Dopo Rimini/2. La dipendenza ai medici non conviene più
di Ivan Cavicchi
Oggi la dipendenza ai medici non conviene come è loro convenuta fino a qualche anno fa. In parte perché è malpagata, in parte perché ai medici costa troppo in termini di ruolo e identità professionale. In parte perché i rischi professionali aumentano. Oggi i medici non vedono l’ora di andare in pensione e di riciclarsi nel privato. Ieri era il contrario
27 MAG - L’idea che a mio parere potrebbe condurci oltre l’assoggettamento della professione è quella nota di
autore. Essa, per riprendere, l’articolo precedente dovrebbe:
· ripensare l'
obbligazione cioè il genere divincolo giuridico della professione nei confronti dello Stato
· superare "l’
assoggettamento" cioè il lavoro dipendente rispetto al quale lo Stato decide “
cosa deve fare” il medico “
come deve fare”
· ridefinire le
modalità dell'oggetto dell'obbligazione quindi le prestazioni da garantire ma delegandole all’autonomia della professione
L’idea di
autore è quindi quella che ci permetterebbe di tornare ad una situazione nella quale lo Stato concorda con il medico i risultati attesi ma lasciando decidere al medico come raggiungerli
Tutto questo senza tornare alla professione liberale senza compromettere la natura pubblica della sanità e senza ignorare i problemi della sostenibilità. La proposta di “
autore” lo dico per correttezza storico-bibliografica è stata formulata nei suoi presupposti e postulati la prima volta nel 1995 e via via perfezionata .
Questo per dire che 21 anni fa i problemi di fondo dei medici non erano diversi da quelli discussi a Rimini nella terza conferenza della professione. Anche allora il lavoro professionale era considerato un costo e non una risorsa, non la soluzione ai problemi della sanità ma il principale problema della sanità da risolvere. Anche allora c’era il problema della medicina amministrata e quindi dei medici senza autonomia anche se le metafore usate erano altre (labirinti e minotauri).
L’idea di “autore” non viene fuori come un coup de foudre cioè all’improvviso e in modo inaspettato, ma è il risultato di un lungo percorso di riflessione che inizia a ridosso dell’approvazione della riforma sanitaria quindi i primi anni 80 con lo scopo di fare del ripensamento anche giuridico del lavoro professionale un mezzo di attuazione effettiva della riforma.
Credo sia nota la mia tesi generale che sostiene che senza ripensare il lavoro della sanità si riforma ben poco e che il lavoro ripensato è un mezzo indispensabile per il cambiamento.
Vediamolo questo percorso anche se succintamente:
· nel 1982
l’autore era implicito nella battaglia per il superamento del famigerato “761” quindi nel tentativo mai veramente riuscito di ripensare lo statuto giuridico dei dipendenti pubblici e quindi i ruoli e i profili delle professioni (1)
· nel 1986 la riflessione va avanti e si assesta sulla
soggettività del lavoro e quindi sul valore dell’autonomia e sugli attributi contrattuali che dovrebbero valorizzarla (2)
· nel 1990 il discorso si allarga a come si devono costruire gli interessi professionali e i loro scopi. La tesi è che gli interessi di chi lavora non si tutelano cioè non si difendono semplicemente ma si costruiscono con adeguate condizioni anche giuridiche (3)
· nel 1993 la riflessione si affina fino a porre la questione di come si co-determina “il valore del lavoro” (4).
· nel 1994 con l’aziendasi esplora l’ipotesi del
salario funzione della salute cioè si avanza l’ipotesi di una retribuzione funzione dei risultati ottenuti (5)
· nel 1995 finalmente esce l’idea di
autore come sintesi del percorso fatto (6)
· nel 2007 si ha la suadefinizione organica e completa (7)
L’autore implica un passaggio di fondo senza il quale per i medici non è possibile sottrarsi all’assoggettamento e alla dipendenza:
· dal principio
dell’ascriptionche retribuisce il medico sulla base dell’attribuzione dei compiti alle condizioni fissate dallo Stato
· al principio
dell’achievement che retribuisce il medico sulla base del raggiungimento del proprio fine professionale (
the achievement of one's aim)
Nel primo caso è lo Stato che fissa le condizioni per ...nel secondo caso lo Stato concorda il fine ma non le condizioni per il suo raggiungimento. Nel primo caso l’autonomia è condizionata nel secondo caso no.
Perché ho voluto rifare la strada che mi ha condotto all’autore? Per dimostrare che in realtàquesta idea non nasce originariamente per porre riparo ai problemi dell’autonomia professionale o arginare la medicina amministrata, ma nasce da un intento riformatore quello di sviluppare il lavoro professionale ripensando la dipendenza.In sanità le logiche burocratiche del pubblico impiego non hanno mai funzionato.
Oggi la dipendenza ai medici non conviene come è loro convenuta fino a qualche anno fa in parte perché è malpagata in parte perché ai medici costa troppo in termini di ruolo e identità professionale in parte perché i rischi professionali aumentano. Oggi i medici non vedono l’ora di andare in pensione e di riciclarsi nel privato. Ieri era il contrario.
Oggi non regge più neanche la soluzione promiscua tra libera professione e dipendenza (un po’ di onorario e un po’ di salario) Si tratta di un compromesso che oltre a fare acqua da tanti punti di vista (equità, fiscalità, accesso alle prestazioni, giustizia sociale ecc).non mette al riparo la professione dipendente dai rischi di essere amministrata. La libera professione rende certamente la professione più redditizia ma non è in grado di compensare la perdita di autonomia professionale nella dipendenza.
La libera professione nella dipendenza è la dimostrazione che l’autonomia è funzione di chi paga perché essa di fatto ammette due regimi assistenziali:
· uno ad autonomia piena senza limiti di appropriatezza perché chi paga è il cittadino
· uno ad autonomia limitata con limiti di appropriatezza perché chi paga è lo Stato.
Analogo discorso vale per i convenzionati. Sono medici liberi professionisti para subordinati che non solo non sono protetti dalla medicina amministrata ma sono sempre più esposti alla sfiducia dei malati. La loro autonomia per lo Stato è inappropriata per definizione. Per cui per loro ogni genere di vincolo va bene.
Insomma a me pare che oltre al problema dell’ autonomia tante sono le ragioni che dovrebbero spingere i medici a cambiare formula.
Nel prossimo articolo esamineremo i presupposti che rendono plausibile l’idea di
autore.
Ivan Cavicchi
Leggi la prima parte.
Bibliografia
(1) I.Cavicchi: trasformazioni socio sanitarie, Bulzoni Roma 1982
(2) I.Cavicchi: salute nova per una nuova teoria della salute oltre il paradigma della tutela cooperativa il manifesto Roma 1986
(3) I.Cavicchi: il sindacato che non c’è Datanews Roma 1990
(4) I.Cavicchi: il valore del lavoro tra diritti e interessi Ediesse Roma 1993
(5) I.Cavicchi :Usl e ospedali,come negoziare l’azienda sanità Ediesse Roma 1994
(6) I.Cavicchi :la rivolta dei minotauri, il lavoro nella sanità da problema a soluzione Laterza Roma bari 1995
(7) i.Cavicchi: autonomia e responsabilità Dedalo Bari 2007
27 maggio 2016
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