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I documenti congressuali/2. Il riordino della rete dei servizi sanitari ospedale e territorio


17 GIU - Da alcuni anni, ancorché a macchia di leopardo, sono in atto,  in tutte le Regioni, azioni che stanno modificando profondamente l’organizzazione e la rete dei servizi sanitari.
In particolare sono in discussione il ruolo e il posto dell’Ospedale nella rete complessiva assistenziale, il ruolo della Medicina Generale, l’organizzazione della assistenza primaria, lo “spazio assistenziale e gestionale” che le nuove figure professionali “stanno progressivamente occupando”.
Le ricadute di queste azioni riguardano tutti gli asset assistenziali: distribuzione e governo del posto letto, utilizzo delle tecnologie, posizioni degli stakeholders interni ed esterni, organizzazione e gestione delle risorse, incremento della complessità assistenziale negli ospedali ecc… fino prefigurare una vera e propria trasformazioni dell’intera rete assistenziale.
 
Esaminando più nello specifico le azioni troviamo che si stanno verificando su scala nazionale i seguenti fenomeni:
1. Diminuzione dei ricoveri ospedalieri e delle giornate di degenza, sia complessive sia per singolo episodio morboso.
2. Diversificazione dei setting di ricovero.
3. Ampliamento dei setting di assistenza primaria.
4. Nascita delle case della salute per assicurare una prossimità nell’erogazione delle cure ed un collegamento funzionale tra la rete ospedaliera e la rete del territorio.
5. Trasferimento di alcune pratiche diagnostiche / terapeutiche dall’ospedale all’assistenza primaria. Questa tendenza che progressivamente aumenterà nel tempo è in funzione dell’evoluzioni tecnologiche e dell’acquisizione delle competenze necessarie.
6. Incremento dell’interazione interprofessionale e interdisciplinare.
7. Incremento dei pazienti con patologia cronica con inversione del rapporto acuzie/cronicità a favore di questa ultima.
8. Medicina proattiva e/o di iniziativa mirata ad evitare o rinviare nel tempo la progressione della malattia, a promuovere l’empowerment del paziente (e della comunità) e la qualificazione del team assistenziale (sanitario e sociale). Organizzazione dei Mmg in nuclei di cure primarie, medicina di gruppo o in rete.
 
Come diretta conseguenza di quanto sopra assistiamo a una diversa riallocazione delle risorse disponibili e a una trasformazione di tutta la rete assistenziale (letti di degenza ordinaria, day surgery, superamento del day hospital medico, lungo degenza – nelle sue varie forme – post acuzie, cure intermedie/ospedali di comunità, rete assistenziale socio sanitaria), con l’obiettivo dichiarato di conservare standard di elevata qualità, adeguati al mutare delle condizioni sanitarie e sociali, ma anche economicamente sostenibili.
 
Le conseguenze si possono riassumere in:
1. Riduzione numerica delle strutture ospedaliere.
2. Progressivo cambiamento del ruolo tradizionale dell’ospedale (concentrazione delle casistiche complesse, rapidissimo avanzamento della complessità e dell’efficacia tecnica e tecnologica, incremento dei costi, degenze più brevi e limitate alle fasi iperacute, integrazione in rete, sviluppo delle attività a distanza ecc…).
3. Riduzione dei letti ospedalieri non solo per la prospettata applicazione degli standard.
4. Riorganizzazione degli ospedali “per intensità di cura”.
5. Estendersi della pratica della chirurgia one day e/o quickly.
6. Mobilità dei professionisti, medici e non, dall’ospedale al territorio.
7. Implementazione di nuove strutture sul territorio, quali punti di riferimento anche fisici per la popolazione e porte di accesso e di integrazione di queste con la rete ospedaliera (cure intermedie, ospedali di comunità e rete sociosanitaria).
 
Tutto ciò ha delle ricadute immediate sulla professione che debbono farci riflettere su alcuni aspetti di ordine generale, sull’organizzazione del lavoro e sull’occupazione.
Le ricadute sulla professione ci impongono una riflessione:
1. Sulla necessità di ridefinizione delle competenze all’insegna delle capacità, delle conoscenza, dell’autonomia professionale e ai gradi di responsabilità, evitando o riducendo gli effetti negativi di una organizzazione “a canne d’organo” sull’ intero percorso diagnostico terapeutico e in sintesi sul percorso assistenziale.
2. Sugli effetti che questo “chance management” sta producendo o può produrre nella gestione nel suo complesso e non solo nella gestione del posto letto.
 
Ricadute sull’organizzazione del lavoro e sull’occupazione:
1. Problema degli esuberi che si possono creare con la riorganizzazione.
2. Ampliamento del fenomeno del precariato e contestuale prolungamento del periodo di precarietà.
3. Maggior integrazione funzionale con le cure primarie sia tra specialisti e Mmg sia delle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali.
4. Mobilità del personale sanitario dall’ospedale al territorio.
5. Graduazione delle funzioni dirigenziali sempre più monche nelle figure apicali.
 
Quali le risposte da dare? E come muoversi?
È necessario coordinare le singole azioni, muoversi conoscendo e prefigurando l’obiettivo che si vuole raggiungere sapendo che in alternativa altri prenderanno le decisioni e noi ne subiremo le conseguenze.
 
Principali campi di riflessione e di azione
1. Chiarire le responsabilità sia di ordine professionale che di ordine gestionale
• In attesa di modifiche a livello nazionale, a livello locale ogni volta che si riorganizza qualcosa nell’informazione che, comunque deve essere data ai sindacati, vanno individuate le responsabilità in modo chiaro ed inequivocabile.
• Contrastare l’organizzazione a canne d’organo che spezzettando i processi assistenziali ne vanificano l’esito.
• Aprire il dialogo con le professioni sanitarie e governare il processo di riordino delle competenze.
 
2. Favorire l’eventuale uscita degli esuberi
• Facilitare l’uscita di coloro che potrebbero con le regole pre Fornero.
• Per gli altri, in caso di esuberi/ristrutturazione, a richiesta dell’ interessato, applicare le norme della risoluzione consensuale onerosa già prevista nei Ccnl.
• Aprire il “passaggio” alla specialistica territoriale (ex sumai) e con diritto di prelazione.
 
3. Riqualificare la progressione di carriera perdurando la riduzione delle strutture apicali
• Sviluppo delle graduazione degli incarichi dirigenziali sia in senso verticale che orizzontale nelle doppia valenza. professionale ed economica.: possibile anche con le attuali regole contrattuali. Non è più tollerabile che la meritocrazia sia solo uno slogan e poi nei fatti se si sbaglia si viene puniti e se si ha una elevata performance si può anche essere “ declassati”.
• Rivedere la tassonomia non per cambiare etichette, ma per dare spinta ad un reale e contestuale contenuto alle varie posizioni previste dalla graduazione delle funzioni dirigenziali.
 
4. Come favorire l’ingresso di nuove risorse
• Stabilizzazione, previo concorso riservato (!) dei precari dopo un periodo di 3 (?) anni.
• Applicazione delle nuove regole previste nel D.lgs  ministro Poletti anche al precariato in sanità?
• Percorso formativo degli specializzandi che si conclude in ospedale (ultimi due anni?).
 
5. Posizione da prendere sul superamento /chiusura delle strutture di piccole dimensioni e/o su reparti che non hanno sufficienti competenze (quali/quantitative). Problematiche analoghe riguardano il superamento dei reparti che non hanno “sufficienti” (a norma di legge e/o dei evidenze scientifiche) prestazioni per garantire sicurezza e le competenze necessarie (es. reparti di ostetricia con numero di parti anno inferiori a 500.
 
Tra una politica del muro contro muro è preferibile
• Privilegiare la sicurezza degli operatori e dei cittadino (garanzia della competenza).
• Governare i processi di mobilità (vedi sopra).
• Governare il passaggio verso gli ospedali di comunità.
 
6. Integrazione con gli specialisti ambulatoriali e Mmg
• Favorire le procedura delle dimissioni protette.
• Inviare al Mmg le lettere di dimissione ed eventuale suo coinvolgimento, anche prima della dimissione, nei casi che richiedono particolari “attenzione/monitoraggio” una volta che il paziente venga dimesso a domicilio.
• Concordare procedure o Pdta con il coinvolgimento di tutte le parti interessate.
• Individuare nella rete complessive assistenziali le competenze degli uni e degli altri favorendo una logica “in continuum” e non di “separati in casa”.
 
Per concludere una sintesi sul nuovo profilo, che si sta creando, degli ospedali
• Ospedali per acuti e non per cronici.
• Maggior complessità assistenziale.
• Il posto letto non più il principale o l’indice privilegiato per definire l’importanza o meno di quello o questo ospedale.
• Il posto letto non più il solo parametro per definire anche le risorse umane da assegnare
• Ospedali non più cattedrali nel deserto.
• Realtà variabili ed in continuum con la sua area territoriale di riferimento.
• Superamento delle aree di degenza per disciplina.
• Riorganizzazione dei dipartimenti ospedalieri.
• “Gerarchizzazione” degli ospedali e non ospedali autosufficienti.
 
A cura del Gruppo di lavoro: Mario Lavecchia, Francesco Melandri, Vincenzo Boccia

17 giugno 2014
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