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Fadoi. I malati “complessi” vanno curati in Medicina Interna. Qualità e risparmio per il Ssn


Un italiano su 5 è un malato “complesso” affetto da più di una malattia. Dal cancro allo scompenso cardiaco all’ictus, dalla polmonite alle Bpco e molte altre ancora. Secondo uno studio Usa, nella Medicina Interna, degenze più brevi e costo assistenza inferiore di 282 dollari per paziente trattato.

23 NOV - Il 20 per cento della popolazione italiana – ben dodici milioni di persone – fa i conti con almeno due malattie croniche. La stragrande maggioranza ha più di 55 anni. Un esercito di circa 9,5 milioni di pazienti composto soprattutto da donne. “Tra le over 55 – sottolinea Carlo Nozzoli, presidente nazionale della Fadoi - sono infatti più di 6 milioni (il 56%) quelle colpite da almeno due patologie. E la presenza di più patologie croniche diviene tanto più frequente all’avanzare dell’età: 7 anziani su 10, tra quelli con più di 75 anni, sono affetti da almeno due malattie. Ma la pluripatologia non risparmia nemmeno i più giovani: nella fascia di età tra i 45 e i 54 anni 1,4 milioni di italiani (il 16,6%) soffrono di almeno due malattie croniche”. 
 
Una situazione complessa che chiama il medico ad adottare nuove strategie di cura per arrestare attacchi che arrivano da più fronti. E nel corso del IX congresso della Federazione dei medici internisti del Lazio (Fadoi) - organizzato nella Capitale il 23 e il 24 novembre -, i medici internisti hanno riaffermato il proprio ruolo nel contrastare il fenomeno della co-morbilità e mettere in pratica una medicina cucita sul paziente. Anche perché dei circa 722mila ricoveri ordinari e circa 357mila in day hospital effettuati nel Lazio nel 2101 oltre 450mila sono avventi in area medica e di questi quasi l’80% nei reparti di Medicina interna. 
 
“La sanità – ha affermato Ruggero Pastorelli, presidente della Fadoi Lazio - sta assistendo ad un cambiamento epocale che chiama il medico a rapportarsi a una nuova ‘specie’ di pazienti sempre più complessa e con una pluralità di patologie. Oggi infatti, più che parlare di co-morbilità - un concetto che descrive una patologia “dominante” a cui se ne associano altre secondarie - dobbiamo parlare di multi-morbilità: ossia di un insieme di malattie che minano lo stato di salute complessivo dei pazienti. Una categoria di pazienti per i quali occorre individuare i percorsi più idonei e le priorità di cura per arrivare ad una medicina cucita su di loro, che il medico internista è perfettamente in grado di realizzare. Possiamo infatti giungere a una diagnosi, anche la più complessa, grazie a competenze che spaziano in quasi tutte le discipline mediche per tenere quindi le fila delle diverse specialità coinvolte nell’assistenza al paziente guardando al paziente nella sua totalità”. 
 
La complessità in pratica
Per capire nel concreto il problema della complessità basta un giro in un reparto di medicina interna. Come emerso da studi condotti da Fadoi, la Medicina interna ospita pazienti “complessi”, anziani e non, quasi sempre in condizioni di urgenza e affetti da più malattie. Dal cancro allo scompenso cardiaco all’ictus, dalla polmonite alle Bpco le patologie trattate dai medici internisti. E a queste si aggiungono ipertensione, aterosclerosi, anemia, diabete, insufficienza renale, neuropatie, aritmie cardiache o patologie reumatologiche.
Di fronte a questo complesso di patologie occorre impostare l’assistenza tenendo conto dell’impatto che essa può avere sulle altre patologie concomitanti.
“Pensiamo a un paziente con polmonite che non abbia altre patologie – ha spiegato Dario Manfellotto, past president della Fadoi Lazio – a questo paziente il medico potrà somministrare vari antibiotici. Ma se questo paziente avesse anche un’insufficienza renale cronica, il discorso cambia: sarà necessario valutare se è possibile prescrivere quell’antibiotico, a quale dosaggio somministrarlo e occorrerà tenere conto di numerose altre variabili per contemperare la necessità di un trattamento al disturbo immediato con quella del rispetto della condizione clinica. In questo contesto si inserisce la figura dell’internista, un medico formato alla complessità. In grado di affrontare molte patologie, singolarmente e nel modo in cui interagiscono. E grazie a queste conoscenze, restituire una visione a 360 gradi”. 
 
I costi della complessità: se gestita nella medicina interna costa meno
Nel congresso Fadoi Lazio, è stato anche illustrato un recente studio pubblicato sugli Annals e condotto nel Texas, in cui nel periodo 2001-2006 era stata arruolata una coorte di pazienti Medicare ricoverati in ospedale. Questo campione era costituito da pazienti con copertura assicurativa sia Medicare A (cure ospedaliere, assistenza infermieristica e domiciliare) che Medicare B (servizi medici fondamentali: consulenze specialistiche, assistenza ambulatoriale, alcuni servizi di prevenzione), curati durante l'ospedalizzazione dall'hospitalist, una realtà assistenziale paragonabile al ruolo svolto in Italia dai reparti di Medicina Interna.
I pazienti curati dall'hospitalist presentavano una durata della degenza di 0.64 giorni più breve e costi di degenza ospedaliera ridotti per un valore di 282 $ per paziente trattato.

23 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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