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Diabete. I medici promuovono a pieni voti il livello di cure dei centri di assistenza


È questo il giudizio dell’Associazione medici diabetologi (Amd) che negli “Annali 2010” sottolinea l’alta qualità dell’assistenza offerta nei centri di diabetologia italiani. Anche se esistono ulteriori margini di miglioramento. Le persone con diabete rappresentano ormai il 7% della popolazione, oltre 4milioni di italiani. Il 55% è maschio.

26 OTT - Promossi e a pieni voti i centri di diabetologia italiani. A dare il voto all’assistenza è l’Associazione medici diabetologi (Amd) che ha presentato a Milano i dati preliminari degli Annali 2010, il rapporto nazionale sulla qualità dell’assistenza offerta nei centri di diabetologia. Il  rapporto, alla quinta edizione, sarà presentato al V Congresso nazionale del Centro studi e ricerche Fondazione Amd, in programma a Firenze dal 18 al 20 novembre.
L’efficacia e l’efficienza della qualità della cura nei Centri di diabetologia sono stati, per la prima volta, misurati negli Annali con un indice, lo score Q (Qualità). “L’indice o score Q – ha spiegato Carlo Giorda, vicepresidente Amd – rappresenta la ciliegina sulla torta. Si tratta di una misura sintetica che valuta da un punto di vista qualitativo l’efficienza delle cure e dell’assistenza prestate, e conseguentemente l’efficacia nel prevenire le complicanze tipiche del diabete, dall’infarto all’ictus, ai disturbi alla vascolarizzazione, alla mortalità”.
L’indice Q è stato calcolato assegnando un punteggio sia alle modalità assistenziali - effettuazione delle misurazioni di emoglobina glicosilata (HbA1c, il parametro che determina il livello di controllo del diabete), pressione arteriosa, profilo lipidico, microalbuminuria - sia ai risultati ottenuti dalla cura, ossia il mantenimento di HbA1cal di sotto dell’8%, della pressione inferiore a 140/90 mmHg, del colesterolo LDL a meno di 130 mg/dl, all’impiego dei farmaci adatti alla protezione renale in caso di microalbuminuria. Il punteggio varia da 0 a 40, con tre classi: inferiore a 15, fra 15 e 25, maggiore di 25; un punteggio inferiore a 15 si associa a un eccesso di rischio di complicanze di circa l’80%, mentre un punteggio fra 15 e 25 si associa ad un rischio più alto del 20%.
Dall’analisi contenuta negli annali è emerso che l’indice Q dell’assistenza italiana è positivo: 24,9 nel diabete tipo 1, con i centri più efficienti al 29,1, e 24,3 con l’elite al 27,5 nel diabete di tipo 2. Inoltre è superiore al 90%la percentuale di persone con diabete che effettua la misurazione dell’emoglobina glicosilata, almeno una volta l’anno.Un risultato quindi eccellente. Non solo, è buono anche il grado complessivo di controllo della malattia nelle persone con diabete assistite dai centri italiani, pur con la necessità di migliorare ulteriormente l’intervento terapeutico: l’HbA1c risulta, infatti, inferiore al 7% (obiettivo da raggiungere per prevenire sia le complicanze microvascolari della malattia diabetica, sia quelle macrovascolari) in un quarto dei pazienti con diabete di tipo 1, e in quasi la metà (44%) di quelli con tipo 2.
Insomma, nel complesso, la qualità dell’assistenza fornita nel nostro Paese, è promossa a pieni voti, anche se, rileva l’Amd, esistono ulteriori margini di miglioramento. “L’emoglobina glicosilata dovrebbe essere misurata almeno una volta l’anno a tutte le persone con diabete – ha affermato Giacomo Vespasiani, coordinatore dell’equipe che analizza dati raccolti dalle cartelle cliniche delle persone con diabete– e anche i dati sulla valutazione del profilo lipidico e della pressione arteriosa, oggi effettuati nel 73% e nel 79% dei casi rispettivamente, indicano la necessità di interventi più incisivi, soprattutto verso questi importanti fattori di rischio cardiovascolare. Infatti, solo il 42% delle persone con diabete italiane presenta valori di colesterolo Ldl inferiori a 100 mg/dl”.
 
 
Diabete, sempre più, patologia dei giovani uomini.Gli Annali hanno fotografato anche le dimensioni della patologia. È emerso che nel nostro Paese le persone con diabete rappresentano ormai il 7% della popolazione, oltre 4milioni di italiani. Il 55% è maschio; il 56,6% ha oltre65 anni; il 35,4% tra 45 e 65, ma l’8% ne ha meno di 45. E se si considera la fascia di età sino a 55 anni, questa percentuale sale al 18,8%: quasi 1 persona con diabete su 5 ha oggi meno di 55 anni. Il 91,9% è colpito da diabete di tipo 2 e, tra questi, 1 su dieci ha tra i 45 e i 55 anni, ma già 4 su cento meno di 45, segno che la malattia una volta definita “diabete senile” è sempre più giovane.
I due terzi dei soggetti con diabete di tipo 2 sono obesi (BMI superiore a 27) e solo meno del 20% risulta normopeso. Invece, nel diabete di tipo 1 l’obesità riguarda circa un quarto dei pazienti.
Poco meno di un terzo delle persone con diabete tipo 1 (28,9%), e il 17,3%di quelli con tipo 2, è fumatore. Per quanto riguarda i costi, questi sono raddoppiati in 20 anni: nel 1998, il diabete pesava sulle casse dello Stato per circa 5 miliardi di euro, pari al 6,7% della spesa totale per la sanità; oggi le stime parlano di 11 miliardi di euro, circa il 10% della spesa sanitaria. In Italia, infine, ogni anno 75mila persone con diabete subiscono un infarto, 18mila un ictus, 20mila vanno incontro a insufficienza renale cronica, 5mila patiscono l’amputazione degli arti inferiore e 18mila muoiono.
(E.M.)

26 ottobre 2010
© Riproduzione riservata

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