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Tar Veneto ribadisce: "No a Fascia C con ricetta fuori dalla farmacia"

di Avv. Paolo Leopardi

Una recente sentenza del Tribunale amministrativo di Venezia ha ribadito la legittimità del diniego all’autorizzazione della vendita dei farmaci soggetti a prescrizione medica nell’ambito di una parafarmacia richiesta dal suo titolare. In definitiva, ancora una volta, la giurisprudenza sposa le tesi dei titolari di farmacie. LA SENTENZA

27 NOV - Nel corso degli ultimi tempi leggiamo sempre più spesso delle “schermaglie politiche” tra rappresentanti dei titolari di parafarmacie (ma ancor più i rappresentanti della “grande distribuzione”) ed il sindacato dei titolari di farmacia in merito alla possibilità di vedere c.d. “farmaci di fascia C” fuori dalle farmacie e quindi nelle parafarmacie e nei “corner” farmaceutici posti all’interno di supermercati e centri commerciali.
 
Ebbene, una recente sentenza del TAR Veneto (Sez. III, 6 novembre 2015 n. 141) ha ribadito la legittimità del diniego all’autorizzazione della vendita dei farmaci soggetti a prescrizione medica nell’ambito di una parafarmacia richiesta dal suo titolare.
 
La decisione del TAR Veneto afferma che alla luce della pronuncia della corte costituzionale n. 216/2014, è legittimo il diniego all'autorizzazione alla vendita anche dei farmaci soggetti a prescrizione medica nell'ambito della conduzione di una parafarmacia comprese quelle soggette a prescrizione medica ex art. 87, c. 1, del d.lgs n. 219/2006, richiesta dal suo titolare, nonostante l'abilitazione all'esercizio della professione di farmacista ed iscritto all'albo professionale relativo. “Il regime delle farmacie, afferma la sentenza, è conforme all'ordinamento comunitario e al principio di tutela della concorrenza in quanto l'incondizionata liberalizzazione di quella categoria di farmaci inciderebbe con effetti non privi di conseguenze sulla distribuzione territoriale delle parafarmacie le quali, non essendo inserite nel sistema di pianificazione di cui al d.l. n. 201 del 2011, potrebbero alterare il sistema stesso, posto prima di tutto a garanzia della salute dei cittadini. Del resto la Corte di Giustizia ha osservato come l'art 49 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea debba essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che impedisce a un farmacista non titolare di farmacia compresa in pianta organica di distribuire al dettaglio, in una parafarmacia, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del servizio sanitario nazionale, bensì vengono pagati interamente dall'acquirente. La salute e la vita delle persone, infatti, occupano una posizione preminente tra gli interessi protetti dal trattato e spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la tutela della salute pubblica e il modo in cui tale livello debba essere raggiunto”.
 
In definitiva, ancora una volta, la giurisprudenza sposa le tesi dei titolari di farmacie.
 
Vale la pena, almeno a parere di chi scrive, di riflettere sui motivi che possono indurre, anche le Autorità Giudiziarie, a stabilire che il farmaco debba essere venduto in farmacia e non altrove.
Non solo perché il farmaco trova la sua naturale collocazione in farmacia piuttosto che nei banchi dei supermercati seppur gestiti da farmacisti ma anche perché le più banali leggi della concorrenza, delle quali  ogni tanto si parla, prevedono che non venga limitato il numero dei punti vendita e che non venga limitata la proprietà degli stessi a categorie specifiche.
 
Ebbene, questi due requisiti nel settore delle farmacie sono stati già realizzati se solo pensiamo alla riduzione del quorum (farmacia ogni 3.300 abitanti) dettato dalla Legge 27/2012 e all’ingresso dei non farmacisti nella proprietà delle farmacie dettato dal DDL sulla concorrenza ormai in via di trasformazione in legge dello stato.
 
Non vi è modo, quindi, di capire perché dinanzi a tutto ciò  si voglia ancora insistere sulla possibilità della vendita dei farmaci fuori dalla farmacie.
 
Forse la risposta a questo quesito, a sommesso avviso di che scrive, nasconde la reale volontà della grande distribuzione che intende avere l’accesso alla vendita dei farmaci ma non investendo economicamente nel mondo delle farmacie, acquisendo alcune di dette aziende, bensì, senza alcun dispendio di economia preferendo piuttosto aumentare la tipologia dei prodotti da vendere sui “banchi” dei propri esercizi.
 
Ed allora non credo si possa additare la categoria dei farmacisti di essere “lobby” e contestare agli stessi il monopolio del farmaco in quanto, concluso l’iter legis del citato DDL, chiunque vorrà potrà essere proprietario di farmacia investendo in questo settore così come  hanno investito i tanti titolari di farmacia sino ad oggi ma continuando ad osservare le regole del servizio farmaceutico che più e più volte l’Autorità Giudiziaria Italiana e anche Comunitaria hanno giudicato idonee a garantire la salute pubblica.
 
Viceversa, ciò che va fortemente contrastato è il progetto di chi vorrebbe con una semplice “lenzuolata” autorizzare la vendita dei farmaci fuori dalle farmacie, ponendo questi prodotti a disposizione della collettività senza quelle regole rigorose poste sinora dal legislatore a tutela di tutti noi cittadini e della nostra salute.
 
 
Avv. Paolo Leopardi                                                                                   

27 novembre 2015
© Riproduzione riservata

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