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Tomassini (Pdl): “La ricerca non profit può crescere e le soluzioni ci sono”


06 MAR - Per il senatore Antonio Tomassini (Pdl), presidente commissione Igiene e Sanità al Senato, gli studi non profit possono dare orientamenti importanti e indirizzi per il futuro alla ricerca, soprattutto in un momento di grave crisi mondiale economica in cui  gli scenari mutati richiedono un rinnovamento e un mutamento di indirizzo. Un cambiamento che in questo ambito chiama in causa organi di consulenza fondamentali quali l’Aifa, l’Iss, la Fnomceo e le società scientifiche che devono essere coinvolte proprio per il ruolo fondamentale che svolgono in questa area.  Abbiamo chiesto al senatore come sostenere questo importante settore.

Senatore Tomassini c’è stata un contrazione importante degli studi non profit  tra il 2009 e il 2010. Perché?
Questo dipende da fatto che bisogna garantire un maggiore sviluppo a questi studi attraverso i fondi dedicati dell’Aifa. È quindi fondamentale che siano incentivate e sviluppate le fasi I e II e quelle di registrazione perché aumentando queste, cresceranno anche quelle non- profit.  Il ruolo della ricerca indipendente insiste in ambiti non convenzionali ed è meno pressata dagli interessi. Quando si parla di ricerca vedo due schieramenti. Ci sono i più pessimisti, che vedono la coperta economica cortissima e spesso appartengono a coloro che hanno fatto ricerca autoreferenziale e preferiscono un certa staticità rimanendo pietrificati in strutture in esclusiva, quasi in monopolio. Poi ci sono gli ottimisti, come me, che non possono non notare alcuni cambiamenti arrivati negli ultimi anni: abbiamo, infatti, molti atout da valorizzare, abbiamo ricercatori tra i primi al mondo in alcuni ambiti strategici come quello delle cellule staminali e l’oncologia, abbiamo grandi centri per le biotecnologie. E abbiamo la possibilità di sviluppare brevetti con alcuni gruppi esteri. Non dobbiamo dimenticare che le cose stanno iniziando ad andare meglio da quando le sinergie pubblico private hanno iniziando a funzionare. Servono anche piccole e medie aziende per sviluppare alcuni fondamentali ambiti di ricerca come l’oncologia o le malattie non trasmissibili, non mega colossi.
 
Cosa si può fare per far crescere la ricerca indipendente ?
Serve innanzitutto un Testo unico. Ma l’Aifa può sviluppare molto meglio gli studi di primo e secondo settore e quindi attirare gli investimenti sulla base del fatto che siamo il  terzo mercato in Europa e il quinto al mondo per alcuni farmaci.  Dobbiamo inoltre garantire uno snellimento della burocrazia, mantenendo in piedi tutte le garanzie necessarie.  Allora sì che la quota del 5% destinata alla ricerca indipendente potrebbe essere ampliata. E ancora servirebbe rinforzare le convenzioni che abbiamo stretto con l’estero e ripristinare gli accordi di programma che hanno dato risultati tangibili. Mentre dal punto di vista pubblico coordinare un po’ meglio i sistemi destinati alla ricerca, quindi il Cnr, l’università, gli Irccs, che hanno la possibilità di offrire moltissimo, e naturalmente dare una precisa missione all’Iss. Occorre infine rivedere i comitati etici, 254 non è tollerabili. Il Ddl sulla sperimentazione ha ripreso il cammino. E siamo a buon punto essendo già passato alla Camera, per cui servirebbe un terzo passaggio solo nel caso di cambiamenti fondamentali.
 
Possiamo sperare in un aumento dei fondi destinati?
La quota del 5% dedicata alla ricerca indipendente è sicuramente insufficiente. Quindi se la domanda è politica, rispondo: sicuramente sì, potrebbe essere allargata. Certo, siamo in una fase politica tale che non si possono prendere impegni per il Governo. Credo, però, che il confronto sia comunque importante.

06 marzo 2012
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