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Aquisti centralizzati. Derrico (Sihta): “Sistema fallimentare se usato in modo inappropriato”

di Pietro Derrico

Se da un lato la “centralizzazione” ben si adatta all’acquisto di beni a basso contenuto tecnologico, consentendo prezzi vantaggiosi e uniformi per le Aziende sanitarie pubbliche, dall’altro, rischia di divenire un mero “confronto tra prezzi”, inammissibile per beni e servizi ad alta complessità.

06 MAG - Il sistema Consip e le centrali uniche di acquisto regionali continuano a determinare una situazione di grave disagio nei manager e tra i professionisti delle strutture pubbliche del Ssn, nelle aziende di settori complessi e delicati come il biomedicale e a suscitare la riprovazione da parte dei più illustri rappresentanti di categoria (Società Scientifiche, Associazioni). In tale solco si è recentemente inscritta la gara per i “Servizi Integrati per la Gestione delle Apparecchiature Elettromedicali (SIGAE) 4”, indetta da Consip, e aggiudicata ad un prezzo irrisorio, incompatibile con gli standard minimi riconosciuti anche a livello internazionale. A conferma di ciò, è di qualche giorno fa la notizia dell'annullamento da parte del TAR per il Lazio del provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara SIGAE 4 (per i lotti n. 3 e n. 5).

Nonostante tale provvedimento, persistono i dubbi circa le conseguenze sulla sicurezza e sostenibilità di servizi essenziali come la manutenzione delle apparecchiature biomediche e il conseguente rischio per la qualità dei servizi diagnostico-terapeutici offerti al paziente. Infatti, se da un lato la “centralizzazione” ben si adatta all’acquisto di beni a basso contenuto tecnologico (o a prodotti altamente standardizzabili), consentendo prezzi di aggiudicazione vantaggiosi e uniformi per le Aziende Sanitarie pubbliche, dall’altro, decontestualizzando l’offerta e minimizzando gli aspetti qualitativi dei beni, rischia di divenire un mero “confronto tra prezzi”, inammissibile per beni e servizi ad alta complessità, che rispondono inevitabilmente ad “esigenze non standardizzabili” e che devono essere valutate tenendo conto delle condizioni di contesto e delle specificità del committente, spesso assai diverse nel panorama nazionale (organizzazione, personale, livello attività assistenziali, presenza e specificità ricerca scientifica, caratteristiche ed età strutture fisiche, tipologia e distribuzione del patrimonio tecnologico, logistica territoriale, etc.).

La banale massificazione dei beni e servizi, infatti, provoca l’appiattimento dell’innovazione tecnologica traducendosi in un rischio per la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti, oltreché l’impoverimento del sistema nazionale di produzione degli stessi beni e servizi sanitari tanto apprezzati all’estero.
Non meno allarmante risulta il “pacchetto HTA”, anch’esso “(s)venduto” all’interno della medesima convenzione (cfr sito: www.acquistinretepa.it), mediante il quale sarebbe stato possibile acquistare low-cost l’attività strategica di valutazione di investimenti e disinvestimenti.

La lodevole volontà del Governo di “promuovere l’uso di dispositivi medici costo-efficaci, nel senso di migliorare la capacità del Servizio Sanitario Nazionale di selezionare i dispositivi medici e le tecnologie elettromedicali in relazione al valore generato nel sistema”, mirando alla “creazione di un modello istituzionale di HTA dei dispositivi medici”, appare così in stridente contrasto con il consolidamento del processo di centralizzazione degli acquisti, promosso senza alcuna differenziazione tra le tipologie di beni eservizi ma di fatto fortemente supportato dallo (stesso) Governo. La valutazione multidisciplinare delle tecnologie sanitarie (richiamata negli ultimi PSN e nel Patto della Salute del 2014) è, al contrario, una rilevante opportunità per garantire un equo e omogeneo accesso dei pazienti alle cure, soprattutto quelle con livelli assistenziali particolarmente complessi, in ragione del progresso tecnologico messo a disposizione dall’industria.

Secondo la Società Italiana di HTA, ricentralizzando concretamente l’attenzione sui cittadini e i loro bisogni di salute, la questione meriterebbe una presa di posizione più determinata e coerente da parte del Governo, al fine di favorire una reale ed efficace attività di valutazione delle tecnologie sanitarie, così come sottolineato da tempo dal Ministero della Salute, evitando altresì un’interpretazione astratta delle normative e delle linee guida esistenti. Oggi, la sentenza del TAR per il Lazio rappresenta un opportuno rallentamento per riflettere ancora sul valore del SSN e da sfruttare per mettere in atto azioni di miglioramento della qualità dell’assistenza, incrementando l’efficienza delle strutture che erogano le prestazioni sanitarie.

Pietro Derrico
Vice Presidente SIHTA 

06 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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