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Perché la farmacia non riesce a cambiare. Le rivoluzioni mancate: dalla farmacia dei servizi alla remunerazione professionale

di Cesare Fassari

Ormai quasi dieci anni fa, la Fofi lanciò la sua vision per una nuova farmacia, aperta ai servizi oltre che alla vendita dei farmaci. Da quell’intuizione nacque la legge del 2009 sulla farmacia dei servizi. E poi nel 2012 un altro passo avanti, sempre ispirato dal quel documento, con la previsione legislativa di un nuovo sistema di remunerazione che riconoscesse l'atto professionale. Le leggi ci sono, ma non è ancora cambiato nulla...

02 DIC - Farmacia dei servizi e nuova remunerazione per il lavoro del farmacista. Due innovazioni sancite da altrettante leggi nazionali (la prima del 2009 e la seconda nel 2012) che tuttavia a distanza di anni non riescono a decollare.
 
Perché? Prima di provare a rispondere vediamo di cosa si tratta e soprattutto risaliamo alle finalità di queste due innovazioni per il mondo della farmacia. Un mondo forse tra i più “conservatori” nel panorama sanitario italiano.
 
Di farmacia dei servizi e di nuova remunerazione si parla per la prima volta nel 2006 in un documento programmatico della Federazione degli Ordini dei farmacisti voluto fortemente dall’allora vice presidente Andrea Mandelli.
 
Un vero e proprio new deal per la professione che coglie in tempo i cambiamenti già in atto nel settore, a partire dal progressivo incremento della quota di farmaci generici che inevitabilmente avrebbe portato a una riduzione dei fatturati della farmacia tradizionale, il cui business restava comunque incentrato sulla vendita di farmaci con ricavi stabiliti per legge in percentuali fisse sul prezzo.
 
Se il prezzo diminuisce, diminuisce il ricavo. Una prospettiva concreta, insieme a quella di trovarsi comunque come un “corpo estraneo” all’interno di un Ssn sempre più strutturato e finalizzato in ogni sua articolazione. E la trasformazione del territorio in un asset fondamentale del sistema, con le Case della Salute e le altre articolazioni strutturali che prendevano forma, offriva una chance straordinaria alle 20 mila farmacie italiane per “offrirsi” come presidio sanitario capillare in ogni parte del Paese.
 
Per farlo era ovvio che la farmacia non poteva essere solo il luogo di dispensazione del farmaco. Doveva offrire di più. Analisi diagnostiche, informazione ed educazione sanitaria, supporto all’assistenza domiciliare, centro prenotazioni per le altre prestazioni sanitarie, supporto all’attività di monitoraggio dell’aderenza terapeutica.
 
La Fofi non la definì da subito “farmacia dei servizi” ma la strada era spianata e trovò il favore del legislatore che nel 2009 individuava i “Nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale”, (Decreto legislativo 153/2009 attuativo dell’art. 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69). Successivamente vengono emanati anche i decreti attuativi che indicano nel dettaglio le nuove funzioni della farmacia, tanto che l’allora ministro della Salute Ferruccio Fazio scriveva: “Il volto della farmacia è cambiato con i tre Decreti ministeriali del 16 dicembre 2010 e dell'8 luglio 2011 sulla "farmacia dei servizi", che hanno previsto l'erogazione di servizi e prestazioni professionali ai cittadini anche da parte delle farmacie”.
 
Anche il progetto di una remunerazione per il farmacista che prevedesse una componente “estranea” alla dispensazione del farmaco da agganciare all’atto farmacistico e quindi valorizzando le competenze del farmacista come operatore sanitario a tutti gli effetti, trovò il favore del Parlamento che nel 2012 (Legge 135) sancisce che “A decorrere dal 1° gennaio 2013, l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco è sostituito da un nuovo metodo, definito con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base di un accordo tra le associazioni di categoria maggiormente rappresentative e l'Agenzia italiana del farmaco per gli aspetti di competenza della medesima Agenzia”.
 
Come abbiamo visto due innovazioni strategiche per le farmacie italiane che però, a tutt’oggi, sono appunto lettera morta. Di farmacia dei servizi si continua a parlare nei convegni e anche nei documenti programmatici di Governo e Regioni ma di fatto non si sono attivate, salvo alcune rarissime eccezioni per iniziativa volontaristica di alcuni farmacisti.
 
Forse il punto è che la farmacia dei servizi per funzionare e decollare ha bisogno di un altro contesto. Quello delle “catene” con budget e dimensioni manageriali che il singolo farmacista non può permettersi. Solo una catena può standardizzare, uniformare attrezzature e ambienti e preparare i farmacisti ai nuovi compiti.
 
Con il ddl concorrenza e la previsione dell’ingresso di capitali forse le catene arriveranno anche in Italia e chissà che le farmacie dei servizi non possano effettivamente decollare come già avvenuto in altre parti del mondo.
 
Ma le catene manterranno caratteristiche e ruolo di presidio del Ssn? Se i contesti regionali lo consentiranno sì, in forme similari a quelle che oggi regolano i rapporti tra Asl e strutture specialistiche e di laboratorio private con appositi accordi convenzionali o contrattuali per i servizi extra farmaco che saranno in grado di offrire.
 
E veniamo alla nuova remunerazione che, dopo una partenza a razzo con una prima intesa tra le parti il 16 ottobre 2012 in tempo per la scadenza di legge del 1 gennaio 2013, ha avuto una brusca battuta d’arresto dopo la controproposta del ministro della Salute Renato Balduzzi presentata alle parti a gennaio del 2013 e poi lasciata cadere nell’oblio.
 
Senza entrare nel dettaglio di queste proposte, che potete leggere nei link sopra evidenziati, oggi registriamo che, a quasi due anni esatti dalla scadenza del 1 gennaio 2013, non se ne è fatto nulla e stante alle dichiarazioni di alcuni protagonisti della trattativa che abbiamo raccolto nei giorni scorsi (Gizzi, Racca e Mirone), non è detto che anche la nuova scadenza del 31 dicembre di quest’anno per la sottoscrizione di un accordo sia a portata di mano.
 
Perché? A mio avviso anche in questo caso le farmacie non sono pronte. Non tecnicamente ma “culturalmente” e “finanziariamente”. Fare della propria farmacia un presidio del Servizio sanitario nazionale a tutti gli effetti è una sfida alla quale, a parole, tutti dicono di sì ma che nei fatti, come abbiamo appena detto, necessita di investimenti notevoli e soprattutto di una “vision” strategica non alla portata di una singola farmacia.
 
E lo stesso vale per immaginare che il proprio reddito non debba derivare più solo dalla vendita di farmaci e altri beni sanitari ma dal mettere a frutto una professione complessa e affascinante come quella del farmacista che, senza offesa, dovrebbe essere “sfruttata” meglio sul campo.
 
Un esempio delle potenzialità di questa professione, e di come essa sia vissuta come tale più fuori che all’interno della categoria, ci arriva proprio in questi giorni dalla legge di stabilità (comma 328) che ha stanziato un milione di euro per un progetto di governance dell’aderenza terapeutica nei pazienti in cura per l’asma affidato interamente alle farmacie.
 
Un’idea frutto di un emendamento voluto ancora una volta da Andrea Mandelli e forse ispirato proprio da quel “suo” documento del 2006 dove già si parlava di questo ruolo per le farmacie. Un progetto che, al di là del valore in sé per la comunità, è indubbio che riporti in evidenza quel ruolo a tutto tondo della professione di farmacista che il nuovo sistema di remunerazione e la farmacia dei servizi vorrebbero riconoscere e al quale, paradossalmente, sono proprio i farmacisti a non credere del tutto.
 
Cesare Fassari

02 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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