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Farmacie e conservazione fatture elettroniche. I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate


Se il conservatore delle fatture elettroniche è un soggetto terzo, il contribuente non è tenuto a farne comunicazione mediante il modello AA9/11. A patto sia garantita la possibilità di visionare e acquisire direttamente, presso la sede del contribuente ovvero del “depositario” delle scritture contabili, la documentazione fiscale, compresa quella che garantisce l’autenticità ed integrità delle fatture. LA CIRCOLARE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE.

02 OTT - Arrivano dall’Agenzia delle Entrate nuove chiarimenti in tema di conservazione fatture elettroniche delle farmacie. La spiegazione muove le mosse dal quesito posto da un farmacista titolare che per la fatturazione elettronica nei confronti delle Asl si avvale di apposita società che si occupa, tra le altre cose, della conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche. In particolare, il farmacista chiede all’Agenzia di sapere se sia obbligatorio di presentare, entro 30 giorni dall’emissione della prima fattura nei confronti delle ASL, tramite modello AA9/11 la comunicazione del nuovo depositario delle scritture contabili relativamente al soggetto che si occupa della conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche verso le ASL o se sia sufficiente la semplice comunicazione mediante il modello Unico 2016.

L’Agenzia delle Entrate spiega quindi che il D.M. 17 giugno 2014, emanato in attuazione delle norme contenute nell’articolo 39, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che:

- i documenti informatici sono conservati in modo tale che «siano rispettate le norme del codice civile, le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale e delle relative regole tecniche e le altre norme tributarie riguardanti la corretta tenuta della contabilità» (cfr. l’articolo 3);

- «il contribuente comunica che effettua la conservazione in modalità elettronica dei documenti rilevanti ai fini tributari nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di riferimento. In caso di verifiche, controlli o ispezioni, il documento informatico è reso leggibile e, a richiesta, disponibile su supporto cartaceo o informatico presso la sede del contribuente ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture dichiarato dal soggetto ai sensi dell’art. 35, comma 2, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Il documento conservato può essere esibito anche per via telematica secondo le modalità stabilite con provvedimenti dei direttori delle competenti Agenzie fiscali. (…)» (così l’articolo 5).

“Inoltre – prosegue l’Agenzia - , ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lettera d), del D.P.R. n. 633 del 1972, dalla dichiarazione di inizio attività deve, tra gli altri, risultare il luogo in cui sono tenuti e conservati «i libri, i registri, le scritture e i documenti prescritti dal presente decreto e da altre disposizioni», nonché, ai sensi del successivo comma 3, ogni eventuale variazione del luogo di conservazione.

Dal combinato disposto delle norme richiamate – chiarisce dunque l’Agenzia - emerge:

a)    la facoltà, per chi emette/riceve fatture elettroniche, di conservare le stesse, così come le altre scritture contabili, tanto sul territorio nazionale, quanto all’estero, in Paesi con i quali esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza;

b) l’obbligo di comunicare, tramite la dichiarazione dei redditi, che nell’anno di riferimento si è proceduto alla conservazione sostitutiva;

c) in caso di controlli e verifiche, l’obbligo di rendere leggibili ed accessibili i documenti (fatture in primis) tanto dalla sede presso cui il contribuente svolge la propria attività, quanto dal diverso luogo in cui gli stessi sono fisicamente collocati, previa apposita dichiarazione da effettuare ai sensi del citato articolo 35, comma 2, lettera d), del D.P.R. n. 633 del 1972.

L’Agenzia sottolinea quindi che il concetto di ‘conservazione’ delle scritture contabili “deve necessariamente tenere conto del processo di dematerializzazione dei documenti fiscalmente rilevanti. In tale processo, infatti, il conservatore è il soggetto, definito dal CAD e riportato nel manuale di conservazione, il quale opera solo il processo di “conservazione elettronica” dei documenti fiscali. Questi può, peraltro, coincidere con il contribuente, oppure può assumere la veste del depositario (ossia di colui che gestisce la contabilità e che, ai fini fiscali, assume specifiche responsabilità), o può essere un soggetto terzo. In tale ultima ipotesi, oggetto della presente istanza, poiché il conservatore (“elettronico”) non è il depositario delle scritture, il contribuente non è tenuto a farne comunicazione mediante il modello AA9/11 (essendo, in ogni caso, gli estremi identificativi del conservatore riportati obbligatoriamente nel manuale della conservazione), nel presupposto che, in caso di accesso, i verificatori siano messi in condizione di visionare e acquisire direttamente, presso la sede del contribuente ovvero del “depositario” delle scritture contabili, la documentazione fiscale, compresa quella che garantisce l’autenticità ed integrità delle fatture, al fine di verificarne la corretta conservazione. Va da sé che la mancata esibizione dei documenti sopra richiamati comporta gli effetti previsti dagli articoli 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 52 del D.P.R. n. 633 del 1972”.
 

02 ottobre 2015
© Riproduzione riservata

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