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Disturbi dermatologici per il 63% dei bambini sotto i 5 anni


L’inquinamento ha accresciuto del 10%, negli ultimi dieci anni, il rischio di dermatite atopica. Spesso il disturbo si risolve spontaneamente in poco tempo, ma il 20% dei bambini ne porta i segni anche dopo avere compiuto 7 anni. Il tema alla 7° conferenza dell’International Network on Children’s Health, Environment and Safety (Inches), in corso a Gerusalemme.

21 NOV - Emissioni di metalli pesanti da marmitte catalitiche (specie di palladio) e acqua troppo dura e calcarea: sono i ‘nuovi’ fattori che hanno accresciuto del 10%, negli ultimi dieci anni, il rischio di dermatite atopica. Specie fra i più piccoli, tra i 2 e i 5 anni, incrementando numeri già triplicati nelle ultime tre decadi. Irritazioni cutanee, eczemi, eritemi, desquamazioni colpiscono oggi il 63% dei piccoli, ma nonostante nella maggior parte dei casi la dermatite atopica, la più diffusa fra le forme che affliggono la pelle in età pediatrica, si risolva spontaneamente entro il terzo anno di vita, a portarne ancora i segni all’età di 7 anni sono quasi il 20% dei ragazzini. In particolare coloro che vivono nelle aree più a rischio: quelle industrializzate e nelle grandi città, con grande traffico, alta concentrazione di smog, inquinamento, fumo, escursioni climatiche, vento, pioggia e umidità.
 
Non sono poi da escludere anche fattori indoor determinati soprattutto dai cambiamenti domestici occorsi negli ultimi 50 anni quali polveri, acari, contatto con l’epitelio del gatto e cibi meno salutari e più ricchi di allergeni, che si assommano alla mutazione e perdita di funzionalità del gene per la Filaggrina (FLG), il principale fattore di rischio conosciuto la dermatite atopica. Nonostante questa componente sia inscritta nel DNA, il 40% dei bambini portatori non manifesterà la malattia: segno anche questo della influenza maggiore oggi svolta dall’azione ambientale. E proprio a causa di questo ‘elemento naturale’, meno controllabile, che causa la malattia, la conseguenza è una sola: costi più elevati di gestione della malattia, sempre più perdurante, che si elevano in media ogni anno a oltre 1.200 euro a famiglia, senza possibilità di aiuto pubblico per le terapie risolutive che sono poche o pressoché nulle a causa dell’origine costituzionale e geneticamente determinata.

Parte da Gerusalemme, dove è in corso la settima conferenza dell’International Network on Children’s Health, Environment and Safety (INCHES), l’appello di Paidòss, l’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (www.paidoss.it) per una maggiore attenzione alla prevenzione e alla cura di questa malattia.

“Ad oggi, le mutazioni con perdita di funzione del gene per l’FLG – spiega Giuseppe Mele Presidente di Paidòss – sono il fattore di rischio più elevato per sviluppare la dermatite atopica, una malattia con prevalenza in età pediatrica del 10-15%. Ma i più recenti studi attestano che nel 40% dei bambini che ne sono portatori la patologia potrà anche non manifestarsi. Un segnale che indica che la malattia è sempre più dipendente da fattori correlati all’ambiente esterno, agli stili di vita e ai cambiamenti dell’ambiente domestico attuatisi nel corso degli ultimi 50 anni, che hanno aumentato la presenza e l'esposizione a agenti inquinanti e allergizzanti, agli acari della polvere e agli allergeni alimentari. Si ipotizza dunque che proprio l'interazione fra questi fattori ambientali e genetici possa portare al riacutizzarsi della dermatite atopica. Dunque, laddove possibile, è importante prevenire la malattia evitandone le cause scatenanti”.

“La prima azione – aggiunge Giuseppe Ruggiero, Coordinatore Scientifico di Paidòss – è prevenire o lenire i maggiori disturbi della dermatite, rappresentati da prurito, eczemi, secchezza diffusa, perdita di compattezza e turgore, comedoni e punti neri, brufoli, specie nelle zone a maggior rischio quali le mani e il viso (i più esposti agli agenti irritanti) o le gambe e le ginocchia (maggiormente soggette allo sfregamento degli indumenti), educando la mamma e/o i genitori ad acquisire comportamenti auto-gestionali corretti alla comparsa della malattia, ma ancora meglio già sulla pelle sana. Essi richiedono l’uso costante di creme emollienti per contrastare la secchezza cutanea e ripristinare la barriera cutanea e, poiché la dermatite atopica è una malattia cronica, la pianificazione di un trattamento a lungo termine. Dunque, accanto ad una terapia emolliente deve essere prevista anche una igiene accurata: la cute deve essere detersa con detergenti specifici con o senza antisettici e un ph nei limiti fisiologici (circa 6). In particolare durante il bagno, che deve durare al massimo 5 minuti, vanno utilizzati negli ultimi due degli oli per impedire la disidratazione dell‘epidermide, seguiti  dopo il bagno dall’applicazione di emollienti topici. Per quanto concerne la terapia farmacologica, i corticosteroidi topici sono il trattamento antinfiammatorio di prima scelta quando la cute è infiammata. In caso di lieve attività della malattia ne va applicata una piccola quantità 2-3 volte a settimana (quantità mensile nel range di 15 gr nei bambini e fino a 60-90 gr negli adolescenti ed adulti) associate con un impiego liberale di emollienti di cui anche un solo trattamento giornaliero ben fatto e ben dosato può essere sufficiente”.

“Accanto alle indicazioni terapeutiche e comportamentali – continua il Presidente Mele – è fondamentale anche l’impostazione di una ‘dietoterapia’ specie d’inverno quando la pelle è privata dei benefici del sole e la dieta è più ricca di carboidrati e grassi. L’alimentazione in questa stagione deve prevedere un maggiore apporto di frutta e verdure (per assumere vitamine e sali minerali), pesce, grassi di origine vegetale, fibre e cereali, arricchita da molta acqua e da un limitato consumo di bevande zuccherate. Infine – conclude Mele - sarebbe importante istituire programmi educazionali utili a prevenzione e curare la dermatite topica allo scopo di consentire al bambino e alla sua famiglia di avere una vita quasi normale, evitando misure non necessarie e costrizioni inutili”.

21 novembre 2013
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