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Forum Risk Management. Ssn a caccia di personale tra dimissioni, pensionamenti e fughe verso il privato. Ma le soluzioni ci sono

di Ester Maragò

Bisogna tornare a fidelizzare il personale, serve una valorizzazione economica e retributiva, un ripensamento dei procedimenti di approvazione dei Ccnl spesso in ritardo rispetto alle esigenze del sistema. E un incremento reale dei fondi contrattuali. Al Forum di Arezzo presentata anche la survey, promossa da Federsanità con la collaborazione con Crea Sanità, sulla posizione dei Dg  rispetto alle politiche legate al personale sanitario

25 NOV -

È il nodo più duro da sciogliere quello della carenza di personale. Un fenomeno che mette in luce in maniera impietosa la perdita di appeal del servizio pubblico. Tra pensionamenti, dimissioni inattese, cooperative e privato che “scippano” personale prezioso al pubblico, agenzie estere che reclutano giovani italiani per esportarli fuori dai nostri confini, siamo ormai all’allarme rosso. Ma le misure per arginare il fenomeno ci sono. Bisogna tornare a fidelizzare immediatamente il personale, serve una valorizzazione economica e retributiva e la precondizione sono la revisione dei tetti di spesa del personale e un ripensamento dei procedimenti di approvazione dei Ccnl spesso in ritardo rispetto alle esigenze del sistema. Occorre un incremento reale dei fondi contrattuali. E molto altro ancora.

Sono queste alcune delle indicazioni per uscire dall’impasse emerse nel corso dell’evento “Pnrr il governo delle risorse umane: fattore critico di successo” che si è tenuto oggi nel corso della giornata conclusiva del Forum Risk Management durante il quale sono stati presentati, da Federico Spandonaro, dell’Università San Raffaele di Roma e presidente del Comitato scientifico di Crea Sanità, i risultati di una survey promossa da Federsanità con la collaborazione di Crea Sanità.

“Il tema della carenza del personale c’è – ha detto Fulvio Moirano Ceo di Fucina Sanità aprendo i lavori – i concorsi in alcune discipline rimangono deserti anche per la non appetibilità della dipendenza pubblica. C’è un appiattimento delle retribuzioni e la conseguenza è che diventa difficile trattenere le migliori professionalità nel pubblico. Le stesse retribuzioni della dirigenza non sono adeguate. Non possiamo pensare che lo Stato italiano metta più soldi a meno che non le vada a prendere nel bilancio generale. Sicuramente le inefficienze nella sanità non mancano ma non dimentichiamo che quello della sanità è stato anche il settore che nella Pa ha pagato di più”

A scattare la fotografia dello stato dell’arte è stato Claudio Costa, Direttore delle risorse umane della regione Veneto. “Il fenomeno del turn over sta assumendo dimensioni significative nella sanità con fuga non solo nei Pronto soccorso ma anche in altre specialità – ha detto – c’è una carenza di professionisti, temporanea per gli specialisti, ma strutturale per gli infermieri: i posti di laurea in infermieristica non vengono totalmente coperti e il tasso di successo in scienze infermieristiche è del 75% rispetto al 90% dei medici. C’è un incremento delle dimissioni inattese, ossia prima del pensionamento, tra il 20 e il 21% come dimostrano i dati Anaao. In Veneto il sistema ancora tiene, come abbiamo rilevato da uno studio effettato nella nostra regione, abbiamo avuto 7,614 dimissioni inattese, in particolare nella fascia sopra i 31 anni e 8.635 pensionamenti. Ad andare via sono soprattutto i giovani, infermieri in particolare, con residenze fuori Regione che dal nord tornano verso il sud”.

E allora cosa fare? “Non è possibile tornare semplicemente ai modelli di gestione del personale pre pandemia anche perché a fonte di un turn over in aumento si corre il rischio di non trovare tutti i professionisti che servono sul mercato del lavoro – ha sottolineato Costa – l’incremento delle dimissioni è un sintomo di un disagio che va letto e intrepretato anche alla luce dei dati locali. Ma di certo le Aziende devono anche agire nell’immediato per fidelizzare il personale, così come servono sicuramente anche interventi strutturali e molto si può fare anche sul fronte di regole, norme e contratti vigenti”.

Bisogna poi pensare ad una valorizzazione economica. Tra le varie soluzioni, suggerisce, si dovrebbero prevedere: deroghe mirate al limite di incremento dei fondi contrattuali oggi fissato al valore del 2016; risorse aggiuntive regionali e defiscalizzare le quote del salario accessorio”. Ma bisogna anche valorizzare il personale. I sistemi di gestioni ancora troppo tarati su aspetti giuridici amministrativi e sindacali più che su valorizzazione e soddisfazione del personale. Meglio puntare su una “piena equiparazione degli incarichi gestionali e professionali in modo da disegnare il comparto percorsi di carriera per la dirigenza e sviluppare competente avanzare per le professioni sanitarie”.

Ma cosa pensano i direttori generali delle politiche legate al personale sanitario? A dare risposte a questa domanda e ad altre ancora è stata la survey promossa da Federsanità con la collaborazione di Crea Sanità. Una cinquantina di domande in tutto per gettare luce su uno dei nodi non affrontati dal Pnrr, che prevede una parte residuale di risorse per le spese correnti.

“L’idea è che, poiché il Pnrr è un investimento, dovrebbe essere affiancato da riforme strutturali – ha detto Spandonaro – purtroppo, del cambio delle regole che riguardano gli appalti o l’assunzione di personale non si parla più. Con la survey abbiamo voluto riportare al centro la questione delle risorse umane”.

La pandemia, ha proseguito Spandonaro, ha messo in luce come gli anni di blocco del turnover abbiano inciso sugli ospedali: si è riusciti a far fronte all’emergenza solo grazie a procedure in deroga. Tra gli elementi che sono emersi con più forza c’è la necessità di avere delle procedure d’incentivazione per le aree più marginali e regole più semplici per l’assunzione. Oggi non è ancora del tutto chiaro se la riorganizzazione della sanità territoriale comporterà necessariamente anche una revisione della rete ospedaliera, come sarebbe auspicabile. In ogni caso, prosegue, una migliore programmazione passa dal calcolo accurato dei fabbisogni e dalla comprensione delle modalità di utilizzo dell’esistente.

“L’aspetto che emerge dai dati internazionali è che l’Italia è poco attrattiva: un medico straniero preferisce andare a lavorare in altri Paesi dell’Europa meridionale invece che venire nel nostro Paese – ricorda Spandonaro – Questo per ragioni economiche – i nostri camici bianchi sono retribuiti peggio rispetto alle altre Nazioni – ma anche per regole interne e mancanza di flessibilità”.

“Viviamo una stagione di necessario mutamento organizzativo richiesto dal Pnrr. In questo contesto è improcrastinabile una seria e complessiva riflessione su vari aspetti critici, relativi al personale del Servizio sanitario nazionale. Occorre infatti – spiega Tiziana Frittelli Presidente nazionale di Federsanità a Dg dell’AO San Giovanni Addolorata – un’operazione poderosa di change management per la nuova sanità territoriale, ripensando profondamente l’assetto del personale sia sotto il profilo delle acquisizioni che su quello dell’organizzazione. È quanto mai necessaria una corretta programmazione dei fabbisogni in una prospettiva di medio termine che devono essere poi tradotti in fabbisogni formativi. Serve poi un tempestivo reindirizzamento dei programmi di formazione in ottica Pnrr, compresa l’alfabetizzazione tecnologica orientata alla teleassistenza. Infine – conclude – il tema degli incentivi e dei meccanismi premiali che sono la chiave di volta per superare le criticità attuali. Si tratta di aspetti che hanno trovato pieno riscontro nelle risposte alla Survey da parte delle Direzioni strategiche e che Federsanità considera centrali per un cambio di passo per mettere a terra la nuova sanitò di prossimità”.

Ester Maragò



25 novembre 2022
© Riproduzione riservata

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