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Verso le elezioni. Troise (Anaao): “Riportiamo la sanità nell’agenda politica” 


Tante buone intenzioni ma con pochi risultati. Questo il bilancio del segretario nazionale dell’Anaao Assomed sulla politica sanitaria del 2012. Ora serve un impegno chiaro dei partiti per garantire un modello di welfare che assicuri un sistema sanitario pubblico, equo e universalistico.

09 GEN - Conquistano la sufficienza le politiche sanitarie messe in atto dal governo tecnico, ma più per le buone intenzioni che per i risultati conseguiti. Per il segretario dell’Anaao Assomed Costantino Troise, il 2012 è stato caratterizzato da un’alternanza di luci e ombre, e ora si aspetta dalla politica un chiaro impegno per garantire un modello di welfare che assicuri un sistema sanitario pubblico equo e universalistico. E non solo, chiede ai partiti di valorizzare il lavoro dei professionisti e trovare una soluzione all’enorme problema della responsabilità professionale dei medici. Servirebbe però anche una riforma vera e propria della sanità “perché sono stati messi in discussione o sono venuti meno moltissimi pezzi del sistema costruito nel 1999 con la 229”
 
Dottor Troise, tiriamo un bilancio sulle politiche sanitarie del Governo tecnico?
Le politiche sanitarie del 2012 sono state caratterizzate da un andamento intermittente in un gioco di luci e ombre. Se dovessi dare un voto al Governo dei tecnici assegnerei un “diciotto”. Non che siano mancate molte buone intenzioni, peccato si siano scontrate con la realtà dei giochi parlamentari, e non solo. Tra le luci metterei la manifestazione nazionale del 27 ottobre, una grande prova di orgoglio professionale, di forza e di fiducia in se stessi e nel futuro della sanità italiana. Un’assunzione di responsabilità del gruppo dirigente che ha posto problemi di carattere generale nell’interesse della collettività, senza dimenticare le questioni di legittimo interesse della categoria. Tra le positività inserirei poi anche il tentativo di ripensare il federalismo portato alla luce dal braccio di ferro che ha impegnato le Regioni, prima con il Parlamento con il Ddl sul governo clinico e poi con il Ministero. Questo forse ha convinto un po’ tutti che un federalismo rabberciato come quello vissuto in sanità ha prodotto più guasti che benefici, a cominciare dal disastro dei conti per finire con le diseguaglianze cresciute al punto di mettere in discussione l’unitarietà del diritto alla salute.
 
Quali sono invece gli aspetti negativi?
L’attacco a tutto campo condotto alla sanità pubblica. Un assalto che la metterà a rischio di equità, e non nel 2050 come molti economisti sostengono ma già nei prossimi tre quattro anni. Un tentativo neanche troppo latente di creare un sistema povero lasciato alle sole fasce indigenti.
 
Cosa chiede ora dalla politica?
Una chiarezza di impegno nei confronti dei cittadini ai quali si chiede il voto. Garantire un modello di welfare che assicuri un sistema sanitario pubblico, equo e universalistico è una questione di democrazia e spetta ai partiti dimostrare buon senso nel realizzarlo. Parlare di sanità pubblica significa discutere dell’idea stessa che un Paese ha di se stesso come comunità sociale e civile che tutela l’esigibilità dei diritti. E il diritto alla salute è l’unico riconosciuto dalla Costituzione come fondamentale. Chiedo ai partiti di valorizzare il lavoro dei professionisti che oggi consente al sistema di produrre risultati con costi largamente inferiori alla media europea; di valorizzare il peso e anche il rischio che il mestiere del medico comporta. Questo vuol dire assumere il valore del lavoro come elemento di sicurezza delle cure, e l’onere di trovare una soluzione all’enorme problema della responsabilità professionale dei medici rispondendo ai guasti legati alla medicina difensiva che questo ha creato.
 
Soluzioni per uscire dall’impasse?
Dobbiamo costruire un’alleanza terapeutica tra cittadini, medici e istituzioni, solo così salveremo il sistema sanitario garantendo, anche se con i necessari mutamenti, i risultati di salute osservati in Italia. Soprattutto servirebbe una riforma vera e propria della sanità, perché sono stati messi in discussione o sono venuti meno moltissimi pezzi del sistema costruito nel 1999 con la 229. Occorre ripensare all’assetto istituzionale, quindi a un nuovo equilibrio tra Governo centrale e Regioni, ma anche ad un nuovo assetto nel sistema delle cure trovando un equilibrio tra cure primarie e specialistiche. E ancora, bisogna ripensare al modello aziendalistico che sta mostrando tutti i suoi limiti. Insomma, è necessario rimettere a sistema un insieme di pezzi, ripensandoli tutti in funzione di una nuova unità.
 
Il decreto Balduzzi non ha favorito questo intento?
Come ho già detto, le azioni del Governo non sono riuscite, al di là delle intenzioni, a trovare né a dare soluzioni stabili, ancorché parziali. I risultati sono stati quindi al ribasso.
 
Timori per il futuro?
Svariati. Temo si continui ad attuare una politica economicistica di tagli lineari e a frenare il sistema sanitario dichiarandone l’insostenibilità. Temo si prosegua con la ceca ossessione della riduzione dei costi fissi. Una politica che per far quadrare i conti ha visto nel personale medico un costo da tagliare subito, dimenticando che per ogni medico rottamato si portano via pezzi di servizio sanitario che non saranno sostituiti e che sono spesso insostituibili. Temo infine si continui a negare il diritto di contrattare le condizioni del propri lavoro e a vedere nei medici il peggio del pubblico impiego dimenticandone il valore sociale e la specificità del lavoro condotto.
 
Pessimista quindi?
No, sono moderatamente ottimista. Penso si possa riportare la sanità nell’agenda politica conducendo una discussione vera sgombra da pregiudizi ideologici. Sono anche ottimista sul fatto che la nostra categoria professionale sia in grado di riscoprire e riaffermare il proprio ruolo dirigente e il valore del lavoro svolto. Ora però aspettiamo le elezioni, ma vigileremo affinché non vengano eluse le questioni che abbiamo posto e che continueremo a riproporre.
 

09 gennaio 2013
© Riproduzione riservata

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