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Test genetici? In Italia un uso inappropriato


Nel nostro Paese c’è un utilizzo non appropriato dei test genetici predittivi. A lanciare l’allarme sono i medici igienisti della Siti, la società italiana di igiene e medicina preventiva. Ladisponibilità dei test, denunciano in uno studio presentato al 44° congresso nazionale della società,sembra, infatti, essere guidata più dalla fattibilità tecnica e dal potenziale commerciale che dalla medicina basata

05 OTT - Test genetici predittivi da “manipolare” con cura. Per i camici bianchi della Sitila messa a disposizione di questi test genetici - che consentono di rilevare la presenza di un genotipo mutato che pone l’individuo a un rischio più elevato di sviluppare in futuro una malattia - dovrebbe essere basata sulle raccomandazioni professionali basate sull’evidenza empirica. Cosa che non avviene affatto. Anzi, la disponibilità di questi test sembra essere guidata più dalla “fattibilità tecnica e dal potenziale commerciale piuttosto”. Per questo i medici reclamano una valutazione rigorosa, una formazione specifica degli operatori sanitari e l’individuazione di modelli organizzativi efficaci di offerta.. “Dopo lo sviluppo e la validazione di un nuovo test genetico . ha spiegato Paolo Villari del Dipartimento di sanità pubblica e malattie infettive dell’Università La Sapienza di Roma - dovrebbe essere esplorato accuratamente il contesto in cui il test viene utilizzato, ovvero dovrebbe essere valutata la prevalenza della patologia e della mutazione;l’accuratezza del test genetico nell’identificare la presenza della mutazione; l’associazione tra il genotipo e il fenotipo clinico; la disponibilità e l’efficacia degli interventi atti a prevenire la malattia; i costi associati allo screening, al follow-up e ai trattamenti preventivi. Le raccomandazioni professionali dovrebbero, pertanto, essere basate su queste analisi, includendo la formulazione di linee-guida per la pratica, e solo in seguito i test dovrebbero essere resi disponibili per i medici e i professionisti della sanità pubblica”.
Invece gli scenari attuali raccontano che in Italia, così come negli altri Paesi sviluppati, la disponibilità di questi test sembra essere guidata più dalla “fattibilità tecnica e dal potenziale commerciale che dalla medicina basata sull’evidenza”. Insomma, aggiunge Villari: “Spesso i test genetici sono passati direttamente dallo sviluppo e dalla validazione preliminare alla pratica, senza approfondire le conoscenze riguardanti le implicazioni di salute pubblica, economiche, e psicosociali dei test stessi”.
Tirando le somme, esistono diverse evidenze che dimostrano un utilizzo non appropriato dei test genetici. Ecco perché occorre una formazione ad hoc. E sono gli stesso medici a chiedere specifici corsi post-laurea.
Da un’indagine presentata al Congresso Siti, emerge, infatti, che se una percentuale elevata di medici igienisti conosce la definizione di test genetico predittivo, le conoscenze risultano meno elevate quando si affrontano argomenti specifici quali la validità analitica, la validità clinica e l’utilità clinica. Soltanto il 46,2% è a conoscenza della presenza di linee guida sull’utilizzo di alcuni test genetici predittivi. Il %0% è d’accordo sull’utilizzo dei principi di efficacia e di costo-efficacia per l’introduzione dei test genetici predittivi nella pratica clinica e di sanità pubblica, mentre la quasi totalità dei rispondenti sostiene la necessità di linee-guida basate sull’evidenza scientifica. Quasi tutti ritengono utili i test genetici per la prevenzione delle malattie se inseriti in strategie che tengono conto anche degli altri interventi sanitari disponibili. Infine la maggior parte dei medici igienisti (76,4%) giudica insufficienti le proprie conoscenze e il 75,6% ritiene importante migliorarle anche attraverso specifici corsi post-laurea.

05 ottobre 2010
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