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Medici, infermieri e professioni sanitarie. Il punto sul tavolo Ministero-Regioni

di Saverio Proia

Nessuno vuole "mini medici". Chi lo sostiene è vittima di un evidente abbaglio o di un preconcetto. Si vuole, invece, dar vita a un cambiamento complessivo dell’assetto produttivo in sanità che si sta già delineando e realizzando in vaste aree delle nostre Regioni

14 NOV - La salvaguardia del Servizio sanitario nazionale "credo che sia compatibile anche in prospettiva di una maggiore selezione e riduzione della spesa pubblica a patto che ci sia la ricerca di soluzioni razionalizzatrici ed innovative". Lo dice il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della giornata della ricerca sul cancro. 
 
Il capo dello Stato invita però a "guardarsi da atteggiamenti puramente conservativi e difensivi dell'esistente". "Il presidente Napolitano ha colto l'occasione per confermare la dinamicità del Servizio sanitario scelto con lungimiranza nel 1978 che oggi ci mette nei primi posti al mondo", ha commentato a sua volta il ministro della Salute Renato Balduzzi, e tuttavia per poterci rimanere occorre una manutenzione straordinaria, una trasformazione strutturale".
 
Parole sacrosante e giuste e lo sono ancor di più se si affronta la questione dell’organizzazione del lavoro in sanità e del rapporto tra la professione medica e le altre professioni sanitarie e tra queste con le altre lavoratrici e lavoratori del SSN, ad iniziare dagli operatori sociosanitari, che, per affrontare queste sfide, deve andare verso un profondo cambiamento che sia in grado di superare i reciproci steccati e di costruire una comune e forte prospettiva di uscita dall’attuale crisi.
 
Quale migliore strumento può essere fornito per raggiungere quest’obiettivo se non l’applicazione estensiva ed intelligente dell’insieme delle norme che hanno reso possibile la riforma delle professioni sanitarie, costruite con la necessaria mediazione e con il consenso largo sulle proposte arrivando con tenacia alla meta, senza cedere sui contenuti?
Non a caso sono state votate tutte all’unanimità costituendo la più profonda innovazione dell’organizzazione del lavoro, dell’ordinamento professionale e formativo realizzata in un comparto produttivo qual è il Ssn. Una riforma alla base del positivo, progressivo e progressista cambiamento complessivo dell’assetto produttivo in sanità che si sta delineando e già realizzando in vaste aree delle nostre Regioni. 
 
Per questo, non è più rinviabile un "patto tra pari": medici e professioni della salute e tra questi con i cittadini e la politica che sia in grado di dar vita a un nuovo e più consapevole protagonismo. E questo per difendere la casa comune (il SSN), consolidarla ed estenderla (abbandonando le antiche logiche dei desueti ma ancora attuali fortilizi delle proprie ed autoreferenziali competenze professionali), percorrendo insieme le nuove frontiere dell’innovazione e della comune ricerca di una diversa ed integrata modalità di operare in sanità che sia in grado di mettere unire competenze e saperi scientifici di più professioni sanitarie.
 
Lo svolgimento dei lavori del Tavolo tecnico Ministero della Salute–Regioni per l’implementazione delle competenze delle professioni sanitarie e per l’introduzione delle loro specializzazioni può, anzi deve, divenire l’occasione da sfruttare per elaborare, pensare, discutere e realizzare questa nuova soggettività del personale del SSN che è unico ed originale rispetto a tutti gli altri comparti lavorativi. Composto nella stragrande maggioranza da laureati delle professioni sanitarie e da laureati specialistici medici formati nella medesima facoltà universitaria (quella di medicina e chirurgia), tutti professionisti con un proprio specifico autonomo campo di intervento, periodicamente soggetto all’evoluzione scientifica, tecnologica e dei modelli organizzativi del lavoro propria del Servizio sanitario nazionale. Anche questo non ha pari negli altri comparti, se non, con diversi fattori, in quello della conoscenza (scuola, università e ricerca).
 
Una parte della rappresentanza sindacale e professionale della categoria medica sta osservando con preoccupazione i lavori di questa Tavolo tecnico paventando la realizzazione di una politica di aggressione e di esproprio di competenze casomai condizionata dall’attuale congiuntura economica.
L’obiettivo primario di questo Tavolo tecnico è l’esatto contrario di queste accorate preoccupazioni: si vuol, invece, restituire al medico l’essenza vera della sua centralità nel processo di tutela della salute, in tutte le fasi della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, sollevandolo e, è opinione condivisa di molti medici, “liberandolo” di alcune competenze, senza che comunque venga meno la sua titolarità delle stesse, che possono essere svolte da altri professionisti sanitari debitamente formati a ciò e con protocolli concordati tra medici e questi operatori.
Questo contribuirà anche a soddisfare la necessità di intervenire sulla domanda di prestazioni sanitarie aggredendo gli aspetti patologici dell’inappropriatezza e degli incrementi ingiustificati della spesa sanitaria e dei tempi di attesa.
 
Lo scenario che sottende la costruzione di questo nuovo Patto deve analizzare ed interpretare in forma ragionata ed analitica i processi complessi nei quali si è evoluta l'attuale organizzazione del lavoro in sanità.
L’elemento più dirompente ed innovativo, come si è detto, è dato dal fatto che le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e la professione di ostetrica negli ultimi vent’anni, in virtù della legislazione e normativa del settore, sono state oggetto e soggetto di una profonda evoluzione ordinamentale e formativa che non ha pari in altri comparti di attività.
 
E' stata una conquista di civiltà che ha avuto come ideatori e sostenitori settori larghi della stessa professione medica, proposta e portata avanti da governanti e deputati provenienti da questa professione che sono riusciti con la loro competenza e passione a fare approvare, come abbiamo detto, le leggi di riforma delle professioni sanitarie all’unanimità nelle aule parlamentari, evento raro ed apprezzabile. 
Il consolidarsi di questo fenomeno ed anche, ma questo fattore non è il fattore determinante bensì collaterale, la previsione di un ridimensionamento fisiologico della presenza attiva di laureati abilitati alla professione medica nel Ssn, che comunque rimane alto rispetto alla media degli altri Stati dell’Unione Europea (ci sarà un calo del numero dei medici non ci sarà una loro carenza), ha posto al Ministero della Salute ed alle Regioni la necessità di rivisitare le competenze di queste professioni sanitarie per meglio interpretare e liberare il loro potenziale operativo nella forma più estesa possibile sulla base della vigente normativa, che in parte larga è ancora inattuata.
 
Questa scelta è positivamente rafforzata dalle sperimentazioni positive già in essere, con il verificato gradimento positivo degli operatori, degli amministratori e soprattutto dei cittadini, in alcune Regioni, proposte e portate avanti da alcune Società scientifiche mediche e da alcuni Ordini provinciali dei medici, nonché da analoghe consolidate esperienze di altri sistemi sanitari europei ed americani.

Per questi motivi è operante, in virtù di una proposta avanzata dalla Commissione Salute del Coordinamento degli Assessori alla Sanità delle Regioni e delle Province autonome e condivisa dal Ministro alla Salute, il sopra ricordato specifico Tavolo tecnico Ministero della Salute e Assessorati regionali alla sanità con il compito di elaborare proposte per l’implementazione delle competenze delle professioni sanitarie e per introdurre per tali professionisti le specializzazioni previste dall’art.6 della legge 43/06.
 
Il mandato affidato a questo Tavolo tecnico, quindi, è quello di individuare le modalità con le quali possono essere attribuiti atti e competenze agli infermieri e ad altri professionisti sanitari per la loro formazione universitaria e per il loro attuale ordinamento professionale anche avvalendosi di una formazione complementare da svolgere da parte del Ssn, in collaborazione con le università (recuperando e rafforzando la funzione didattica e di ricerca delle Aziende Sanitarie). O con una formazione universitaria, sia con master specialistici che rivedendo gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea, al fine di sollevare, ma non esonerare, i medici dalla effettuazione degli stessi, senza che comunque venga meno la loro titolarità di queste competenze, permettendo invece alla professione medica di esercitare appieno competenze più complesse o elevate, proprie del suo lungo percorso universitario di laurea e di specializzazione e della sua funzione dirigenziale.
 
Ne consegue che è quindi proprio il medico il primo destinatario e beneficiario di questo provvedimento, non il presunto danneggiato: il suo “tempo clinico” ed il suo operato professionale verrebbero quindi messi in condizione di meglio essere apprezzati ed utilizzati.
Una nuova e più attuale centralità del ruolo e della funzione del medico con una conseguente valorizzazione ed apprezzamento delle altre professioni sanitarie è l’effetto che potrà essere prodotto dall’attuarsi di questo processo di ridefinizione delle rispettive competenze.

Lo svolgimento di una siffatta ricomposizione delle competenze professionali prevederebbe, naturalmente, l’avvio in tempi rapidi di un processo di coinvolgimento nelle fasi di elaborazione, attuazione, monitoraggio e verifica da parte di tutti i soggetti interessati. Ad iniziare dalle rappresentanze professionali mediche ed infermieristiche e delle altre professioni sanitarie nonché delle parti sociali, al fine di costruire il massimo di partecipazione, comprensione e condivisione. Per questo Ministero e Regioni hanno messo in atto una consultazione, ancora in corso, con tutti i soggetti interessati professionali e sindacali che ha pochi precedenti.
 
Infatti un processo così complesso e complicato che vuole interpretare, dalla parte dell’interesse duplice dei cittadini e degli operatori, l’evoluzione in atto nell’organizzazione del lavoro nel Ssn deve essere vissuto dai medici e dagli altri professionisti sanitari, come il “loro processo” per produrre nella forma più avanzata, efficace ed efficiente “salute individuale e collettiva”, adeguando competenze e ruoli secondo le esigenze comuni di cambiamento e non perché sia l’effetto di una direttiva, per quanto illuminata possa essere, emanata senza la condivisione, la partecipazione ed il contributo, anche critico se serve, di chi la debba mettere in essere.
 
Per questo Ministero della Salute e Regioni intendono dar vita, ad un confronto realmente esteso e partecipato, non solo per verificare e ricercare il consenso a questo progetto di profondo cambiamento ma anche per avere proposte di modifica in termini di ulteriore miglioramento e perfezionamento aprendo a fasi successive di monitoraggio, verifica e, se del caso, aggiustamento in corso d’opera, del processo di ridefinizione delle competenze delle professioni sanitarie, nel senso della loro implementazione, che dovranno vedere sempre protagonisti questi stessi soggetti professionali e sindacali: è un processo così articolato e profondo che si può realizzare solo con la partecipazione attiva e protagonista delle professioni mediche e sanitarie coinvolte .

Il tutto costituisce certamente una grande sfida di modernizzazione dell’organizzazione del lavoro e delle relazioni interprofessionali da accettare con convinzione, condivisione e partecipazione.

Il Tavolo tecnico allo stato attuale sta rielaborando, anche attraverso il confronto con le parti professionali interessate, la proposta riguardante le professioni infermieristiche e sta elaborando quella di tecnico sanitario di radiologia medica. Quest’ultima in una modalità innovativa che potrebbe valere, è augurabile per le altre professioni, in quanto per una intelligente scelta sia le Regioni che il Ministero hanno indicato come loro esperti anche esponenti ai massimi livelli sia dei tecnici di rx che dei medici radiologi e, sin dall’inizio, si è chiesto l’apporto dei contributi in materia da far pervenire insieme alle società scientifiche dell’area medico-radiologica e fisico sanitaria nonché dei tecnici sanitari di radiologia medica e della loro Federazione dei Collegi professionali.

Ma soprattutto si è impegnati al confronto su quest’argomento in ogni sede possibile sia di convegni sindacali che professionali e non ultimo alla stessa Assise del Forum sul risk management di Arezzo in una specifica sessione che vedrà partecipi tutti i soggetti interessati il prossimo 21 novembre.


E’ evidente, come già ho avuto modo di sottolineare, che non si vuole dare vita a "mini medici" e che chi lo sostiene è probabilmente vittima di un evidente abbaglio o di un preconcetto. Si vuole, invece, lo ribadisco percorrere insieme la nuova frontiera di competenze professionali che in forma dinamica si implementano sulla base dell’evoluzione scientifica e tecnologica nonché di quella ordinamentale e formativa anche in ambiti professionali che per alcuni segmenti dell’organizzazione del lavoro possono essere anche comuni tra medici e professioni sanitarie, senza che vi sia lesa maestà dell’atto medico. Come già nei fatti è nei servizi e nei presidi sanitari e sociosanitari ospedalieri e territoriali di quelle Regioni più avanzate.
 
Saverio Proia

14 novembre 2012
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