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Donne medico. Albesa (Cesm): “Tenere conto delle specificità per garantire l’assistenza"


12 MAG - “Nonostante alcuni esperti sostengano che il rapido aumento dei medici donne possa condurre a un ‘iper-femminilizzazione' della medicina, credo che si stia semplicemente realizzando la pari opportunità, anche se persiste un divario retributivo tra i sessi. Tuttavia questo ha anche implicazioni sulla programmazione economica e la forza lavoro, e sul modo in cui funzionano i diversi sistemi sanitari nazionali. In assenza di un profondo cambiamento nella nostra società in termini di responsabilità per l’assistenza dei bambini, è necessario adottare un approccio equilibrato al reclutamento, nell'interesse sia dell’equità che dell’erogazione futura dei servizi, tenendo conto delle differenze tra uomini e donne in termini di impegno lavorativo a lungo termine e in relazione ai loro piani di pensionamento”. Questi, in estrema sintesi, i temi affrontati da Aranzazu Albesa del Cesm, la Confederazione Statale dei Sindacati Medici (Spagna), nel corso del convegno internazionale promosso ieri dalla Fesmed (la Federazione dei medici europei dipendenti) svolto ieri a Gorizia sugli Aspetti del lavoro medico in Europa VEDI LA RELAZIONE INTEGRALE.

“Per oltre 400 anni – ha affermato Albesa nel corso della sua relazione – gli uomini hanno comunicato la professione medica al punto dall’essere percepito come uno status quo. Ma ora le donne hanno iniziato a prendere il dominio della medicina”. Negli ultimi anni infatti, secondo Albesa, gli uomini sarebbero molto più attratti da carriere nel mondo della finanza e dell’informazione tecnologica, ed hanno dunque lasciato alle donne spazio nel mondo della medicina. Tutto questo, tuttavia, ha delle implicazioni, sia legate al fatto che le donne tendono a evitare alcune specialità a favore di altre (per esempio, secondo i dati presentati da Albesa, nel 2013 le donne rappresentavano il 70% dei medici internisti in medicina generale, il 87,32% in pediatria, l’87,4% in ostetricia. Gli uomini, invece, sarebbero predominanti in cardiologia e chirurgia), oltre che alla maternità che al pensionamento: “Molte donne medici di medicina generale stanno pianificando di pensionarsi anche prima dell’età di 60 anni”.

“Non sono le capacità dei medici di sesso femminile ad essere messe in discussione”, ha sottolineato Albesa, “ma gli studi mostrano una tendenza dei medici donne a lavorare meno ai loro colleghi maschi”. “In Spagna e in altri paesi europei vi è il timore generale che questo squilibrio di genere avrà un effetto negativo sui sistemi sanitari. I politici sono preoccupati”. Per Albesa, dunque, tenuto conto di tutto ciò, “è necessario adottare un approccio equilibrato al reclutamento, nell'interesse sia dell’equità che dell’erogazione futura dei servizi”.

12 maggio 2014
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