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Riforma PA. Grasselli (Fvm): “La montagna ha partorito il topolino”


Per il presidente della Federazione Veterinari e Medici nei provvedimenti approvati dal CdM “non si intravvede alcuna misura che possa rivoluzionare il rapporto tra cittadini e PA”. Se si vuole una concreta discontinuità, per Grasselli “si deve abbandonare la logica dei tagli lineari e il blocco del turn over".

18 GIU - “Nella riforma della Pubblica Amministrazione, approvata il 13 giugno dal Consiglio dei ministri e definita dal governo ‘una riforma per i cittadini’, non si intravvede ad oggi alcuna misura che possa rivoluzionare il rapporto tra i cittadini e le pubbliche amministrazioni”. Così Aldo Grasselli, Presidente della Federazione Veterinari e Medici (FVM-Cosmed) dopo il varo del disegno di legge delega per la riorganizzazione di uno dei settori più importanti del Paese. Secondo Grasselli “non ci sono norme nette che riducano il carico burocratico per gli utenti delle pubbliche amministrazioni e non ci sono risorse per coprire gli interventi innovativi che si annunciano per sommi capi”.

“Insieme alle altre Confederazioni – spiega il sindacato -, Cosmed, la Confederazione sindacale medici e dirigenti, ha incontrato nei giorni scorsi il ministro per la Pubblica Amministrazione Marianna Madia e ha chiesto che ai 44 punti di intervento di cui parla la presentazione della riforma, se ne aggiunga da subito un altro, chiaro e semplice: riaprire i contratti di lavoro fermi dal 2009”.

“La riforma - dice Grasselli -, se vuole rappresentare una concreta discontinuità, deve abbandonare la logica dei tagli lineari e il blocco del turn over. Leggere nel provvedimento un solo punto, cogente e chirurgico, quale è il taglio che dimezza i permessi retribuiti ai rappresentanti sindacali sorprende, colpisce, e fa capire che la ‘casta dei politici rottamatori’ vuole acquisire benemerenze e sottrarsi dal cono d’ombra degli scandali e delle ruberie dei partiti mettendo nel mirino della pubblica opinione la 'casta' dei sindacalisti”.

Secondo il Presidente di FVM “non ci si deve stupire, quindi, se tutte le confederazioni hanno contestato anche le parti più attese come quella del ricambio generazionale, molto enfatizzata ma per ora priva di atti concreti. Infatti, se sono affidabili i dati della Ragioneria dello Stato, avremo l'uscita di un milione di dipendenti pubblici nei prossimi 10 anni, 230mila solo nei prossimi quattro, mentre il decreto annuncia l’assunzione di soli 15mila giovani”. “Non ci si deve stupire – prosegue Grasselli - se la spesa pubblica aumenta ancora mentre si diminuisce il personale della PA, sappiamo come e da chi vengono inghiottiti i soldi dei contribuenti. Intanto, è bene saperlo, in Italia la spesa pubblica per la sanità scende al 7% del Pil, quindi tra le più basse dell’Europa occidentale. Non si può pensare di rilanciare la PA senza investire in formazione, in tecnologia, in innovazione dell’organizzazione e, soprattutto, nel coinvolgimento di chi ci lavora, valorizzandone la professionalità, inserendo stabilmente i giovani nativi digitali a gestire la transizione 2.0 e riconoscendo i loro diritti, a partire dal rinnovo dei contratt”.

“Un dato positivo - riconosce Grasselli -, sta nella previsione ancora del tutto generica, del riconoscimento di una specificità professionale alla sanità nell’ambito della riforma della PA. Il Ministro Lorenzin probabilmente ha sostenuto le richieste di Cosmed e delle OOSS della dirigenza medica. Cosa bolle in pentola però non è dato sapere”. La decadenza dell’obbligo assicurativo per i medici e sanitari del Ssn e l’incremento del numero delle borse per la specializzazione dei medici, “fanno sperare che il settore abbia nei prossimi passaggi legislativi la giusta attenzione”. Invece,”l’estensione della rottamazione ai direttori di struttura potrebbe favorire la già pesante falcidia di posizioni apicali della sanità. Se i medici e i dirigenti sanitari, come chiesto ripetutamente negli ultimi anni, saranno classificati al di fuori del ruolo unico della dirigenza della PA potrebbe aprirsi una stagione più rispettosa della competenza tecnico scientifica di chi opera nel settore; una fase in cui le carriere si potranno nuovamente basare più sul merito professionale che sulla managerialità di dirigenti cui, nella stragrande maggioranza dei casi, nelle aziende sanitarie bloccate dai piani di rientro e dai tagli non è di fatto consentito gestire niente”.

“Questa riforma - conclude Grasselli - avrà un senso e una utilità pratica solo se riuscirà a rimotivare i professionisti della salute, anche attraverso un nuovo stato giuridico che li preservi dalle logiche burocratiche che rispondono alle esigenze dei ministeri e mediante un percorso nuovo che, anche ridiscutendo l’obbligo di una specializzazione universitaria per l’inserimento nel Ssn, fondi le specializzazioni e la carriera sull’apprendimento sul posto di lavoro, sul merito e sulla professionalità”.

 

18 giugno 2014
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