Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Giovedì 25 APRILE 2024
Lavoro e Professioni
segui quotidianosanita.it

Infermieri Vs medici. Di troppe "corporazioni" si muore

di Roberto Polillo

La battaglia tra le diverse professioni sanitarie è per sua stessa natura una battaglia corporativa. E anche gli Ordini ci mettono del loro. Per questo spetta allo Stato trovare il giusto punto di mediazione per quanto riguarda competenze e responsabilità tra i diversi professionisti del campo sanitario 

15 FEB - Dopo il lungo silenzio del governo Berlusconi, che aveva tanto promesso alle professioni sanitarie ma che nulla aveva realizzato, il processo di riordino di questo specifico campo della vita istituzionale si è di nuovo messo in moto. E il punto di partenza è esattamente il punto di arrivo del Governo Prodi e del Ministro Turco.
 
Ricordo di quanto intensa sia stata allora l’attività del Ministro Turco e del sottosegretario Patta con delega alle professioni sanitarie e di quanti siano stati i provvedimenti portati a termine in uno spazio temporale decisamente breve:
1. proroga dei termini temporali previsti dall’articolo 4 della legge 43/2006 per la istituzione degli ordini professionali delle professioni sanitarie;
2. accordo in sede di Conferenza Stato Regioni (maggio 2007) per la definizione del fabbisogno delle professioni sanitarie anche ai fini della programmazione e formazione universitari;
3. approvazione in sede di Conferenza Stato Regioni (seduta del 1 agosto 2007) delle seguenti intese:
    * istituzione della funzione di coordinamento in applicazione della legge 43/2006 articolo 6;
    * regolamentazione dei corsi ECM (in riferimento all’insieme di tutte le professioni sanitarie);
    * definizione del Fabbisogno dei medici specialisti.
4. istituzione con decreto del Ministro della salute del Comitato nazionale delle scienze infermieristiche e ostetriche finalizzato alla definizione delle linee guida per la nuova organizzazione del lavoro all’interno delle strutture sanitarie;
5. approvazione da parte del Consiglio superiore di sanità di nuovi profili di odontotecnico e di ottico;
6. recepimento della direttiva comunitaria N° 36/2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali;
7. istituzione della funzione di dirigente delle professioni sanitarie in applicazione della legge 251 art 6;
8. presentazione al Consiglio dei Ministri dello schema di decreto legislativo per la istituzione di tre ordini professionali delle professioni sanitarie.
 
Per quanto riguarda questo ultimo provvedimento ricordo ancora che dopo una prima bocciatura del Disegno di Legge delega, predisposto dal Ministro della Salute, da parte del CdM nell’Agosto 2007, fu presentato un nuovo testo che faceva proprie le tre principali questioni poste dall’Ufficio Legislativo di Palazzo Chigi:
* riduzione da 7 a 3 del numero di ordini proposti;
* definizione delle attività riservate a ciascun ordine e a ciascun albo e declamazione dell’esclusiva professionale per ciascun albo;
* rimando delle questioni di dettaglio a successivo regolamento di esecuzione.
 
Nonostante questo il provvedimento non vide la luce perché il nuovo testo venne sottoposto ad un vero e proprio fuoco di sbarramento con un’insolita quanto inedita alleanza tra la Federazione delle Ostetriche, che rinnegava quanto precedentemente concordato (verbalmente) in sede di confronto, e la Federazione dei Medici e degli altri laureati che consideravano la definizione delle attività riservate un’intollerabile invasione di campo
La concettualizzazione di professioni e il conflitto interprofessionale
Il concetto di “professione” ha subito una profonda evoluzione concettuale. Alla visione tipicamente Weberiana della “professionalizzazione” come processo legato al manifestarsi all’interno della società del XIX° secolo di criteri di reclutamento e di svolgimento dei compiti su base “burocratico-razionale” o a quello di tipo “funzionalistica” di Durkheim che vedeva nella logica corporativa la fonte basilare della solidarietà sociale sostitutiva della logica familiare, si sono sostituite visioni per così dire disincantate. Da un lato la professionalizzazione è stata considerata come un generatore di consenso sociale in un vero processo di collusione tra stato e associazioni professionali ( Navarro); dall’altro è stata intesa come una strategia volta al “controllo di tipo monopolistico” della legislazione relativa alle occupazioni e come un sistema di pratiche di esclusione che “provoca” la formazione di una divisione del lavoro piuttosto che esserne il risultato.
 
Sempre di più la professione appare come la “costruzione sociale” di un problema o di una serie di problemi su cui una categoria di attori , dopo averne delimitato i contorni, lotta per vedervi riconosciuta la sua esclusiva competenza ( legittimazione sociale e dominanza di mercato) in un regime di competizione con gli altri corpi professionali per quanto riguarda Tasks and juridictions ovvero :
1. mansioni e ambiti professionali: cosa deve essere fatto in ambito sanitario;
2. giurisdizione: chi ha il diritto o l’esclusiva per farlo.
 
E’ chiaro allora che il conflitto è parte integrante del processo di divisone sociale del lavoro sanitario e che ogni professione cerca di delineare il proprio campo di competenza esclusiva con tutti i mezzi ritenuti più idonei (dalla declamazione di principi tecnico-scientifici alla pressione lobbystica per finire al contenzioso legale). In tale visione è arduo accusare gli altri di corporativismo essendo il corporativismo inerente la stessa logica istituzionale che spinge una professione a definirsi tale. Ricordo a tal proposito come la dolorosa questione degli infermieri generici non poté trovare adeguata soluzione proprio per la irriducibile ostilità manifestata dal Collegio degli infermieri (IPASVI) contrari a qualsiasi ipotesi di “sanatoria” anche se regolamentata e subordinata al possesso di specifici requisiti.
 
La ripresa dell’attività legislativa del Ministro Balduzzi
A seguito della ripresa dell’attività legislativa da parte del Ministro Balduzzi, che ha trasmesso alla Conferenza Stato Regioni lo schema di revisione ed espansione delle competenze delle professioni sanitarie, si ripresenta oggi il conflitto tra quanti vogliono mantenere per le professioni sanitarie un ruolo ancillare e quanti pretendono una piena autonomia anche in tema di libera professione.
Ritengo che entrambe le posizioni siano sbagliate. Se da un lato è giusto ampliare le sfere di competenza delle professioni sanitarie sul modello di quanto è già presente nei paesi anglofili e di quanto hanno già cercato di fare alcune regioni, dall’altro va ribadito il concetto che la diagnosi medica è un atto di esclusiva competenza dei medici e che pertanto tale campo deve restare inviolato. Una cosa è dire che in un ambito ben delineato di patologie l’infermiere “specializzato” può utilizzare determinati presidi terapeutici sulla base di un protocollo predefinito in ambito dipartimentale o di DEA, ma altro è pensare che esista una sfera di autonomia sine condicio nella fase non esclusivamente dedicata alla assistenza del paziente. E conseguentemente non può esistere la possibilità di esercitare la libera professione in autonomia perché la diagnosi, che è alla base di ogni prestazione alla persona, è e deve restare una esclusiva di chi ha maturato una preparazione olistica sulla diagnosi e trattamento delle patologia umane. Essa non è alla portata di chi si è formato su un unico campo della medicina e su un livello che prescinde dalla attività diagnostica stessa.
 
Voglio sottolineare un ultimo aspetto. Ero e rimango convinto della scarsa utilità degli ordini professionali. Si è sempre detto che la funzione degli ordini è triplice:
1. azione di magistratura nei confronti dei propri iscritti;
2. tutela del cittadino stante l’asimmetria informativa esistente;
3. ricertificazione della laurea e delle skills dei professionisti.
 
Ricordo che finora nessuno dei tre obiettivi è stato raggiunto e forse nemmeno perseguito con adeguata convinzione. Non il primo perché i provvedimenti disciplinari sono sempre e costantemente successivi al pronunciamento della magistratura ordinaria onde evitare azioni di rivalsa da parte del professionista sanzionato. Non il secondo perché negli ordini non è prevista la partecipazione dei cittadini o dei loro legittimi rappresentanti e quindi viene perpetrata l’asimmetria che si vorrebbe colmare. Non il terzo perché la ricertificazione della competenze è diventato un obbligo di legge attraverso il sistema ECM che rende non superfluo ma sicuramente inessenziale il ruolo degli ordini.
 
Conclusioni
In conclusione la battaglia che oppone le diverse professioni sanitarie è per sua stessa natura una battaglia corporativa in cui il richiamo all’articolo 32 della Costituzione e alla tutela del cittadino è uno dei tanti miti razionali secondo la definizione che ne danno gli studiosi neo-istituzionalisti, utilizzati per ottenere legittimazione sociale e in termini più prosaici per raggiungere o consolidare una posizione di dominanza nel processo di divisione del lavoro sanitario. E’ soprattutto questo il vero obiettivo che spinge ogni albo o associazione a chiedere con insistenza la istituzione di un proprio ordine. Ed è questo il rimosso e l’interdetto che nessun albo o associazione può esprimere pena la perdita di credibilità in termini di professionalizzazione un cui requisito è proprio la non mercatizzazione delle proprie attività e quindi l’indifferenza alle leggi del mercato.
 
Sono queste le ragioni che devono spingere lo Stato ad esercitare il massimo della vigilanza non essendo possibile né opportuno delegare a nessun altro organismo la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti ad ogni cittadino. Ed è sempre lo Stato come il buon padre di famiglia che deve trovare il giusto punto di mediazione per quanto riguarda competenze e responsabilità tra i diversi professionisti del campo sanitario.
 
Roberto Polillo
 

15 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Lavoro e Professioni

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy