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Nuova stoccata della UE alle norme italiane sui precari nella PA

di Pierpaolo Volpe

Ancora critiche, questa volta dell'ufficio giuridico della UE, alla nostra normativa sulle assuzioni a termine. Si parla di scuola ma i rilievi sembrano valere anche per altri settori della PA, sanità compresa: “Non può ritenersi obiettivamente giustificata una legislazione nazionale che non prevede alcuna misura diretta a reprimere il ricorso abusivo a contratti di lavoro a termine successivi". LE OSSERVAZIONI

10 FEB - Sono state notificate solo giovedì pomeriggio alle parti ricorrenti, le osservazioni scritte del servizio giuridico della Commissione europea nella causa C-418/13 rimessa dalla Corte Costituzionale in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea alla Corte di Giustizia, ma già fanno discutere data la valenza erga omnes e gli effetti devastanti sulla legislazione italiana.
 
In maniera chiara e cristallina la Commissione statuisce che “Non può ritenersi obiettivamente giustificata ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a) dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, siglato il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’ accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, una legislazione nazionale, quale quella italiana in causa, che consente il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di vacanze nell'organico del personale docente e ausiliario tecnico amministrativo della scuola statale in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo, senza che vi sia alcuna certezza sul momento in cui tali procedure saranno espletate e, pertanto, senza prevedere criteri obiettivi e trasparenti per dì verificare se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente ad un'esigenza temporanea reale, sia atta a raggiungere lo scopo perseguito e necessaria a tal fine. Spetta al giudice nazionale verificare se tali condizioni ricorrano nel caso di specie.
Non può ritenersi obiettivamente giustificata ai sensi della clausola 5, punto 1, lett. a) dell'accordo quadro una legislazione nazionale, quale quella italiana in causa, che, nel settore scolastico, non prevede alcuna misura diretta a reprimere il ricorso abusivo a contratti di lavoro a termine successivi. "
 
Intuibili le conseguenze su tutto il precariato pubblico e in particolare nei settore della sanità e enti locali, oltre che della scuola dove il fenomeno è altamente diffuso. Se alle osservazioni della Commissione accostiamo gli effetti della dirompente sentenza Carratù (C-361/12) e dell’ordinanza Papalia (C-50/13) del 12 dicembre 2013 della Corte di Giustizia, il cerchio inizia a chiudersi.
 
L’effetto combinato della sentenza Carratù (C-361/12) e dell’ordinanza Papalia (C-50/13) della Corte di Giustizia ha demolito alcune convinzioni di una certa giurisprudenza, statuendo che l’art.32, comma 5, della legge n.183/2010 va disapplicato e che l’art. 36, comma 5, d.lgs. n.165/2001 osta alla direttiva 1999/70/Ce, e quindi non può essere applicato, rendendo applicabile a tutte le pubbliche amministrazioni direttamente il decreto legislativo n.368/2001. Inequivocabilmente si apprende che a tutte le pubbliche amministrazioni non si applica l’art.36, comma 5, d.lgs. n.165/2001, che vieta la conversione del contratto, in quanto misura inidonea a sanzionare l’utilizzo abusivo dei contratti a tempo determinato nel pubblico impiego (ordinanza Papalia, conclusioni), sia che si tratti di un unico contratto a termine (sentenza Carratù) sia che si tratti di una pluralità di contratti successivi (ordinanza Papalia, conclusioni).
 
Mi preme precisare che la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n° 26951 del 2 dicembre 2013 dissertata nella mia precedente lettera dell’11 dicembre 2013, che ha previsto il risarcimento del danno per i precari illegittimamente assunti, ha statuito un principio generale per tutte le cause che vertono su questioni antecedenti l’entrata in vigore del Dlgs 368/2001 attuativo della direttiva 1999/70/Ce. Appare chiaro che per i contratti illegittimi stipulati dopo l’entrata in vigore del Dlgs 368/2001, l’unica misura effettiva per prevenire l’abuso dei contratti a termine è la conversione del contratto ai norma degli gli artt.1, commi 1 e 2, 4 e 5, commi 2, 3, 4 e 4-bis, d.lgs. n.368/2001 come richiamati dall’art.36, comma 2, d.lgs. n.165/2001 (ordinanza  Papalia, punti 7 e 35).
 
Dott. Pierpaolo Volpe
Infermiere forense

10 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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