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Infermiere di famiglia e comunità. La Lombardia apripista del nuovo ruolo per la professione


Anticipando le scelte di Governo e Regioni che stanno per definire l’intesa nazionale sulle competenze specialistiche delle professioni sanitarie i rappresentanti della Regione hanno presentato il progetto regionale per il riconoscimento della figura dell’infermiere di famiglia e di comunità

27 OTT - Competenze specialistiche: ecco l’infermiere di famiglia. Un infermiere dedicato alla promozione della salute e alla prevenzione della malattia, alla riabilitazione, all’assistenza ai cronici e ai malati terminali, che gestisce il processo assistenziale, analizza i bisogni di salute della famiglia e della comunità,  garantisce la continuità assistenziale. Un infermiere che in Lombardia sta diventando realtà.
 
Mentre nel fine settimana a Roma assessori alla sanità e Governo hanno avviato la discussione per giungere all’intesa  Stato-Regioni che formalizzerà definitivamente il nuovo percorso delle competenze specialistiche della professione infermieristica e delle professioni sanitarie e hanno dato il via al tavolo previsto dal nuovo Patto per la salute per ridisegnare nel complesso i ruoli di tutto il personale sanitario, al Pirellone di Milano i Collegi Ipasvi della Lombardia (Bergamo,  Como, Cremona, Lecco, Mantova, Pavia, Sondrio e Varese) e i rappresentanti della Regione hanno presentato il progetto regionale per il riconoscimento della figura dell’infermiere di famiglia e di comunità “quale risorsa per un reale sviluppo del territorio a favore dei bisogni assistenziali della popolazione e per una gestione ottimale” – anche dal punto di vista economico con una gestione ottimale delle risorse  – dei servizi sul territorio.
 
E lo ha fatto per primo, durante il convegno “Le competenze specialistiche in sanità: L’infermiere di famiglia e comunità, un confronto tra esperienze in Europa”, il presidente della commissione III Sanità della Regione Lombardia, Fabio Rizzi, che ha sottolineato il valore degli infermieri a sostegno del sistema socio sanitario regionale: “La professione infermieristica è uno degli interlocutori che in questo momento Regione Lombardia sta chiamando a discutere per il futuro del sistema sanitario Lombardo e l’infermiere di famiglia è una delle figure cardini della nuova rete territoriale”. Gli infermieri, secondo il direttore generale famiglia della Regione, Giovanni Daverio, sono fondamentali e l’orientamento che si sta seguendo è corretto.
 
D’altra parte l’infermiere di famiglia è già una realtà per i modelli universalistici di assistenza più avanzati in Europa. Con il coordinamento di Enrico Frisone, presidente del Collegio Ipasvi di Pavia, sono state illustrate le esperienze di Spagna e Scozia, a dimostrazione dell’efficacia per l’organizzazione dei sistemi socio sanitari e nei confronti della popolazione del lavoro dell’infermiere sul territorio.
 
Anche il Governo e le Regioni vanno in questo senso, come ha confermato Saverio Proia, dirigente alla direzione generale delle professioni sanitarie del ministero della Salute  in collegamento telefonico dalla riunione Governo-Regioni di Roma, che ha annunciato l’inserimento nella legge di stabilità 2015 della previsione di sviluppo per le competenze professionali e loro valorizzazione: “Abbiamo intrapreso la via del non ritorno, necessaria per cambiare e ridisegnare realmente il sistema sanitario nazionale. E’ l’unica strada percorribile”.
 
Gli infermieri sono pronti al loro nuovo livello di responsabilità con uno spirito di piena collaborazione  con le altre figure professionali che assistono i pazienti sul territorio, medici in testa, come ha assicurato la presidente nazionale della Federazione Collegi Ipasvi Annalisa Silvestro, senatore in commissione Igiene e Sanità a palazzo Madama.
 
Un percorso già avanzato in Lombardia, come ha ricordato Beatrice Mazzoleni, presidente del Collegio Ipasvi di Bergamo e membro del Comitato centrale della Federazione che ha contestualizzato nell’ambito regionale i percorsi fatti negli ultimi anni per il riconoscimento della figura dell’infermiere di famiglia e di comunità quale risorsa per un reale sviluppo del territorio a favore dei bisogni assistenziali della popolazione.
 
“Le istituzioni credono in loro e gli infermieri adesso devono fare un balzo avanti dal punto di vista culturale per comprendere e dimostrare, come è nei fatti, che il futuro del servizio sanitario nazionale è anche, se non soprattutto, nelle loro mani”, ha affermato Mario Del Vecchio del Cergas Bocconi in base alle analisi condotte dalla sua Università della professione infermieristica e  del possibile sviluppo sostenibile del Ssn.
 
Il prossimo passo dovranno essere – almeno in Lombardia dove l’infermiere di famiglia è praticamente realtà - i nuovi percorsi didattici degli infermieri che secondo Paola Obbia, presidente dell’Associazione infermiere di famiglia e comunità devono concentrarsi sulle competenze richieste al ruolo professionale per lo sviluppo di tale figura.
 
"L’obiettivo raggiunto dimostra i risultati che si stanno ottenendo dopo due anni d’interlocuzione, sensibilizzazione e presenza della professione nei tavoli regionali” hanno concluso Frisone e Mazzoleni, confermando che il percorso intrapreso dalla regione “potrà portare importanti risultati a favore del riconoscimento professionale e dei cittadini lombardi”.

27 ottobre 2014
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