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Elezioni degli Ordini. La Cassazione ci ripensa: valide anche le schede con un solo nome


Sono da ritenere valide le schede che riportano un numero di preferenze inferiore al numero di candidati da eleggere. È quanto stabilisce la Corte di Cassazione in una recente sentenza. Un pronunciamento diametralmente opposto a quella emesso nel 1991, quando la stessa Corte stabilì l’obbligo di esprimere tante preferenze quanto il numero dei consiglieri da eleggere. Che sia un primo passo verso una rivoluzione della legge elettorale degli Ordini?

12 NOV - Lo scorso 4 agosto la Corte di Cassazione, a sezioni riunite, ha emesso la sentenza n. 18047 sul ricorso relativo alle elezioni dell'Ordine dei Farmacisti di Roma del 2007, in cui i richiedenti contestavano l’annullamento delle schede dove venivano espresse un numero di preferenze inferiore al numero di candidati da eleggere. Il ricorso è stato giudicato inamissibile perché nel frattempo il Consiglio era giunto a fine mandato e nuove elezioni erano state effettuate, ma la Corte di Cassazione si è comunque pronunciata sulle votazioni dichiarando che vanno considerate valide le schede che riportano un numero di preferenze inferiore al numero di candidati da eleggere.

La “partecipazione democratica”, si legge infatti nella sentenza, deve “necessariamente esplicarsi attraverso la più libera espressione elettorale, scevra da condizionamenti e salvaguardata il più possibile attraverso l'applicazione di quello che viene detto il favor voti. Questo principio esprime una sorta di parametro di equità applicativa, sulla base del quale fare discendere la massima corrispondenza tra la volontà espressa dal cittadino elettore ed il contenuto oggettivo delle schede elettorali”.

Il pronunciamento arriva a 20 anni da un’altra sentenza della stessa Cassazione (n. 13714 del 1991), che chiamata a decidere sull’annullamento delle schede per l’elezione del Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri, sentenziò in maniera completamente opposta affermando che, sulla base della legislazione vigente, ein particolare del Dl 382 del 1944, il voto per l’elezione del Consiglio predetto dovesse esprimersi mediante una scheda indicante un numero di preferenze uguale a quello dei consiglieri da eleggere.

A 20 anni di distanza, afferma infatti la Corte nella sentenza, “l’indirizzo va mutato attraverso un’interpretazione che tenga conto del diritto vivente che s’è andato via via formando nelle realtà del tutto nuove vissute dalle comunità professionali. Mutamento reso necessario dalla individuazione di un diverso scopo normativo e che soccorra alle nuove esigenze degli Ordini ben diversi da quelli tenuti presenti dal legislatore degli anni Quaranta dello scorso secolo”.

“Privilegiare la sostanza è – secondo la Cassazione – miglior cosa che avallare ragioni di forma”. Questo significa che “la manifestazione della volontà, per come emerge dal corpo della scheda elettorale, deve essere il più possibile conservata”. Segretezza e principio del favor voti vanno, secondo la Corte, assolutamente garantiti, in quanto costituiscono requisiti essenziali di un democratico sistema elettorale.


Una precisazione che, nei fatti, potrebbe non produce sostanziali cambiamenti sui risultati elettorali, ma che rappresenta un cambio di rotta evidente e, forse, un primo passo verso la modifica delle leggi elettorali per gli Ordini professionali, richiesta ormai da tempo e ad alta voce soprattutto da quelle minoranze che denunciano l’impossibilità, nel sistema attuale, di avere una rappresentatività che dovrebbe, invece, essere loro garantita.
 

12 novembre 2010
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