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Camera. Sette mozioni per la tutela dell’obiezione di coscienza in sanità


Riferite in particolare all’interruzione di gravidanza, le diverse mozione impegnano il Governo a salvaguardare il diritto di obiezione di coscienza in ambito sanitario, ma garantendo allo stesso tempo il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali.

30 MAG - Si votano oggi sette mozioni sulla tutela del diritto all’obiezione di coscienza per medici e professionisti della sanità. Firmati dai deputati di diversi gruppi politici, le mozioni fanno per lo più riferimento alla legge 194 sull’interruzione di gravidanza e mirano ad impegnare il governo a salvaguardare e regolamentare il diritto di obiezione di coscienza in ambito sanitario, ma garantendo allo stesso tempo il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali.

Ecco i testi delle sette mozioni:

  La Camera, 
premesso che:   

in continuità con le decisioni prese negli ultimi decenni, l'Assemblea parlamentare del Consiglio di Europa ha ribadito 1763, approvata il 7 ottobre 2010) che nessuna (raccomandazione n. persona, ospedale o istituzione sarà costretta, ritenuta responsabile o discriminata in alcun modo a causa di un rifiuto di eseguire, accogliere, assistere o sottoporre un paziente ad un aborto o eutanasia o qualsiasi altro atto che potrebbe causare la morte di un feto o embrione umano, per qualsiasi motivo;
l'Assemblea parlamentare ha sottolineato la necessità di affermare il diritto all'obiezione di coscienza insieme alla responsabilità dello Stato per assicurare che i pazienti siano in grado di accedere a cure mediche lecite in modo tempestivo;
stante l'obbligo di garantire l'accesso alle cure mediche e legali per tutelare il diritto alla salute, così come l'obbligo di garantire il rispetto del diritto della libertà di pensiero, di coscienza e di religione di operatori sanitari degli Stati membri, l'Assemblea ha invitato il Consiglio d'Europa e gli Stati membri ad elaborare normative complete e chiare, che definiscano e regolino l'obiezione di coscienza in materia di servizi sanitari e medici, volte soprattutto a garantire il diritto all'obiezione di coscienza in relazione alla partecipazione alla procedura medica in questione e a far sì che i pazienti siano informati di ogni obiezione di coscienza in modo tempestivo e ricevano un trattamento appropriato, in particolare nei casi di emergenza;
in materia di obiezione di coscienza si devono ricordare le indicazioni contenute: nel VI articolo dei principi di Nuremberg; nell'articolo 10, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; negli articoli 9 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; nell'articolo 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici;
la promozione del diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico è affermata nelle «linee guida» della federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia (Figo) e della Organizzazione mondiale della sanità (Who-Europe);
il diritto all'obiezione di coscienza non può essere in nessun modo «bilanciato» con altri inesistenti diritti e rappresenta il simbolo, oltre che il diritto umano, della libertà nei confronti degli Stati e delle decisioni ingiuste e totalitarie,
impegna il Governo
- a dare piena attuazione al diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e paramedico e a garantire la sua completa fruizione senza alcuna discriminazione o penalizzazione, in linea con l'invito del Consiglio d'Europa.
(1-00922)
«Volontè, Fioroni, Roccella, Polledri, Commercio, Buttiglione, Binetti, Capitanio Santolini, Calgaro, Di Virgilio, Mantovano».
(12 marzo 2012)


  La Camera, 
premesso che:   

il 7 ottobre 2010 l'Assemblea parlamentare del Consiglio  d'Europa approvato la raccomandazione 1763 intitolata "Diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche legali», nella quale vengono specificati gli ambiti sanitari ove la pratica dell'obiezione di coscienza deve essere tutelata e regolamentata, ovvero l'interruzione volontaria di gravidanza, le situazioni di fine vita e la procreazione medicalmente assistita;
i riferimenti sulla materia previsti dal diritto internazionale ed europeo rinviano alla libertà e alla sicurezza della persona: articoli 3, 18 e 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; articoli 9 e 18 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici; diritto alla salute previsto dall'articolo 12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali; diritto alla non discriminazione nel campo della salute e della cura previsto dagli articoli 12 e 16 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (Cedaw); diritto di godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni previsto dall'articolo 15 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali; diritto di decidere liberamente e responsabilmente sul numero dei figli da avere previsto dall'articolo 16 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna;
nel 1999 il comitato previsto dalla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna ha prodotto una general recommendation nella quale, interpretando l'articolo 12 della stessa Convenzione, ha richiesto agli Stati parte di eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne anche riguardo all'accesso ai servizi riproduttivi, con particolare riferimento alla pianificazione familiare, alla maternità e alla fase post-natale. Il comitato ha riconosciuto, inoltre, che l'accesso alle cure sanitarie, incluse quelle collegate alla riproduzione, costituisce un diritto riconosciuto dalla stessa Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (general recommendation 24, ventesima sessione, 1999, articolo 12, donne e salute); n.
dei diritti riproduttivi si sono occupate anche le conferenze internazionali delle Nazioni Unite che, a questo tema, hanno dato uno spazio crescente nel corso dell'ultimo decennio (Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo – Cairo, 1994, e IV Conferenza mondiale sulle donne – Pechino, 1995);
in continuità con il diritto internazionale ed europeo sopra richiamato e con le regole di deontologia medica internazionale approvate dalla Federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia (Figo) e dalla Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa riconosce le diverse situazioni giuridiche soggettive ed oggettive pertinenti agli ambiti sanitari di cui sopra, tutelando, da una parte, il diritto del personale sanitario di sollevare, senza subire discriminazioni, obiezione di coscienza quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione e, dall'altra parte, l'inalienabile diritto di ogni individuo alla salute e la responsabilità dello Stato di garantire che ogni paziente riceva le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali entro i termini appropriati;
 l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha invitato quegli Stati membri del Consiglio d'Europa che ancora non ne sono dotati ad elaborare normative complete e chiare che riconoscano e regolino l'obiezione di coscienza nell'ambito sanitario ed ha espresso forte preoccupazione per il fatto che un'inadeguata disciplina della medesima danneggia e discrimina la popolazione femminile, in particolare le donne economicamente più fragili o quelle che vivono nelle zone rurali;
l'ordinamento italiano regola da decenni la facoltà di sollevare obiezione di coscienza da parte del personale sanitario ed esercente le 194 del 1978 e articolo attività ausiliarie (articolo 9 della legge n. 40 del 2004); 16 della legge n. 40 del 2004
le relazioni annuali sull'attuazione della legge n. 194 del 1978 presentate al Parlamento dal Ministro della salute (peraltro richiamate nei lavori dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa) dimostrano che nel nostro Paese il fenomeno dell'obiezione di coscienza sta subendo una consolidata e costante dilatazione;
la relazione del Ministro della salute presentata al Parlamento il 4 agosto 2011 dimostra che nel 2009, a livello nazionale, il 70,7 per cento dei ginecologi è obiettore e che il trend è passato dal 58,7 per cento del 2005 al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008. Il dato nazionale degli anestesisti obiettori è anch'esso in costante aumento, passando dal 45,7 per cento del 2005 al 51,7 per cento del 2009. Il dato nazionale del personale non medico obiettore è passato dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Al Sud, la quasi totalità dei ginecologi è obiettore (85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise e 81,7 per cento in Sicilia), mentre gli anestesisti si attestano intorno ad una media superiore al 76 per cento (77 per cento in Molise e Campania e 75,6 per cento in Sicilia);
in alcune realtà periferiche e del Mezzogiorno esistono aziende ospedaliere prive dei reparti di interruzione di gravidanza, dal momento che la quasi totalità di ginecologi, anestesisti, ostetrici ed infermieri solleva obiezione di coscienza, così creando, di fatto, le condizioni per forme di emigrazione sanitaria, ovvero il ricorso a cliniche private convenzionate e autorizzate o, peggio, verso pratiche clandestine, materializzando, in tal modo, le preoccupazioni espresse dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa circa un'inadeguata regolamentazione dell'obiezione di coscienza, soprattutto nei confronti delle donne economicamente più fragili o quelle che vivono nelle zone rurali;
le stime prevedono che, nei prossimi anni, nel nostro Paese un rilevante numero di personale medico strutturato non obiettore andrà in pensione per raggiunti limiti di età, con la conseguenza che, in mancanza di un adeguato monitoraggio, il diritto di ogni donna alle cure sanitarie di cui ha diritto subirà un'inevitabile contrazione,
impegna il Governo
- a dare, nel quadro del diritto internazionale e comunitario richiamato in premessa, completa ed effettiva attuazione all'invito dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a salvaguardare e regolamentare nell'ambito sanitario il diritto di sollevare obiezione di coscienza, quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione, così come a garantire il diritto di ogni individuo di ricevere dallo Stato le cure mediche ed i trattamenti sanitari legali.
(1-01016)
«Farina Coscioni, Sbrollini, Pes, Bossa, Lo Moro, Argentin, Giulietti, Codurelli, Maurizio Turco, Zamparutti, Mecacci, Bernardini, Cesare Marini, Touadi, Beltrandi, Marrocu».
(18 aprile 2012)
 

  La Camera, 
premesso che:   

l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, il 7 ottobre 1763 in materia di obiezione di 2010, ha approvato la risoluzione n. coscienza nell'ambito delle cure mediche;
 si segnala: nella risoluzione n. 1763 a) la necessità che sia garantita l'obiezione di coscienza dell'operatore sanitario; b) la necessità di garantire che le donne possano accedere ai servizi con tempestività; c) la preoccupazione che l'assenza di regolazione dell'obiezione di coscienza possa danneggiare le donne meno abbienti o quelle che vivono in zone rurali; d) come nella grande maggioranza degli Stati dell'Europa, l'obiezione di coscienza sia ben regolamentata;
inoltre, tenendo conto dell'obbligo di garantire l'accesso alle cure mediche e la tutela della salute, così come dell'obbligo di garantire la libertà di coscienza degli operatori sanitari, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa invita gli Stati membri a sviluppare regole chiare e generali che regolino l'obiezione di coscienza circa la salute e l'assistenza sanitaria, e che: a) garantiscano il diritto all'obiezione di coscienza dell'operatore; b) siano tali da assicurare che le pazienti siano informate per tempo di eventuali obiezioni in modo da essere indirizzate a un altro operatore sanitario (non obiettore); c) garantiscano affinché le pazienti ricevano i trattamenti appropriati, in particolare nei casi di emergenza;
nella medesima risoluzione approvata, si conferma il pieno diritto all'obiezione di coscienza dell'operatore sanitario all'interno, però, di un quadro di «bilanciamento» con il diritto del paziente all'assistenza sanitaria. Anzi, in questo «bilanciamento» la medesima risoluzione è esplicitamente preoccupata che si discriminino le donne e le pazienti più deboli e povere e ribadisce la necessaria presenza di regole che garantiscano ai pazienti il trattamento sanitario appropriato, soprattutto nelle emergenze;
per quanto riguarda il nostro Paese, in ambito medico sanitario il diritto all'obiezione di coscienza è espressamente codificato e disciplinato per legge riguardo: all'interruzione della gravidanza, 194 laddove l'obiezione è riconosciuta dall'articolo 9 della legge n. del 1978; alla sperimentazione animale, dove l'obiezione di coscienza è 413 del 1993; alla procreazione medicalmente disciplinata dalla legge n. assistita, dove l'obiezione di coscienza viene prevista e disciplinata 40 del 2004; dall'articolo 16 della legge n.
in questo ambito particolare importanza riveste l'obiezione di coscienza all'interruzione volontaria della gravidanza, per i suoi effetti e ricadute socio-sanitarie e sulla stessa funzionalità del servizio sanitario nazionale;
l'ultima relazione del Ministero della salute presentata alla legge 194 del 1978 Parlamento, sullo stato di attuazione della legge n. relativa all'interruzione volontaria di gravidanza, è quella trasmessa dall'allora Ministro della salute Fazio il 4 agosto 2011;
la relazione riporta, tra l'altro, i dati definitivi sull'obiezione di coscienza esercitata da ginecologi, anestesisti e personale non medico nel 2009. I dati che emergono sono molto eloquenti e impongono una seria riflessione: in Italia ben il 70,7 per cento dei ginecologi del servizio pubblico è obiettore di coscienza. Percentuale che scende al 51,7 per cento per gli anestesisti, e al 44,4 per cento per il personale non medico;
ad eccezione della Valle d'Aosta dove sono solamente il 18 per cento dei ginecologi obiettori, le percentuali non scendono mai al di sotto del 52 per cento. Il dato più elevato di obiettori di coscienza tra i ginecologi riguarda il Sud, con una media di oltre 8 obiettori su 10, e con il Molise che ha il dato più elevato tra tutte le regioni, con l'85,2 per cento di ginecologi obiettori;
la principale conseguenza di un numero così elevato di ginecologi e operatori sanitari obiettori di coscienza è quella di rendere sempre più difficoltosa la stessa applicazione della legge 194 del 1978, con effetti negativi sia per la funzionalità dei vari n. enti ospedalieri e, quindi, del sistema sanitario nazionale, sia per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria di gravidanza. La ricerca di un medico non obiettore comporta allungamento dei tempi, interlocutori non sempre disponibili, donne che devono spesso migrare da una regione all'altra e, sopratutto tra le immigrate, il possibile ricorso all'aborto clandestino;
si è di fronte, quindi, a due soggetti, entrambi titolari di diritti soggettivi riconosciuti dalla legge: quello all'interruzione volontaria di gravidanza della donna e quello all'obiezione di coscienza del personale sanitario. Due principi legittimi che idealmente dovrebbero poter convivere affinché nessun soggetto veda negata la propria libertà. Di fatto, tale ipotesi trova difficoltà nel realizzarsi poiché i medici obiettori spesso si rifiutano di segnalare alle pazienti un medico non obiettore o un'altra struttura sanitaria autorizzata all'interruzione volontaria di gravidanza;
il diritto all'obiezione di coscienza in materia di aborto per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie è sancito 194 del 1978. Allo stesso tempo, il dall'articolo 9 della legge n. medesimo articolo prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale;
la legge n. 194 del 1978 prevede, quindi, scelte individuali e responsabilità pubbliche. L'obiezione di coscienza è, infatti, un diritto della persona ma non della struttura. Al medico, o all'infermiere, viene garantito di potersi avvalere dell'obiezione di coscienza. Ma quel che è un diritto del singolo non è diritto della struttura sanitaria nel suo complesso, che ha, anzi, l'obbligo di garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie;
i dati sopra indicati sulle percentuali di obiettori comportano, oltre che evidenti ricadute negative sulla stessa effettiva attuazione della legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, anche conseguenze oggettivamente pesanti sui sempre più limitati medici non obiettori, che spesso si ritrovano relegati a occuparsi quasi esclusivamente di interruzioni di gravidanza con il rischio concreto di una dequalificazione professionale e conseguenti effetti penalizzanti sulle loro stesse possibilità di carriera;
peraltro, la crescita in questi anni del numero degli obiettori ha determinato la chiusura dei servizi, con ospedali privi di reparti di interruzione di gravidanza, perché praticamente la totalità di ginecologi, anestesisti e paramedici ha scelto l'obiezione di coscienza,
impegna il Governo:
- a garantire il rispetto della legge n.194 del 1978 su tutto il territorio nazionale, nonché la sua piena applicazione, a tutela dei diritti e della salute delle donne, assumendo anche iniziative, nei limiti delle proprie competenze, finalizzate all'assunzione di personale non obiettore in maniera tale da garantire il servizio;
- ad attivarsi, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di assicurare, pur nel rispetto del diritto all'obiezione di coscienza, il pieno ed efficiente espletamento da parte degli enti ospedalieri delle procedure e degli interventi di interruzione della gravidanza;
- ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché la gestione organizzativa e del personale delle strutture ospedaliere sia realizzata in modo da evitare che vi siano presidi con oltre il 50 per cento di obiettori.

(1-01036)
«Palagiano, Donadi, Borghesi, Evangelisti».
(17 maggio 2012)

  La Camera, 
premesso che:   

come si rileva dall'ultima relazione del Ministro della salute, sullo stato di attuazione della legge concernente: «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», così come prevista dall'articolo 16 della legge 22 maggio 194, trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati in 1978, n. data 4 agosto 2011 e riferita ai dati definitivi del 2009, nonché ai dati preliminari del 2011, si assiste ad una generale stabilizzazione dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni;
a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per  cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008 e al 70,7 per cento nel 2009; per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45,7 per cento al 51,7 per cento. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi si osservano principalmente al sud: 85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise, 81,7 per cento in Sicilia e 81,3 per cento a Bolzano. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al Sud (con un massimo di più del 77 per cento in Molise e Campania, il 75,6 per cento in Sicilia e i più bassi in Toscana (27,7 per cento) e a Trento (31,8 per cento). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo dell'87 per cento in Sicilia e dell'82 per cento in Molise;
si tratta sicuramente di percentuali molto elevate che comportano, come conseguenza, tempi di attesa molto lunghi per l'intervento, che molte volte vanno oltre le due settimane (nel 2009 oltre il 40 per cento delle donne ha dovuto aspettare più di 14 giorni per poter effettuare l'interruzione volontaria di gravidanza) e, in alcuni casi, arrivano anche ad un mese o più (nel 2009 il 15,8 per cento delle donne ha dovuto aspettare oltre tre settimane), con la conseguenza che le donne si rivolgono a strutture estere, all'uso dei farmaci non legali, all'aborto clandestino con grave pregiudizio per la loro salute;
tale situazione ha generato e continua a generare un conflitto difficile da gestire tra il primario diritto della donna, in un percorso che è già di per sé psicologicamente complicato, di accedere a determinati servizi previsti dal servizio sanitario nazionale, al dovere dell'ospedale di garantire quel servizio tutelando prima di tutto la salute della donna e quello del medico di «rivendicare», attraverso l'obiezione di coscienza, una propria libertà morale e religiosa;
nonostante la legge 194 del 1978 attribuisca ai consultori familiari pubblici un ruolo fondamentale nell'assistenza alle donne che decidono di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza, il ricorso al consultorio familiare per la documentazione/certificazione rimane ancora basso (39,4 per cento) e una possibile ragione risiede sicuramente nel fatto che i consultori sono in genere scarsamente integrati con le altre strutture sanitarie,
impegna il Governo:
- a tutelare, con tutti gli strumenti possibili, siano essi normativi che economici, all'interno delle strutture del servizio sanitario nazionale il diritto delle donne all'interruzione volontaria 194 del di gravidanza, nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge n. 1978, garantendo, nel contempo, il diritto dell'obiezione di coscienza dei medici così come previsto dall'articolo 9 della legge medesima;
- a promuovere un potenziamento della presenza sul territorio nazionale dei consultori familiari quale struttura socio-sanitaria in grado di aiutare la donna nella sua difficile scelta e strumento essenziale per le politiche di prevenzione e di promozione della maternità/paternità libera e consapevole, nonché servizio essenziale per l'attivazione del percorso per l'interruzione volontaria di gravidanza;
- a promuovere, d'intesa con le autorità scolastiche, attività di informazione ed educazione alla salute nelle scuole, con particolare riferimento alle problematiche connesse alla tutela della salute sessuale e riproduttiva.

(1-01038)
«Miotto, Argentin, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Murer, Sbrollini, Livia Turco, Pedoto, Fontanelli, Codurelli».
(17 maggio 2012)
 

  La Camera, 
premesso che
:   
la risoluzione n. 1763 , «Diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle cure mediche legali», approvata il 7 ottobre 2010 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, riporta gli ambiti sanitari in cui la pratica dell'obiezione di coscienza deve essere tutelata e regolamentata;
la risoluzione fa riferimento ai casi di interruzione di gravidanza volontaria, alle situazioni di fine vita e alla procreazione medicalmente assistita;
l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, riconoscendo la tutela del diritto del personale sanitario di sollevare obiezione di coscienza quale espressione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione ha invitato gli Stati membri del Consiglio d'Europa non ancora dotati di normative specifiche ad adottare atti completi e chiari che riconoscano e regolino l'obiezione di coscienza per gli operatori del settore, medici e paramedici;
infatti, la liceità dell'obiezione di coscienza è subordinata al riconoscimento da parte dello Stato agli individui della possibilità di astenersi da condotte che determinano un conflitto interiore del soggetto rispetto al suo sistema di valori;
in Italia il diritto all'obiezione di coscienza in campo medico è  assicurato ed espressamente codificato dalle seguenti leggi: la legge 194 del 1978 che, all'articolo 9, ha introdotto una particolare species di obiezione di coscienza, in materia di interruzione volontaria della gravidanza, riconosciuta al personale sanitario ed esercente attività ausiliarie, salvo nei casi urgenti nei quali è in gioco la vita di una persona; peraltro, una disposizione similare è contenuta anche nel codice di deontologia medica, approvato anch'esso nel 1978, che all'articolo 28 stabilisce che «qualora al medico vengano richiesti interventi che contrastino col suo convincimento clinico o che discordino con la sua coscienza, come nel caso di sterilizzazione, aborto o interventi di plastica, egli può rifiutare la propria opera pur 413 del 1993 che nel rispetto della volontà del paziente»; la legge n. disciplina l'obiezione di coscienza per la sperimentazione animale; 40 del 2004 che riguarda la procreazione l'articolo 16 della legge n. medicalmente assistita e riconosce al personale sanitario ed esercente le attività sanitarie accessorie la facoltà di astenersi dal compimento della procedura, adottando un'impostazione similare alla disciplina in materia di aborto;
inoltre, il diritto all'obiezione di coscienza ha un fondamento costituzionale nel diritto generale alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza, diritti esplicitamente previsti anche nell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ma deve pur sempre essere realizzato nel rispetto degli altri diritti fondamentali previsti dalla Carta costituzionale e, fra questi, l'irrinunciabile diritto del cittadino a vedere garantita la propria salute e a ricevere quell'assistenza sanitaria riconosciuta per legge;
particolare rilievo assume l'obiezione di coscienza all'interruzione volontaria di gravidanza, per le ricadute sulla stessa funzionalità dei vari enti ospedalieri e del sistema sanitario nazionale, nonché per le donne che ricorrono all'interruzione volontaria di gravidanza;
come descritto nella «Relazione del Ministero della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della 194 maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge n. del 1978)», del 4 agosto 2011, «nel 2009 si evince una stabilizzazione generale dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni. Infatti, a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58,7 per cento del 2005, al 69,2 per cento del 2006, al 70,5 per cento del 2007, al 71,5 per cento del 2008 e al 70,7 per cento nel 2009; per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45,7 per cento al 51,7 per cento. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38,6 per cento nel 2005 al 44,4 per cento nel 2009. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi si osservano principalmente al sud: 85,2 per cento in Basilicata, 83,9 per cento in Campania, 82,8 per cento in Molise, 81,7 per cento in Sicilia e 81,3 per cento a Bolzano. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo di più di 77 per cento in Molise e Campania e 75,6 per cento in Sicilia) e i più bassi in Toscana (27,7 per cento) e a Trento (31,8 per cento). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo di 87,0 per cento in Sicilia e 82,0 per cento in Molise»;
nonostante il numero degli obiettori si stia stabilizzando dopo un notevole aumento negli ultimi anni, l'attuale situazione pone problemi organizzativi all'interno delle aziende sanitarie locali e degli ospedali, specialmente al Sud, dove, come si evince dai dati sopra indicati, vi è una media di oltre 8 obiettori su 10;
tuttavia, il citato articolo 9 della legge n. 194 del 1978, oltre ad assicurare l'obiezione di coscienza per il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie, prevede che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate siano tenuti, in ogni caso, ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dalla stessa legge e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità; inoltre, è la regione a doverne controllare e garantire l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale,
impegna il Governo:
- a garantire il diritto all'obiezione di coscienza al personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie senza alcuna discriminazione o penalizzazione, come richiesto dal Consiglio d'Europa e affermato nelle linee guida della federazione internazionale di ginecologia ed ostetricia;
- ad assicurare che le strutture ospedaliere e le case di cura autorizzate siano sempre nelle condizioni di poter rispondere tempestivamente alle esigenze dei cittadini, che vanno preventivamente informati sulle caratteristiche delle attività svolte in ciascun ente ospedaliero.

(1-01042)
«Stagno d'Alcontres, Misiti, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Terranova».
(21 maggio 2012)


  La Camera, 
premesso che:   

la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 3, recita: «ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona»;
la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 2, afferma: «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge»;
il Consiglio di Europa ha ribadito, con la raccomandazione 1763, «Diritto di sollevare obiezione di coscienza nell'ambito delle n. cure mediche e legali», che nessuna persona o istituzione sarà costretta, o discriminata in alcun modo a causa di un rifiuto di eseguire, accogliere, assistere o sottoporre un paziente ad un aborto o eutanasia o qualsiasi altro atto che potrebbe causare la morte di un feto o embrione umano, per qualsiasi motivo e contestualmente ha ribadito la responsabilità dello Stato a che i pazienti possano accedere in tempo utile ai trattamenti medici previsti dalla legge;
l'Organizzazione mondiale della sanità, sul punto, ha individuato, quale obiettivo primario, il miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino;
la legge 194 del 1978, recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», prevede, infatti, tra i suoi primi obiettivi «il valore sociale della maternità e la tutela della vita umana fin dal suo inizio» (articolo 1, comma 1);
non è lo scopo dichiarato della richiamata legge n. 194 quello di garantire un diritto di aborto, ma piuttosto quello di prevenire l'aborto, favorendo la nascita dei figli già concepiti con l'invito alle madri ad un'adeguata riflessione sul valore della vita umana e offrendo alternative al dramma (per il concepito e per la donna) dell'interruzione della gravidanza; questa è l'interpretazione ripetutamente formulata dalla Corte costituzionale italiana, la quale ritiene che l'interruzione volontaria di gravidanza sia intesa soltanto come risposta a uno stato insuperabile di necessità e non come esercizio di un diritto di scelta della donna;
la legge n. 194 del 1978 è nata per arginare la pratica degli aborti clandestini, oltre che per attuare una seria politica di contrasto al ricorso indiscriminato all'aborto attraverso interventi di aiuto mirati alla tutela della donna e del nascituro. Le azioni di informazione e di prevenzione sono state affidate, in particolar modo, 405 del 1975; ai consultori familiari istituiti dalla legge n.
indipendentemente dalle vicende applicative che ne hanno 194 del condizionato l'attuazione, il nucleo centrale della legge n. 1978 è la creazione di un percorso articolato di riflessione finalizzato a consentire alla donna una piena maturazione della sua personale scelta in merito alla prosecuzione o meno della gravidanza;
come si rileva dall'ultima relazione del Ministro della salute, sullo stato di attuazione della legge concernente «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», così come prevista dall'articolo 16 della legge 22 maggio 194, trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati in 1978, n. data 4 agosto 2011 e riferita ai dati definitivi del 2009, nonché ai dati preliminari del 2011, si assiste ad una generale stabilizzazione dell'obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni; dalle diverse relazioni al Parlamento si può comunque rilevare che la numerosità degli obiettori di coscienza non è correlata ai tempi di attesa, che appaiono piuttosto dipendere dalle modalità dell'organizzazione sanitaria locale. Ad esempio, considerando i dati delle relazioni al Parlamento relative 194 del 1978 per gli anni 2006 e 2009, all'applicazione della legge n. si evince che nel Lazio gli obiettori in tre anni sono aumentati dal 77,7 all'80,2 per cento e i tempi di attesa diminuiti, mentre in Umbria gli obiettori calano dal 70,2 al 63,3 per cento e i tempi di attesa sono aumentati;
è indubbio che il dovere di somministrazione di farmaci abortivi, o antinidatori, colpisce la sensibilità del medico come quella del farmacista, il quale, però, con le norme attuali, non può rifiutarne la vendita, non esistendo la possibilità di sollevare obiezione di coscienza com’è, invece, previsto per i sanitari dalla 194 del 1978 per l'interruzione di gravidanza; legge n.
l'obiezione di coscienza è un diritto proprio di ogni ordinamento liberale, fondato su una visione laica dell'etica, che vede nel primato della coscienza, intesa come «norma ultima concreta dell'agire umano», un suo cardine fondamentale;
nonostante la legge 194 del 1978 attribuisca ai consultori nonostante la legge n. familiari pubblici un ruolo fondamentale nell'assistenza alle donne che decidono di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza, il ricorso a tale istituto è ancora molto basso e questo perché gli stessi sono in genere scarsamente integrati con le altre strutture sanitarie,
impegna il Governo:
- ad assumere ogni iniziativa di competenza per l'applicazione 194 del 1978, potenziando la presenza sul integrale della legge n. territorio nazionale dei consultori familiari quale struttura socio-sanitaria in grado di aiutare la donna nella sua difficile scelta e strumento essenziale per le politiche di prevenzione e di promozione della maternità/paternità libera e consapevole;
- a promuovere una programmazione per gli ospedali in cui debbono  effettuarsi le interruzioni volontarie di gravidanza, garantendo aggiornamento scientifico e qualificazione professionale del personale;
- ad assumere iniziative per prevedere il rispetto di tempi certi per le strutture che debbono assicurare l'intervento nel minor tempo possibile, salvaguardando la «settimana di riflessione» e rispettando le procedure di urgenza previste dalla legge;
- a promuovere campagne informative specifiche sulle fasce della popolazione più a rischio, attuando una sensibilizzazione sul valore della vita nascente a tutela della maternità e paternità responsabile;
- a dare piena attuazione al diritto all'obiezione di coscienza del personale medico e paramedico, senza alcuna discriminazione o penalizzazione, e, contestualmente, a garantire a tutti i cittadini, in collaborazione con le regioni, i trattamenti previsti dalla normativa vigente.

(1-01046)
«Barani, De Luca, Girlanda, De Nichilo Rizzoli, Fucci, Porcu, Mazzocchi, Berruti, Mancuso, Ciccioli».
(23 maggio 2012)
 

  La Camera, 
premesso che:   
la Dichiarazione sui diritti del fanciullo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1959 a New York, nel preambolo stabilisce che: «il fanciullo necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita»;
a livello comunitario, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 2, afferma: «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge»;
la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, sottoscritta ad Oviedo nel 1997, delinea una sorta di costituzione europea in materia di diritto a nascere;
la Carta europea dei diritti, adottata dal Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000 e alla quale, con il recente Trattato di Lisbona, è stata attribuita la stessa efficacia giuridica delle norme dei trattati, dopo aver affermato, all'articolo 1, l'inviolabilità della dignità umana, all'articolo 2 dispone: «ogni individuo ha il diritto alla vita»;
il nostro ordinamento giuridico, prevedendo, ex articolo 10 della Costituzione, l'obbligo di osservare i principi e i patti internazionali, attribuisce rilevanza costituzionale a quegli atti che tutelano il diritto alla vita fin dal concepimento;
l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha ribadito, 1763, approvata il 7 ottobre 2010), che recentemente (raccomandazione n. nessuna persona, ospedale o istituzione sarà costretta, ritenuta responsabile o discriminata in alcun modo a causa di un rifiuto di eseguire, accogliere, assistere o sottoporre un paziente ad un aborto o eutanasia o qualsiasi altro atto che potrebbe causare la morte di un feto o embrione umano, per qualsiasi motivo;
l'Assemblea parlamentare ha sottolineato la necessità di affermare il diritto all'obiezione di coscienza insieme con la responsabilità dello Stato, per assicurare che i pazienti siano in grado di accedere a cure mediche lecite in modo tempestivo;
l'Assemblea ha invitato il Consiglio d'Europa e gli Stati membri ad elaborare normative complete e chiare, che definiscano e regolino l'obiezione di coscienza in materia di servizi sanitari e medici, volte soprattutto a garantire il diritto all'obiezione di coscienza in relazione alla partecipazione alla procedura medica in questione e a far sì che i pazienti siano informati di ogni obiezione di coscienza in modo tempestivo e ricevano un trattamento appropriato, in particolare nei casi di emergenza;
in materia di obiezione di coscienza si devono ricordare le indicazioni contenute: nel VI articolo dei principi di Nuremberg; nell'articolo 10, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; negli articoli 9 e 14 della Convenzione europea dei diritti umani; nell'articolo 18 della Convenzione internazionale dei diritti civili e politici;
il tribunale amministrativo regionale della Puglia ha annullato, 3477 del 2010, la delibera di giunta regionale e i con la sentenza n. relativi atti della aziende sanitarie locali di Bari con cui venivano esclusi dalla presenza nei consultori ambulatoriali i medici obiettori di coscienza. Per i giudici amministrativi il provvedimento viola il principio costituzionale di eguaglianza, oltre che i principi posti a fondamento dell'obiezione di coscienza;
pur ponendo l'accento sul valore storico che hanno rappresentato i consultori familiari per la nostra società, è doveroso, a distanza di più 35 anni dall'approvazione della legge, che ne prevedeva l'istituzione, riconsiderarne il lavoro svolto e l'attuale ruolo nel nostro Paese. Infatti, alla luce anche dei notevoli cambiamenti sopravvenuti nell'attuale contesto socio-culturale, è necessario dare nuova linfa vitale a ciò che già era ben esplicitato nelle intenzioni 405 (ovvero del legislatore, che nel 1975 aveva emanato la legge n. l'assistenza alla famiglia, l'educazione alla maternità e alla paternità responsabile, l'educazione per l'armonico sviluppo fisico e psichico dei figli e per la realizzazione della vita familiare), ma che nei fatti è stato residualmente attuato, complice anche la talora mera funzione burocratica dei consultori, ridotti, troppo spesso, a pura assistenza sanitaria, deboli di quella necessaria sensibilità e competenza su problematiche sociali per i quali furono istituiti. In questa ottica sarebbe opportuno considerare come forza attiva anche il ruolo dei medici obiettori di coscienza all'interno dei presidi socio-sanitari dei consultori familiari, anche al fine di dare piena attuazione alla prima 194 del 1978, attraverso la reale presa in carico parte della legge n. della donna per aiutarla a superare le cause che la inducono alla scelta di interrompere la gravidanza,
impegna il Governo
- a promuovere la piena attuazione dei principi di diritto delineati nella raccomandazione del Consiglio d'Europa, definendo il diritto all'obiezione di coscienza in campo medico e infermieristico.
(1-01049)
«Laura Molteni, Fabi, Rondini, Fedriga, Fugatti, Torazzi, Maggioni, Vanalli, Simonetti, Allasia, Isidori, Consiglio, Negro, Bragantini, Callegari, Desiderati, Cavallotto, Paolini, Meroni, Polledri».
(24 maggio 2012)
 

30 maggio 2012
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