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Pillola del giorno dopo. Obiezione di coscienza: Federfarma e farmacisti cattolici divergono


Dopo il parere del Comitato nazionale per la Bioetica, la delicata questione dell’obiezione di coscienza dei farmacisti continua a raccogliere pareri divergenti, anche tra i farmacisti. La Fofi auspica una legge che faccia chiarezza. Ma per la presidente di Federfarma, Annarosa Racca, “la legge è già chiara: il farmacista è tenuto a dispensare il farmaco”. Per Piero Uroda, presidente dei farmacisti cattolici, invece, "nelle leggi attuali vi sono già gli estremi per il riconoscimento del diritto all’obiezione”. Ecco cosa hanno detto a Quotidiano Sanità, Racca e Uroda.

03 MAR - Il farmacista ha un ruolo che può essere ricondotto a quello degli “operatori sanitari” e pertanto, in analogia a quanto avviene per altre figure professionali sanitarie (l. n. 194/1978 e l. n. 40/2004), deve necessariamente essere riconosciuta anche a questa categoria professionale il diritto all’obiezione. È questa l’opinione di una parte del Comitato nazionale di bioetica, secondo la quale il fatto che il farmacista svolga un ruolo “meno diretto” rispetto a chi pratica clinicamente l’aborto non è una ragione sufficiente per invalidare l’argomento a favore della clausola morale, dato che la consegna del prodotto contribuisce ad un eventuale esito abortivo in una catena di causa ed effetti senza soluzione di continuità.
Ad opporsi a questa versione c’è però l’alta parte del Cnb, per la quale non si può assimilare la figura del farmacista a quella del medico, dato che la ricetta legittima la consegna del farmaco senza alcun coinvolgimento giuridico del farmacista, il quale non ha potere di entrare nel merito delle scelte effettuate dal medico.
Insomma, un Cnb diviso quello che lo scorso 25 febbraio si è pronunciato sulla delicata questione dell’obiezione di coscienza per la pillola del giorno dopo.
Per il presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti, Andrea Mandelli, “è evidente che il tema è complesso e gli orientamenti sono ovviamente differenziati. Mi sembra quindi, come sempre sostenuto dalla Federazione, che la soluzione stia in un intervento del legislatore che tenga conto del disagio di una parte dei farmacisti ma tuteli anche il diritto della paziente a veder soddisfatta una prescrizione medica”.

Sulla questione Quotidiano Sanità ha raccolto le opinioni di Annarosa Racca, presidente del sindacato dei titolari di farmacia (Federfarma) e Piero Uroda, presidente dell’associazione dei farmacisti cattolici. E ne emerge che anche tra i farmacisti le posizioni sono fortemente divergenti.

Come avete accolto il parere del Cnb?
RACCA La questione è indubbiamente delicata, ma personalmente non sono d’accordo. La pillola del giorno dopo è un farmaco per il quale è prevista la prescrizione medica e il farmacista non può invalidare una prescrizione medica. Se proprio vogliamo parlare di obiezione, va però sottolineato che il farmacista potrà anche essere obiettore, ma la farmacia no.
URODA Una parte del Cnb si è trovata d’accordo nel riconoscere al farmacista il diritto all’obiezione. Una posizione che abbiamo accolto con favore, perché siamo convinti che l’obiezione sia un diritto del farmacista. Il farmaco viene comunque garantito alla donna, che può farne richiesta ad altre farmacie. E poi diciamolo, si tratta di un allarme infondato, perché nei fatti la maggior parte delle farmacie dispensa quel farmaco. Non c’è alcun diritto della donna negato. I farmacisti cattolici chiedono solo che non venga leso il loro.

Ritiene che una legge a riguardo sia necessaria?
RACCA C’è già una legge che dice che il farmacista ha il dovere di dispensare, sotto prescrizione, ogni tipo di farmaco. Non possiamo rifiutarci e se quel farmaco non è disponibile presso la nostra farmacia, la legge dice che dobbiamo procurarlo nel minor tempo possibile.
Le nostre strutture sono un presidio fondamentale del Servizio Sanitario Nazionale e in quanto tale devono garantire un servizio, che è quello di dispensare tutti i farmaci che sono in commercio.
URODA Una legge che chiarisca definitivamente la materia sarebbe senz’altro utile, ma nelle leggi attuali vi sono già gli estremi per il riconoscimento del diritto all’obiezione da parte del farmacista. Lo ha anche spiegato chiaramente il magistrato del Tribunale di Firenze, Giacomo Rocchi, nel corso del suo intervento a un convegno sul tema organizzato alcuni mesi fa al Senato. In sostanza l’articolo 9 della legge 194 assicura l’obiezione a tutto il personale sanitario. In quell’occasione il magistrato ha inoltre sottolineato che non è compito dell’obiettore farsi carico della erogazione del servizio pubblico. Questo è un compito che spetta alla Regione e allo Stato.
È quindi anche escluso l’obbligo, in caso di obiezione, di assumere un farmacista non obiettore che lavori in quella farmacia. Anche perché non tutti sono nelle condizioni di farlo, ma soprattutto per una questione di coscienza. Io non collaboro con l’interruzione della vita, neanche assumendo un farmacista non obiettore.

Può però crearsi un contrasto tra le convinzioni più profonde di una persona e i suoi doveri di professionista…
RACCA Un farmacista può negare un farmaco solo se intuisce che può essere dannoso per il paziente. Possono capitare casi di errori di prescrizione ed è compito del farmacista, nel momento in cui riceve e legge una prescrizione, assicurarsi della correttezza della prescrizione prima di dispensare il farmaco ed intervenire in caso di dubbi. Ma il farmacista non può negare quello che un medico ha prescritto, perché il medico conosce la storia clinica del paziente, che potrebbe avere qualsiasi tipo di valida ragione per assumere quel farmaco. Il farmacista non può entrare nel merito di questa scelta. Vogliamo dargli il diritto all’obiezione. Va bene, ma che sia previsto che in ogni farmacia dove c’è un obiettore ci sia, obbligatoriamente, anche un farmacista non obiettore, perché la consegna del medicinale al cittadino deve comunque essere garantita.
URODA Non ritengo che il mio essere cattolico sia in contrasto con la mia scelta di essere un farmacista, proprio perché in entrambi i casi sono convinto che il principio da seguire sia quello della tutela della vita. Al di là del fatto che quando io ho iniziato questa professione, la legge sull’aborto non esisteva ancora e la pillola del giorno dopo era ancora lontana. Ma la questione è: se al medico è garantito il diritto a negare la prescrizione, perché al farmacista non è garantito il diritto di dispensare lo stesso farmaco?

Dottor Uroda, parlava di tutela della vita, ma c’è anche la tutela del benessere psico-fisico del paziente. Non crede che una donna che decide di abortire o di assumere la pillola del giorno dopo stia affrontando un momento difficile che mina anche la sua salute psico-fisica?
URODA Sicuramente. Io non sono un colpevolista. Ma credo che se veramente si vuole aiutare la donna, allora occorra farlo attraverso programmi di educazione. Che devono essere rivolti anche agli uomini. E non mi riferisco solo all’educazione sessuale e ai metodi per evitare gravidanze indesiderate. Mi riferisco a un’educazione alla procreazione. Al significato profondo che c’è dietro l’atto sessuale. All’affettività, sia all’interno della coppia che nei confronti della vita che l’unione tra due persone può generare.
Sono certo che dietro a un aborto e alla scelta di assumere la pillola del giorno dopo vi siano dei disagi. Ma non è la pillola del giorno dopo a portare una reale serenità nella vita di una donna.
 

03 marzo 2011
© Riproduzione riservata

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