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Aspetti del lavoro medico in Europa. Wetzel (Snphare): "Salvaguardare il ruolo del pubblico per rilanciare la sanità"


12 MAG - Il francese Claude Wetzel, tesoriere del Sindacato nazionale dei praticanti ospedalieri, anestesisti e rianimatori, ha articolato il suo intervento sulla base di un questionario somministrato in 16 Paesi europei.

I risultati indicano che nella maggior parte dei Paesi i medici sono inquadrati come dipendenti pubblici. In alcuni casi, come quello italiano, svolgono contemporaneamente anche attività privata. Si registra frequente insoddisfazione per questa situazione, soprattutto in Italia, Croazia, Slovenia, Polonia, Romania e Bulgaria. Soltanto in 4 Paesi – Repubblica Ceca, Francia, Olanda e Portogallo – i medici dispongono di un inquadramento ad hoc all’interno del settore pubblico e, tranne che in Repubblica Ceca, si dichiarano soddisfatti di questa condizione che permette loro di interfacciarsi direttamente con l’autorità.

Per quanto riguarda le ore complessive di lavoro, negli ultimi anni è stato registrato un calo importante: si è passati da una media di 40,5 ore del 1991 alle 37,5 del 2010. Tuttavia alcune professioni si collocano sopra questa media e, in particolare, i medici rientrano nel 9% di lavoratori europei che sono impegnati per oltre 48 ore a settimana. E’ per questa ragione che la Commissione vuole sviluppare appositi programmi di tutela, che riguardino prevalentemente chi opera nel settore della sanità. Nel 2003 è stata approvata la ‘European working time directive’ che però in alcuni Paesi non viene rispettata.

A livello di standard qualitativi, in 7 Paesi (Austria, Bulgaria, Francia, Croazia, Italia, Polonia e Slovenia) i medici dipendenti si sentono danneggiati da un sistema che ritengono inappropriato in quanto non elaborato da chi lavora nel settore: un’anomalia che viene considerata un ostacolo per l’attività e, in alcuni casi, anche per la sicurezza dei pazienti.

A livello pensionistico, l’età di fine lavoro varia da Paese a Paese. C’è però un tratto comune: con l’invecchiamento della popolazione, lo sforzo finanziario per sostenere il sistema pensionistico sta diventando sempre più grande. Nel caso dei medici, poiché tendenzialmente entrano più tardi nel mondo del lavoro per via di un percorso di studi lungo, automaticamente devono cessare l’attività lavorativa più tardi se vogliono ricevere una pensione intera.

Durante la conferenza del settembre 2010 a Bruxelles, che riunì i ministri europei della Sanità, è stato calcolato che nel 2020 ci sarà una carenza di circa un milione di professionisti sanitari. E’ per questo che furono individuati quattro assi principali di intervento per mantenere un adeguato livello di risorse professionali nel continente: garantire proporzionata risposta alla richiesta di personale in sanità, sia a livello quantitativo che qualitativo; creare le condizioni per alcuni necessari cambiamenti; mettere in atto le opportune condizioni per reclutare e consolidare i professionisti della sanità; promuovere una robusta cultura della formazione, coinvolgendo i professionisti.

Nella maggior parte dei Paesi europei l’accesso alla formazione medica è regolata dal ‘numero chiuso’. Questo limite non esiste in Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania, Polonia e nella parte turca di Cipro. In Austria e in Belgio c’è una restrizione per i cittadini non residenti che, nonostante una sentenza contraria della Corte di Giustizia europea, sarà mantenuta sino a fine 2016.

Il processo di diffusione del lavoro medico tra le donne sta attecchendo in tutti i Paesi, a eccezione di Polonia e Cipro. Tuttavia soltanto nei Paesi del Nord ci sono adeguate strutture in cui lasciare i bambini durante l’orario di lavoro.

In Francia e in Olanda si registrano consistenti flussi migratori di professionisti della sanità, mentre nella maggior pare degli altri Paesi la tendenza dominante è quella dell’emigrazione, in particolar modo in Repubblica Ceca, Italia, Ungheria, Romania, Polonia e Slovacchia.
A livello retributivo, a causa della recessione che ha caratterizzato gli ultimi anni, si è registrato un decremento che oscilla tra il 10% e il 30% nella maggior parte dei paesi europei.

Per quanto concerne l’innovazione tecnologica, il processo di implementazione è in atto in tutti i Paesi europei ad eccezione di Ungheria e Slovacchia. Tuttavia il libero accesso a internet e al telefono per i medici dipendenti è garantito soltanto in Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Croazia, Olanda, Ungheria e Slovenia. Addirittura in Austria i medici devono pagare per utilizzare il telefono.

Il finanziamento pubblico si conferma come la formula più diffusa di sostentamento per i sistemi sanitari, anche se risulta in diminuzione in buona parte dei Paesi. In molti Stati si stanno cercando modalità alternative per alleggerire il carico sul pubblico: in particolare emerge la tendenza a orientarsi verso assicurazioni private. Secondo Wetzel, però, si tratta di una soluzione che rischia di tagliare fuori un’ampia fetta della popolazione e non è quindi da considerarsi opportuna e percorribile.

Il ruolo del pubblico viene, infatti, ritenuto il fattore chiave per centrare adeguati obiettivi di competitività e per garantire lo sviluppo economico in un’Europa che tende sempre di più all’invecchiamento demografico. La sanità va quindi considerata come un investimento in grado di generare un innalzamento della produttività a più livelli.

12 maggio 2014
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