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Sostenibilità Ssn. Smi: "Al Sud problema di governance, ma non mancano eccellenze"


Il Sindacato dei medici italiani, nel corso del suo convegno nazionale, ha dedicato ampio spazio alle sfide che attendono la sanità meridionale. Le difficoltà, più che il dispendio di risorse, riguardano il profilo organizzativo. E intanto aumentano le esperienze virtuose.

01 GIU - Il divario tra Nord e Sud rappresenta uno dei problemi più urgenti del nostro Paese e nella sanità si manifesta in tutte le sue contraddizioni. Sprechi, inefficienze ed enormi disavanzi di bilancio pesano come un macigno sulla gestione sanitaria delle regioni meridionali, poiché impongono restrizioni e spesso minano un’adeguata gestione organizzativa. Il quadro del Mezzogiorno non è però totalmente negativo, in quanto sono presenti numerose esperienze positive che costituiscono autentiche best practice. Ed è proprio su questi casi che si è concentrata la discussione del convegno “Sanità al centro sud, le buone pratiche, tra tagli e Piani di Rientro”.

In realtà anche i numeri certificano una realtà diversa da quella diffusa nella percezione comune, sfatando così alcuni luoghi comuni sulla sanità del Sud. Il centro studi dello Smi evidenzia infatti come la spesa sanitaria pubblica pro capite ammonti, a livello nazionale, a 1.842,6 euro. Il riscontro del Mezzogiorno risulta inferiore a quello italiano, con 1.787, 5 euro. Questo perché al Centro è di 1919,8 euro e al Nord di 1.850,9 euro. Cifre che smontano il teorema secondo cui il Sud assorbirebbe gran parte dei fondi pubblici.

Altra credenza confutata dallo Smi riguarda il legame tra deficit regionali e assistenzialismo. “Nel Centro-Sud la distribuzione della forza lavoro medica è in linea con la media nazionale (1,83 per mille abitanti), mentre la distribuzione degli infermieri (3,5) è sotto la media nazionale”. Per il Meridione il problema principale si pone a livello di governance, come evidenzia il fatto che Calabria e Campania sono nettamente le regioni con la più alta percentuale di posti letto privati accreditati sul totale dei posti letto previsti per acuti e non acuti. E soltanto Puglia e Basilicata presentano un’offerta di sanità accreditata sotto la media nazionale. Al Nord la rete ospedaliera è razionalizzata in maniera più adeguata e spesso gli effetti emergono anche in termini di efficienza. Più che lo spreco di risorse e l’eccessiva forza lavoro, il vero nodo irrisolto del Sud sembra quindi essere quello legato alla governance. La vera sfida passa per un miglioramento della capacità organizzativa.

Nelle regioni del Mezzogiorno non mancano poi le esperienze virtuose, considerate un esempio in tutto il panorama nazionale. In Campania “La rete per l’infarto miocardico acuto” sta ottenendo ottimi risultati, grazie a un modello organizzativo imperniato sul Sistema 118. L’intervento parte dal territorio e si coniuga efficacemente con un’organizzazione interospedaliera, applicando protocolli diagnostici-terapeutici e percorsi differenziati. Un altro caso da segnalare si registra in Molise, con i programmi di screening oncologici che stanno evidenziando notevoli e progressivi miglioramenti anche se richiederebbero una maggiore iniezione di finanziamenti in modo da poter includere tutte le fasce d’età.
In Puglia il piano di riconversione di 20 ospedali e un radicale rinnovamento del management gestionale hanno consentito un massiccio miglioramento delle cure primarie e un innalzamento del livello di assistenza per le malattie croniche, grazie soprattutto a un processo di informatizzazione che ha permesso di identificare e stratificare la popolazione anziana. In Sicilia il programma “Paziente cronico” ha determinato un’effettiva continuità della cura mediante la creazione di 45 ambulatori a gestione integrata e a una migliore selezione dei pazienti in termini di complessità.

Al termine del convegno organizzato dallo Smi, è stata presentata la Federazione della specialistica ambulatoriale (Fespa), una nuova sigla costituita Smi, Anaao, Cgil Medici, Sivemp, Fesmed-Aogoi che si pone l’obiettivo di “valorizzare il ruolo dello specialista tramite l’integrazione tra ospedale e territorio”.
 

01 giugno 2013
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