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Giornata internazionale dell'infermiere. Allarme in Italia: “Ne mancano almeno 60.000”. L’indagine del Nursind


Il problema non è la mancanza di professionisti disponibili, ma la carenza di risorse per assumerli. Tanto che, secondo i dati del sindacato di categoria, circa il 53% dei laureati trova lavoro e chi lo trova è sempre più spesso precario, part time o a tempo determinato. Che fare? Sblocco turn over, abbassamento età pensionabile e sviluppo del part time per i più 'anziani' per favorire l’ingresso dei giovani.  L’INDAGINE.

12 MAG - "Infermieri: Una forza per il cambiamento - una risorsa vitale per la salute”. E’ questo il tema della Giornata internazionale degli infermieri 2014. Una risorsa su cui, tuttavia, i pazienti italiani rischiano di non poter più contare a causa della mancanza di risorse che rende sempre più critico il problema della disoccupazione infermieristica. A lanciare l’allarme, proprio in occasione della Giornata internazionale degli infermieri, è il Nursind, secondo il quale nel Ssn mancherebbero ben 60.000 infermieri nel Ssn nonostante di professionisti pronti a dedicarsi all’assistenza ce ne sarebbero. Il fatto è che il 53% dei laureati sono disoccupati e chi trova lavoro è sempre più spesso precario, part time o a tempo determinato. Insomma, gli ospedali hanno sempre più bisogno di infermieri ma il Servizio Sanitario Nazionale non può permetterseli.

A disegnare il quadro buio dell’occupazione infermieristica italiana sono i risultati preliminari di un'indagine del Centro Studi del sindacato di settore Nursind, che sottolinea come “il divario tra il nord e il resto del Paese lascia pensare a una qualità di assistenza diversa e la situazione, confermano i dati, peggiora nel tempo”.

Se infatti dal 2003 al 2007 hanno trovato lavoro entro l'anno il 90% dei laureati, la percentuale è scesa fino a raggiungere il 65% nel 2012. Quello della disoccupazione giovanile infermieristica "è un paradosso - spiega Donato Carrara della direzione nazionale Nursind - perché effettivamente mancano nel sistema queste unità e chi è attivo dentro i servizi è sottoposto a carichi di lavori pesanti per compensare tagli e carenze". Il lavoro che si trova, come accennato, dal 2011 è inoltre sempre più spesso precario, part time o a tempo determinato. Mentre ad assumere, se prima era il pubblico impiego, dal 2010 in poi, con il blocco del turn over, sono andate crescendo le assunzioni da parte di cooperative e società di somministrazione del lavoro. D'altronde il pubblico impiego è un eldorado, tanto che ben il 68% degli intervistati ha partecipato a più di un concorso. Per il Nursind, dunque, “non c'è da stupirsi che dopo la fuga dei ricercatori, in Italia si assista alla fuga degli infermieri”. "Mentre fino a qualche anno fa l'Italia era costretta a importare infermieri da altri paesi per far fronte alla carenza nelle strutture sanitarie, oggi - per Andrea Bottega Segretario Nazionale Nursind - sono gli infermieri italiani ad emigrare per trovare lavoro".

Secondo l’indagine del Nursind, la disoccupazione infermieristica tra il 2011 e il 2013 ha riguardato il 24,4% dei neolaureati in Italia. Le regioni con le percentuali più gravi sono Puglia (49,5%), Calabria (43,8), Basilicata (42,9%), contro il 4,5% della Lombardia e il 7% del Friuli Venezia Giulia.

Anche il fenomeno della precarizzazione del rapporto di lavoro è ben presente tra gli infermieri. A partire dal 2011 salgono dal 9 al 38% i contratti a tempo determinato e part time mentre diminuiscono dal 40 al 28% quelli full time o a tempo indeterminato.

Ma quali potrebbero essere le possibili soluzioni al problema? In Nursind ha indagato anche questo. Al primo posto, per gli intervistati, c’è lo sblocco del turn over, poi l’abbassamento dell’età pensionabile e lo sviluppo del part time negli ultimi anni di lavoro per favorire l’ingresso dei giovani.

“L’attenzione che Nursind dà questa importante situazione è elevata ed è già stata portata all’attenzione del Ministro della Salute”, spiega il Nursind annunciando che nei prossimi giorni sarà inviato anche un documento al Presidente del Consiglio e al Ministro della Funzione Pubblica. A conclusione dell’analisi dei dati raccolti, infine, “si provvederà ad intraprendere ulteriori iniziative per dare voce alle situazioni di sofferenza delle dotazioni organiche che limitano la risposta ai bisogni dei cittadini spesso lasciati da soli ad affrontare le situazioni di cronicità, disabilità e fragilità e chiedere l’assunzione di nuove risorse che garantiscano il futuro di un servizio sanitario pubblico e universalistico”.
 

12 maggio 2014
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