’avanguardia nello sforzo collettivo, guidato dalle Nazioni Unite, per superare la fase emergenziale e sostenere quindi la futura ricostruzione. L’Italia continuerà a farlo, contribuendo anche al ruolo di stabilizzazione svolto dalla missione UNIFIL, attualmente sotto comando italiano.

Tra gli effetti negativi che la pandemia ha avuto nelle aree di crisi vi è l’ulteriore peggioramento delle condizioni di già estrema vulnerabilità dei migranti. I flussi migratori irregolari sono una sfida globale a cui la Comunità internazionale non può che fornire risposte a livello multilaterale. Serve un’azione strutturata intorno ai principi di solidarietà e di responsabilità, fondata sul partenariato con i Paesi di origine, di transito e di destinazione dei flussi.

È quindi necessaria un’azione collettiva di contrasto alle reti di trafficanti di esseri umani. Allo stesso tempo, bisogna coltivare una visione di lungo periodo che parta dalle cause profonde di tali movimenti. L’Italia anche in questo caso è in prima linea, quale Paese di ingresso nell’Unione Europea, per un cambio di prospettiva che conduca ad un governo europeo autenticamente solidale e multilivello e per lo sviluppo di canali sicuri per la migrazione regolare.

Signor Presidente, dobbiamo garantire che l’Organizzazione possa realizzare al meglio il proprio mandato e attuare così i principi ispiratori della Carta, che costituiscono ancora oggi un punto di riferimento essenziale per la Comunità Internazionale, facendo convergere i nostri sforzi sul processo di riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dobbiamo rendere tale processo più democratico, più efficace, più rappresentativo dell’intera membership dell’Onu.

Il nemico invisibile dei nostri giorni non è ancora stato sconfitto, continua a seminare vittime e incertezze. La pandemia ha messo in luce le nostre debolezze, ma anche la nostra forza come comunità internazionale.

Ci ha insegnato che solo insieme possiamo voltare anche questa pagina buia. È ancora una volta il momento di mettersi in cammino. È il momento del coraggio, è il momento della visione, come 75 anni fa. Quindi rinnoviamo tutti insieme il nostro impegno a lavorare per costruire il futuro dei nostri figli. Grazie.


25 settembre 2020
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