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Lazio. Le proposte di Cgil e Anaao per "normalizzare la sanità regionale"


I due sindacati hanno elaborato un documento congiunto per rilanciare il Ssr. Al centro una nuova definizione del fabbisogno dei servizi sanitari che "consideri le nuove dinamiche demografiche ed epidemiologiche in un'ottica prospettica". Critiche all'intesa tra Regione e Sapienza. IL DOCUMENTO

12 DIC - Normalizzare il sistema sanitario del Lazio, dove “gli effetti del piano di rientro regionale stanno determinando una progressiva riduzione dei servizi essenziali, senza una reale riduzione dei costi”. E’ con questo approccio che Anaao Assomed e Fp Cgil Lazio hanno presentato un documento congiunto che contiene un ampio piano operativo per invertire una rotta caratterizzata da “incoerenza e asimmetria delle reti assistenziali, investimenti inadeguati e povertà progettuale sulla personalizzazione delle cure e sulla continuità assistenziale tra ospedale e territorio, mancanza di un approccio complessivo e integrato, cattiva gestione ammnistrativa delle aziende con permanente presenza di sacche di sprechi e di fenomeni di corruzione, assenza di valutazione a tutti i livelli”. E non mancano critiche ai protocolli di intesa appena firmati da Regione e Sapienza, soprattutto per "la mancanza di reciprocità tra medici ospedalieri e medici universitari".

I due sindacati ritengono che la riduzione del disavanzo, progressivamente attuata negli ultimi anni, sia dovuta essenzialmente “all’aumento delle entrate del fondo sanitario regionale (oltre il miliardo di euro dal 2006) e molto meno alla riduzione dei costi (circa 500 milioni di euro dal 2006 )”. Questo sarebbe avvenuto per una mancanza della capacità di incidere “sulla reale struttura dei costi e delle inefficienze in cui ogni macro voce (personale, beni e servizi, farmaci acquisto di servizi sanitari da privati, etc.) che continua a pesare sull’intero con la stessa percentuale del 2006 quando il disavanzo toccava i 2 miliardi annui, per cui il Lazio è ancora una regione in cui il sistema sanitario costa troppo e funziona male”. Il documento sottolinea che sotto il profilo dei conti complessivi il Ssr del Lazio è “il peggiore di Italia. Mancano i soldi per chiudere definitivamente i debiti pregressi, mancano i fondi per l’integrazione socio-sanitaria, non si è più in grado di garantire la fondamentale attività di prevenzione sanitaria e non ci sono risorse per aprire i tanto attesi nuovi posti letto di RSA e di assistenza domiciliare che libererebbero gli ospedali di anziani fragili”.

Per i due sindacati il punto nevralgico di un nuovo approccio è legato alla stima del fabbisogno dei servizi sanitari, che non tenga conto soltanto dell’esistente ma che consideri pienamente le nuove dinamiche demografiche ed epidemiologiche anche in un’ottica prospettica. Per invertire il trend negativo in atto “è necessario individuare e far propria una strategia di programmazione, di visione, di gestione, che diventi, quindi, lo strumento di governo in grado di riallineare la capacità dei servizi alla domanda appropriata di cura, secondo percorsi finalizzati, in un sistema da molto tempo esposto ad una espansione irrazionale, autoreferenziale e condizionata dagli interessi degli addetti ai lavori”. E, in questo senso, il riferimento è soprattutto a due realtà considerate particolarmente critiche: i Policlinici universitari e gli ospedali classificati.
E’ sulla scorta di queste considerazioni che il documento individua otto temi nodali su cui intervenire, “prioritari temi che costituiscono a nostro parere i nodi veri del sistema attuale, senza la risoluzione dei quali sarebbe pressoché inutile intervenire sugli altri”.

1) Rafforzare il sistema sanitario pubblico regionale, come controllore dell’accesso alle prestazioni e dell’appropriatezza delle stesse. In particolare è necessario introdurre e verificare i livelli di cura nelle RSA, che oggi erogano solo prestazioni di livello assistenziale medio – alto.
2) Innovare i sistemi di governance del SSR. In questo senso è necessario definire a livello regionale un sistema che assicuri l’autonomia delle funzioni tecniche di gestione e di valutazione e controllo da quelle di programmazione e indirizzo proprie della direzione politica. E’ inoltre importante rendere la valutazione ed i sistemi informativi strumenti di verifica delle scelte di programmazione e delle performance aziendali, garantendo accuratezza, pronta e periodica disponibilità dei dati. Fondamentale è individuare all’interno di questa distinzione di ruoli un livello di “holding” regionale alle quale facciano capo le aziende, distinta dalla direzione politica, che possa facilitare sia la centralizzazione di determinate funzioni, che modalità di gestione integrata di servizi, coordinando l’evoluzione funzionale e gli investimenti delle aziende ed uniformando le procedure organizzative spesso molto difformi tra le diverse aziende.
3) Rinegoziare l’impostazione del Piano di Rientro. E’ essenziale correlare la “costruzione” del territorio, dove i cittadini possano trovare le risposte di salute, con l’adeguamento dell’offerta ospedaliera agli standard nazionali, rimodulata tenendo conto di parametri reali sui cittadini residenti e i bisogni della popolazione potenziando le specialità carenti.Occorre quindi immaginare una fase di revisione dei PdR che, fermo restando il monitoraggio dell’equilibrio finanziario, sia idonea a generare effetti duraturi in termini di modifica degli elementi strutturali generatori di minor spesa ed intervenga in chiave di reingegnerizzazione del SSR per offrire maggior salute.
4) Potenziare il territorio, la prevenzione e la promozione della salute. E’ necessario, viceversa partire dalla identificazione e verifica della qualità dei percorsi assistenziali e di cura e su questo costruire il nuovo modello. In questo senso è necessario ripensare le reti assistenziali, garantendo più presidi di prossimità, RSA, RSSA e case della salute. Sulle Case della Salute è considerato apprezzabile il D.C.A. n. 428 del 2013 che dovrà essere recepito nei nuovi Atti Aziendali delle ASL le cui linee guida devono essere modificate ed integrate al fine di tener conto delle risorse impiegate.
5) Questione risorse e disavanzo. Si ritiene che in una prima fase triennale siano necessari investimenti per cambiare veramente il sistema e che poi tali investimenti potranno produrre i risparmi attesi e solo allora, quindi, si potrebbe procedere alla riduzione della pressione fiscale e cioè poco prima della fine della legislatura. Ad oggi il disavanzo 2013 stimato dal tavolo di monitoraggio è di circa 700 mln contro una previsione di entrate da fisco per 850 mln. Il surplus di 150 mln non è' però' utilizzabile fino a quando non si è' conclusa l’analisi del tavolo sulla situazione patrimoniale della regione.
6) Policlinici universitari. E’ necessario rimettere mano al rapporto tra Regione, Stato e Policlinici universitari ma anche tra Policlinico e università al proprio interno, per rafforzare i livelli di efficienza e le sinergie tra le parti.
7) Ospedali classificati e IRCCS, Policlinici privati. Per tutti questi soggetti, come per le altre strutture private accreditate è necessario prevedere un requisito ulteriore obbligatorio per mantenere l’accreditamento costituito dalla pubblicazione e dalla trasparenza dei bilanci in modo da poter consentire alla Regione di capire quali siano le risorse reali necessarie e utilizzate per l’erogazione dei servizi sanitari accreditati e finanziati dalla Regione stessa.
8) Definire le dotazioni organiche per garantire i LEA. Occorre dotarsi di uno strumento che possa essere punto di riferimento e nello stesso tempo obbligo per tutte le aziende pubbliche e private che definisca in modo preciso le dotazioni organiche
necessarie a garantire i LEA nella Regione.

12 dicembre 2013
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