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Pillola dei cinque giorni dopo: 7 ginecologi su 10 non la prescrivono per colpa del test


L’obbligo del test di gravidanza rende complessa la prescrizione del farmaco. È quanto emerge da un’indagine realizzata per la Società medica italiana per la contraccezione su 200 ginecologi. Anche i dati di vendita mostrano un andamento molto inferiore rispetto ai partner europei.

17 SET - A quasi sei mesi dal suo arrivo nelle farmacie italiane, la contraccezione di emergenza a base di ulipristal acetato (Upa), comunemente chiamata “Pillola dei cinque giorni dopo” (nome commerciale: ellaOne), rimane ancora una chimera per molte donne italiane. Il motivo? L’obbligatorietà del test di gravidanza su beta-Hcg che spinge ben 7 ginecologi su dieci a non prescriverla nonostante ne conoscano ed apprezzino le caratteristiche migliorative rispetto ai farmaci precedentemente disponibili.
 
A fotografare i contorni del diritto negato è un’indagine realizzata per la Società Medica Italiana per la Contraccezione (Smic) da Datanalysis su un campione rappresentativo di 200 ginecologi equamente distribuito sull’intero territorio nazionale. Il 33% opera in consultorio, il 33,5% nei pronto soccorso ospedalieri e il 10% negli studi privati.
 
Il farmaco, lo ricordiamo, oltre all’obbligo di ricetta medica non ripetibile, prevede infatti (unico caso al mondo) anche l’obbligo per la donna di effettuare un test di gravidanza prima della prescrizione e il contestuale obbligo per il medico di verificarne l’esito prima di prescrivere il farmaco.
 
“Questi dati – ha spiegato Emilio Arisi, presidente della Società Medica Italiana per la Contraccezione – confermano quanto avevamo già paventato prima della decisione assunta dall’Aifa di inserire l’obbligatorietà del test su beta-Hcg nelle modalità di impiego del nuovo farmaco, ossia che questo avrebbe rappresentato un rischio concreto di inaccessibilità o comunque di difficoltà e ritardo nell’accesso alla contraccezione d’emergenza. Un’anomalia tutta italiana che sta penalizzando in primis le donne che devono sottoporsi a un test spesso non necessario per poter ricevere un farmaco che risulta sempre comunque più efficace delle precedenti formulazioni. Se viene utilizzato nelle prime 24 ore dal rapporto a rischio di gravidanza non desiderata – ha aggiunto Arisi – è tre volte più efficace delle precedenti preparazioni a base di levonorgestrel, e comunque lo è due volte di più nelle prime 72 ore”.
 
Confronto Italia Germania.
Anche i dati di vendita, dell’azienda produttrice, indicano in maniera chiara che l’imposizione tutta italiana diventa un deterrente negando, di fatto, alla maggioranza delle donne il diritto di accesso alla nuova contraccezione d’emergenza. Basta dare un’occhiata ai numeri relativi alle somministrazioni di ellaOne in Germania e Italia.
In Germania, dove la legislazione ha caratteristiche simili a quelle adottate nel nostro Paese, ma senza l’obbligatorietà del test, e c’è un indice di prevalenza dell’uso di contraccettivi di emergenza addirittura leggermente inferiore di quello italiano, a cinque mesi dalla commercializzazione, sono state vendute quasi 13mila confezioni.
In Italia, nello stesso arco temporale dalla commercializzazione avvenuta lo scorso 2 aprile, sono state invece vendute circa 4.500 confezioni, e quindi quasi un terzo del dato tedesco.
 
Tirando le somme e confrontando i dati di prevalenza con quelli del paese d’Oltralpe, si può stimare che in Italia siano state vendute circa 5mila confezioni in meno di ellaOne rispetto alla domanda “reale” di questo farmaco. Il che significa che in questi mesi ad almeno 5mila donne italiane è stato impedito, di fatto, l’accesso al farmaco, e ciò. Come confermato dall’indagine Smic, proprio per colpa dell’inutile obbligo del test.
 
“I risultati dell’indagine ci indicano chiaramente come ai ginecologi ed ai medici italiani – ha spiegato Arisi – le norme attuali sull’uso di ellaOne creino difficoltà pratiche, anche laddove il medico voglia aiutare la donna ad affrontare un momento di dubbio o criticità legato al fallimento di un metodo contraccettivo. Peraltro questa imposizione si pone negativamente anche dal punto di vista dei costi per il Ssn, poiché è indubbio che la gran parte delle donne che richiede la contraccezione di emergenza lo fa perché non desidera una gravidanza, e quindi, se restasse gravida, percorrerebbe la scelta di un aborto volontario, con tutto ciò che ne segue. È dunque auspicabile che, dopo un breve periodo di valutazione, anche l’ente regolatorio italiano si adegui a quanto praticato in tutti gli altri Paesi dove ellaOne è commercializzata, abolendo l’obbligo di effettuare un test di gravidanza”.
 
 

17 settembre 2012
© Riproduzione riservata

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