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Farmacisti. Elezioni Utifar. Il presidente Leopardi: “Vogliamo essere sempre più un punto di riferimento per la professione”


L’8 luglio a Roma si rinnova il Consiglio direttivo dell’Unione tecnica Italiana farmacisti. Il presidente uscente, Eugenio Leopardi, fa un bilancio positivo dei suoi 6 anni alla guida dell’associazione e si dice pronto ad affrontare nuove sfide. Le sue priorità: rafforzare la formazione scientifica e creare più opportunità di confronto tra le diverse espressioni della professione del farmacista.

02 LUG - Si svolgerà l’8 luglio a Roma l’assemblea elettorale per il rinnovo del Consiglio direttivo dell’Unione tecnica Italiana farmacisti. Eugenio Leopardi finirà quel giorno il suo secondo mandato, ma si dice pronto ad accettare la sfida di un terzo. “Sono orgoglioso di avere guidato l’Utifar negli ultimi sei anni, ma nella vita di una professione emergono sempre nuovi spunti, nuove difficoltà e nuove sfide su cui mi piacerebbe poter continuare a lavorare insieme a tutti gli iscritti Utifar”. Tra le priorità: “Rafforzare la formazione scientifica” e “creare più opportunità di confronto tra le diverse espressioni della professione del farmacista”.

Presidente Leopardi, qual è il bilancio del suo mandato?
Sono orgoglioso di avere potuto guidare l’Utifar negli ultimi 6 anni e, dai riconoscimenti ottenuti dai colleghi, credo di aver ridato alla nostra associazione quella visibilità di cui aveva bisogno. Lo dimostra il fatto che oggi anche voi vi interessate delle elezioni dell'Utifar. La linea che ho scelto di seguire è stata quella di conservare e rafforzare i valori sui cui i padri fondatori, nel 1957, decisero di fondare l’Utifar, cioè tecnica, scienza e cultura. Sono questi, del resto, gli elementi più importanti della professione del farmacista e devono essere dunque questi a guidare l’operato delle associazioni di categoria, in particolare dell’associazione che si prefigge di essere il punto di riferimento tecnico-scientifico della farmacia e di promuovere la specializzazione professionale del farmacista.
Questa è l’eredità che mi ha lasciato il mio predecessore Renato Grendene, che purtroppo ci ha lasciato troppo presto, ed è questa la strada che ho seguito in questi 6 anni e che, se dovessi essere confermato presidente Utifar, continuerò a seguire.

Oltre a lei, in questo imminente appuntamento elettorale ci sono altri candidati alla presidenza di Utifar?
Anzitutto, devo premettere che non è corretto parlare di candidati alla presidenza. Il sistema elettorale di Utifar prevede che tutti i soci sono candidati ed elettori al tempo stesso. Detto questo, apprendo dai social media che Maurizio Cini, eletto consigliere e nominato vicepresidente dal consiglio direttivo uscente, ha avanzato una propria candidatura, criticando l' attività scientifica svolta Utifar che, secondo Cini, sarebbe stata insufficiente, ma dimenticando di citare il nome del responsabile scientifico dell'Utifar, fino a pochi mesi fa.

E’ stato difficile essere il presidente dell’Utifar?
Le difficoltà ci sono sempre. Le opinioni, all’interno del Consiglio direttivo, a volte divergono, le criticità del sistema sanitario e del Paese intero si ripercuotono sulla professione e di conseguenza creano ostacoli a cui dovere dare una risposta o impongono l’abbandono di progetti che invece ambivamo a realizzare. Ma abbiamo lavorato bene, perché abbiamo impostato il lavoro sul confronto, sul dialogo, sulla condivisione di tutti i percorsi. A volte è stato più semplice, altre volte è stato più difficile, ma sono molto orgoglioso dei risultati raggiunti.

L’Utifar non è l’associazione dei titolari, né dei collaboratori, ma unisce un po’ tutte le componenti della professione. Sappiamo che i farmacisti vivono una situazione di gravi divisione interne. L’Utifar vive la stessa problematica?
L’Utifar è un’associazione su base volontaria. Chi vi partecipa lo fa con spirito di servizi e quindi è ben disposto al confronto con tutte le realtà in cui si esprime la professione. Del resto, noi ci concentriamo sugli aspetti tecnici-scientifici, e c’è da intervenire e da imparare in tutti gli ambiti, da quello ospedaliero a quello territoriale. Questo è quello che accade in Utifar, ma sono convinto che la professione debba ricompattarsi e che questo obiettivo dovrebbe essere perseguito da tutte le associazioni di categoria. Questa divisione non aiuta nessuno, anzi, ci indebolisce, agli occhi dei cittadini e agli occhi della politica.

La farmacia sta vivendo un periodo di grande difficoltà. Come sono percepite queste difficoltà dall’Utifar, la cui mission è concentrata sugli aspetti scientifici?
Viviamo in un periodo molto particolare e molto difficile. Come detto prima, la crisi del paese si ripercuote sulla farmacia e sulla professione. L’Utifar non ignora queste difficoltà, ma anzi, cerca di offrire delle risposte, anzitutto attraverso soluzioni scientifiche. La nostra professionalità, il nostro sapere, le nostre competenze, sono il nostro punto di forza e dobbiamo esserne sempre più consapevoli. L’Utifar può fare molto per aiutare il farmacista a potenziare la sua attività in molti settori importanti per i cittadini ma su cui la formazione universitaria si concentra poco. Parlo della galenica, dell’omeopatia, della cosmetica, dei farmaci veterinari, dell’alimentazione nella prima infanzia, della fitoterapia, degli ausili ortopedici. Maggior sapere può tradursi in maggiore attività, e quindi essere una risposta alla riduzione della redditività che la farmacia ha vissuto in questi anni, con conseguenze anche drammatiche. E’ noto che molte farmacie sono fallite e tante altre sono sull’orlo del fallimento.

La galenica ormai è poco diffusa nelle farmacie italiane. Crede che invece potrebbe tornare a ricoprire un ruolo importante?
La galenica è stata abbandonata quando è nato il farmaco industriale. Ma ci si è resi conto che resta necessaria, perché i farmaci industriali non sono in grado di offrire sempre le migliori risposte. La galenica può invece essere un aiuto ai pazienti, ma anche portare indotto culturale ed economico alla farmacia. Proprio per questo l'Utifar ha individuato, all'interno di Farmadays, la galenica come una delle aree prioritarie a cui prestare attenzione.

In conclusione, quali sono i traguardi raggiunti in questi 6 anni di presidenza Utifar che la rendono particolarmente orgoglioso?
Positivo è stato anzitutto avere ridato dignità ad Utifar dopo un periodo di difficoltà a seguito della prematura scomparsa del dottor Grendene. Finalmente si è tornato a parlare di Utifar e ad identificare l’Utifar come un elemento di supporto importante per la professione. Per raggiungere questo scopo, proprio su indicazione del dottor Grendene, abbiamo avviato nel 2009 una serie di convegni sulla professione. Il primo è stato a Roma, dove si è svolto un confronto con l’Europa sul tema della remunerazione della farmacia italiana. Nel 2010 ci siamo ritrovati a Caserta per parlare dei servizi nella farmacia e nel 2011 a Rimini per parlare di farmacia a 360°. Questa esperienza ci ha convinti, nel 2012, dell’utilità di creare Farmadays, che non è un evento nel senso spettacolare del termine, ma è piuttosto un contenitore di idee per offrire sempre nuovi stimoli alla professione, che in quel periodo si sentiva stanca, demotivata e disorientata dai tanti cambiamenti, anche politici, che si stavano ripercuotendo negativamente sulla farmacia.
Farmadays, voglio sottolinearlo, non è stata un’iniziativa commerciale, come alcuni l’hanno voluta interpretare. C’è una parte espositiva, è vero, ma anche quello è un elemento utile alla professione, oltre che un elemento necessario a coprire le spese organizzative. Farmadays è però soprattutto, lo ribadisco, un contenitore di idee e un luogo di aggiornamento, come dimostrano i temi che si sono affrontati in quell’ambito: omeopatia, veterinaria, galenica, cosmetica solo per citarne alcuni.

Quali sono i progetti che invece le piacerebbe realizzare se venisse confermato alla guida dell’Utifar?
Uno dei progetti a cui sto pensando da tempo è quello di un “Comitato delle idee”, perché credo sia fondamentale creare maggiori occasioni di confronto. Il confronto è necessario per migliorare ed evolvere. Vorrei anche un Comitato tecnico-scientifico più forte, che sappia rispondere alla domanda di salute e alle esigenze professionali. A riguardo, abbiamo anche ricevuto la disponibilità del ministro della Salute Beatrice Lorenzin ad essere presidente onorario del Comitato.

Questo è il cosiddetto “libro dei sogni”. Quali sono, invece, gli ostacoli che dovrà affrontare l’Utifar?
Bisogna essere propositivi, trovare soluzioni innovative per rispondere alle difficoltà che affliggono la professione. Soprattutto, credo che l’Utifar, oggi, dopo aver riacquisito visibilità, debba tornare ad essere sul territorio, cioè creare momenti di confronto in ogni area di Italia per poter essere vicini e trasmettere sapere a tutti i colleghi. L’Utifar nasce proprio così, dalla base. Nel 1957 aveva sezioni in tutte le Regioni. Purtroppo, per un motivo o per un altro, le attività locali sono state per lo più abbandonate. Ma è un errore. Dobbiamo essere compatti e vicini. Per questo è mia intenzione ridare vita a un Utifar del territorio.

02 luglio 2014
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