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Competenze infermieristiche. I sindacati di base: “Non siano le uniche trasformazioni di un sistema in disfacimento”


L’Usb Sanità entra nel dibattito e specifica come “le nuove competenze infermieristiche non siano le uniche trasformazioni in un sistema sanitario ormai in disfacimento”.

14 GEN - “Il processo di ampliamento delle competenze e della professionalità dell’infermiere riduce drasticamente i margini operativi tra la principale figura assistenziale e la categoria dei medici”, dichiara Sabino Venezia del Coordinamento Nazionale USB del Pubblico Impiego, con l’intento di normare alcune pratiche già in uso nel sistema sanitario di questo Paese.
 
“Non ci spaventa certo che le suture chirurgiche possano rientrare nelle competenze infermieristiche -  prosegue il sindacalista - già oggi in un contesto avanzato di equipe molti aspetti tecnici sono svolti dagli infermieri, ma collocare queste dinamiche in un sistema sanitario che ormai non garantisce i LEA ed è ossessionato dalla spesa e non dalla tutela del bene salute, non ci tranquillizza affatto. In un contesto assistenziale e terapeutico nel quale gli infermieri occupati sono sempre meno, più anziani e precari ed il bisogno di cure sempre maggiore e complesso, dove la gestione degli ospedali è a “risparmio di personale” o dove regioni “virtuose” come il Veneto, vogliono addirittura riorganizzare le ASL codificando i minuti di assistenza per ogni patologia, ampliare le competenze vuol dire plasmare una nuova figura sanitaria tutto fare, sovrautilizzata e a costo zero,  dichiara ancora Venezia.
 
“Diffidiamo – prosegue - inoltre dai medici che temono di essere espropriati da competenze tecniche e da quanti spacciano tale riforma come contributo al processo di autonomia professionale degli infermieri ma tralasciano volutamente di affrontare le contraddizioni quotidiane che vive questa categoria: dalle competenze per gli OSS – ancora in area tecnica – alla farsa della formazione continua, dalla dinamica salariale – ferma da cinque anni – al modello per intensità di cura – messo sotto accusa anche dai medici – alla sicurezza sui luoghi di lavoro”.
 
“Avere una formazione universitaria e maggiori competenze - conclude Venezia -  può anche metterci in linea con l’Europa ma condizioni di lavoro spesso indecorose, doppi turni, blocco delle assunzioni e dei trasferimenti e salari da fame restano problemi inascoltati dalla politica come dal resto della dirigenza, medici compresi!”.

14 gennaio 2014
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