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Competenze infermieristiche. Cara Silvestro, dissentire dal tuo pensiero non mi rende nemico degli infermieri

di Ivan Cavicchi

La presidente Ipasvi non ha gradito le mie opinioni, ma le sue manipolazioni mi inducono a distinguere lo stile discutibile della presidente Ipasvi dall’Ipasvi, di cui conosco e stimo i dirigenti e dagli infermieri con i quali mi confronto tutti i giorni in mille occasioni diverse

16 DIC - Il giorno dopo la pubblicazione del mio articolo “Medici e infermieri alla guerra delle competenze” è stata inviata, ai vari presidenti dei Collegi Ipasvi, una lettera firmata da Annalisa Silvestro, senatrice Pd, membro della commissione Sanità del Senato, presidente nazionale dei Collegi Ipasvi, membro del Consiglio superiore di sanità e altre cose.

L’oggetto riguarda le “competenze infermieristiche” ma l’obiettivo è manifestamente screditante nei miei confronti riferendosi in modo distorsivo alle tesi da me sostenute. Il mezzo è l’uso di circuiti interni per evitare il confronto e contro smentite. L’intento è raffigurarmi come nemico degli infermieri. Questo è semplicemente assurdo. Riassumo succintamente le tesi che ho sostenuto: è inopportuno scatenare guerre sulle competenze, il conflitto tra medici e infermieri è destinato a crescere a causa della poca progettualità, ridurre la questione delle competenze a problema amministrativo è un errore, le competenze sono una parte delle capacità e abilità delle professioni che operano nelle organizzazioni, dopo la legge 42 è rimasto aperto il problema di ridefinire la relazione con il medico, fare qualcosa in più per gli infermieri non risolve i loro problemi di fondo se essi restano prigionieri di un vecchio paradigma professionale, prevedere maggiori competenze senza adeguare la retribuzione non è giusto, meglio costruire “autori” e pagarli come tali, per fare questo serve una intesa per ridefinire il contesto organizzativo e far coevolvere la forma storica di cooperazione fra professioni.

La presidente Silvestro non ha gradito tali opinioni, ma anziché indicare con nome e cognome il nemico da combattere, cioè l’autore dell’articolo, ricorre al pronome indefinito, “qualcuno”. Essa così si riferisce ad un oscuro nemico indeterminato che “con livore iconoclastico” recluterebbe “improbabili armate” perché sprofondino tutti gli infermieri d’Italia , e altre incredibili sciocchezze fino a parlare di “giochi ...sempre più “scoperti e chiari” sui quali “è bene che si rifletta pacatamente ma puntualmente”. A parte la prosa davvero imbarazzante ,vorrei limitarmi a ricordare a tutti e quindi anche alle tante Ipasvi che sono nell’Ipasvi, che l’unico gioco al quale so giocare è quello della libera autonoma e indipendente idealità. Non ne conosco altri.

Chiarito ciò, io penso, seriamente preoccupato, che la lettera della presidente Silvestro ci dica molto sui suoi problemi personali di potere ma poco su quelli degli infermieri italiani, ma nel risponderle come merita non seguirò il suo esempio. Non dirò come ha fatto lei “qualcuno” …perché “l’argomentum ad homini” che la presidente mostra di preferire, cioè screditare le persone evitando il confronto sulle idee, mi fa orrore. Dico più semplicemente che io non ci sto, che le sue manipolazioni mi inducono a distinguere lo stile discutibile della presidente Ipasvi dall’Ipasvi di cui conosco e stimo i dirigenti e dagli infermieri con i quali mi confronto tutti i giorni in mille occasioni diverse.

Non giova alla causa degli infermieri immiserire in modo subdolo il pensiero degli altri perché per andare avanti gli infermieri hanno bisogno di un pensiero che allo stato attuale non hanno. La presidente multitasking, reagisce come se confondesse il verbo “contestare” con quello di “dissentire”. Non mi permetterei mai di contestarla cara presidente perché so bene che non sta a me farlo, semmai toccherebbe a coloro che l’hanno eletta. A me è concesso, in un confronto civile e democratico, dissentire dalle sue opinioni in quanto detentore a mia volta di opinioni. E le opinioni a differenza dei presidenti sono confutabili da tutti. Il dissenso per me è addirittura un dovere. Se dovessimo tacere su ciò che per tante ragioni non condividiamo saremmo corresponsabili.

Io ho gridato su questo giornale al tentativo di controriforma contenuta nella nota al def, mentre la presidente dell’Ipasvi ha taciuto e se oggi regge ancora un sistema universalistico non è certamente per merito suo. La presidente “qualcunista” sa bene che da sempre penso che si debba emancipare il lavoro in sanità dalle sue definizioni burocratiche perché sono straconvinto che queste ormai non convengono più a nessuno, e meno che mai agli infermieri che, unici operatori, hanno avviato in sanità un processo riformatore importante.

Sono convinto e non da ora che gli infermieri per difendere efficacemente le loro conquiste devono tirare fuori una nuova progettualità, perché come ho scritto nel mio articolo, non c’è stato l’effetto big bang che ci si aspettava. Questa progettualità deve essere costruita con idee nuove da condividere con altre professioni, quale “autore” per non essere delle lavatrici(1995), “opera” per andare oltre l’idea generica di assistenza che dice tutto e non dice niente(2010), “reticolo professionale” per definire attraverso più explananda la professione oltre la formalità generica del profilo(2013), ecc. Si può dire che queste siano idee sbagliate, irrealizzabili, velleitarie, ma non sfasciste. Allo sfascismo gioca chi scatena  la “guerra dei bottoni” ,perché alla fine quando parliamo di competenze, proprio come nel romanzo di Louis Pergaud, non parliamo altro che di bottoni. Mi dispiace e molto….ma per gli infermieri.

Ivan Cavicchi

16 dicembre 2013
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