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Chirurgia estetica. L’85% dei pazienti è donna. Ma la professione resta quasi del tutto maschile 


E' donna infatti solo il 13,5% degli iscritti nelle società di chirurgia plastica italiane. E' il dato emerso durante il congresso dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe). “In Italia la gran parte dei chirurghi plastici donna è figlia, moglie o fidanzata di chirurghi plastici o di dottori: è difficile che, senza un background familiare, ci si specializzi in questo settore”.

13 MAG - Ogni 10 pazienti di chirurgia estetica, più di 8 (l’85%) sono donne. Eppure il mondo dei chirurghi plastici è tutto al maschile: appena il 13,5% degli specialisti iscritti nelle società di chirurgia plastica in Italia sono donne. Un apparente paradosso, visto che l’intesa tra donne risulta migliore e le dottoresse sono più attente ed empatiche e tendono a entrare più in sintonia con i pazienti e a coglierne le necessità inespresse. Il tema è stato affrontato in un’apposita “sessione rosa” durante il congresso dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe) che si è svolto a Firenze.

Protagoniste alcuni chirurghi plastici donna provenienti un po’ da tutta Italia. “Abbiamo voluto aprire un dibattito tra le donne chirurgo per cercare di capire come mai, ancora oggi, sia una professione dove gli uomini prevalgono” afferma il presidente di Aicpe, Mario Pelle Ceravolo.
Il quadro che è emerso è quello di una professione dove le donne sono l’eccezione. “In Italia la gran parte dei chirurghi plastici donna è figlia, moglie o fidanzata di chirurghi plastici o di dottori: è difficile che, senza un background familiare, ci si specializzi in questo settore” hanno concordato le chirurghe durante il congresso Aicpe.

“È una professione che richiede rinunce e sacrifici anche nella vita privata – dice Francesca Grippaudo, docente all’Università La Sapienza di Roma -. Gli studi sono lunghi ed è un lavoro in cui non ci sono orari: forse anche per questo poche donne scelgono questa strada. È un peccato, perché le donne sono comunicatrici migliori e sanno cogliere anche i segnali non verbali, riuscendo a soddisfare meglio le esigenze dei pazienti.Il percorso per diventare chirurgo plastico è lungo e si guadagna più tardi rispetto ad altre professioni, che spesso hanno il pregio di essere meno problematiche”.

Una delle poche eccezioni è costituita da Stefania Bucher, prima donna primaria in chirurgia plastica in Italia all’ospedale San Gallicano di Roma. “Sono primario da 15, eppure ancora oggi in sala operatoria i pazienti chiamano me “signora” e i miei specializzandi “dottori” E io rispondo “Bene, allora vi faccio operare da lui”. Cambiano subito idea – afferma -. Altre caratteristiche tipiche delle donne sono la capacità innovativa e il coraggio: da circa 8 anni ho iniziato, da sola, in ospedale, nuove strade, tra cui la ricostruzione con il tessuto adiposo e le stem cells”.
Una maggior presenza di donne tra i chirurghi potrebbe evitare anche risultati troppo artificiali: “La presenza femminile in chirurgia estetica rende spesso le scelte più corrette e più etiche – afferma Raffaella Garofalo, primario dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica e Microchirurgia all’Aurelia Hospital di Roma e responsabile dell’Istituto di Chirurgia Plastica a Roma e dell’Hesperia Hospital di Modena -. Negli ultimi anni la bellezza per le donne è spesso diventata una prigione, i cui canoni sono stati dettati da modelli definiti proprio dagli uomini-chirurghi. Noi donne abbiamo un rapporto diverso con le pazienti: l’aspetto sessuale entra meno in gioco, le valutazioni si fanno con maggiore distacco, ma nello stesso con capacità di auto identificarsi, rendendo così le scelte chirurgiche più equilibrate. Le donne chirurgo plastico hanno inoltre un tratto più delicato e un’attenzione al particolare che è tipica dell’indole femminile”.

Di certo le donne chirurgo capiscono meglio le problematiche di chi si rivolge a loro, in quanto le vivono in prima persona: “Siamo donne, proprio come la stragrande maggioranza delle nostre pazienti - afferma Paola Emiliozzi, che lavora a Civitanova Marche e Rimini -. Questo significa che conosciamo bene le problematiche che andiamo a trattare e abbiamo una cura speciale, tutta femminile, nel farlo. Per esempio nell’approccio alla chirurgia al seno, abbiamo un rispetto particolare verso la ghiandola mammaria e il suo ruolo. nell’evitare l’innesto della protesi in punti che potrebbero compromettere un futuro allattamento”.

Ma i pazienti preferiscono un chirurgo uomo o donna? “Dipende – sostiene Adriana Pozzi, specialista in chirurgia plastica eresponsabile della Chirurgia Plastica presso l’Ospedale Privato Accreditato Villa Maria di Rimini -. Alcune pazienti deluse dal risultato del chirurgo uomo vanno da una donna perché sanno che presterà più attenzione ai dettagli, altre invece scelgono un uomo perché dà più fiducia. Il rapporto con i pazienti uomini di solito è più semplice: fanno una richiesta e si fidano, mentre con la donna è più complesso». Gli uomini, di solito, sono molto predisposti a consultare un chirurgo donna: «Si rivolgono a noi per un consiglio e spesso si instaura un rapporto quasi materno” aggiunge Garofalo.

Un dato di fatto è che sempre più donne medico scelgono di dedicarsi solo alla medicina estetica, tralasciando l’aspetto chirurgico della professione, che è più complesso, rischioso e impegnativo: “Molte colleghe di specialità si sono dedicate alla medicina estetica e non alla chirurgia– conferma Pozzi -. Forse uno dei motivi è che non sono riuscite a conciliare lavoro e carriera”. In alcuni casi, tuttavia, non si tratta di un’imposizione: “Credo che, come per le donne così per gli uomini, decidere di fare bene il proprio lavoro di chirurgo, senza necessariamente diventare famosi o ricoprire cariche sanitarie di rilievo, non sia una costrizione bensì una libera scelta - dice Barbara Topan, chirurgo plastico a Treviso -. Questa scelta è di chi ama la propria professione, ma vuol godere anche di ciò che c'è al di fuori del mondo lavorativo. Altri invece fanno del proprio lavoro lo scopo di vita. E va bene anche questo. È, appunto, una scelta”.
 

13 maggio 2015
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