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Delega lavoro (art.22). Fassid/Sinafo: “Alla ricerca di un accordo”

di Roberta Turi e Giangiuseppe Console

Questo argomento da quasi due anni sta facendo discutere Governo, Regioni e OO.SS. della sanità pubblica. Si dovrà arrivare necessariamente ad una sintesi che, però, non deve avere i connotati di un compromesso che andrebbe a discapito del corretto funzionamento del Ssn. Pochi interventi, ma chiari e facilmente applicabili.

06 GIU - È l’argomento del momento che, da quasi due anni, sta facendo discutere Governo, Regioni e OO.SS. della sanità pubblica. In tanti si stanno esercitando a proporre ricette salvifiche tese a migliorare il testo dell’articolo 22 del Patto della salute. Ma l’attenzione è soprattutto focalizzata alla lettera “b” sulla quale c’è uno scontro, per ora insanabile, tra Regioni e organizzazioni sindacali mediche e della dirigenza sanitaria.
 
E’ da lunga pezza che le regioni propongono (e ripropongono) l’introduzione nel SSN di una nuova figura professionale sanitaria, quella del medico laureato non specialista, “con mansioni proprie della professione in coerenza con il grado di conoscenze e competenze acquisite”. Questa nuova figura dovrebbe, a parere dei proponenti, essere inquadrata come “non dirigenziale” in una sorta di limbo normo giuridico a cavallo tra la dirigenza e il comparto. Inoltre, questi sanitari potrebbero/dovrebbero essere ammessi, anche in soprannumero, alle scuole di specializzazione con le modalità di cui all’art. 35, comma 4, del d. lgs. 368/1999.

Ma questa possibilità è stata bocciata da gran parte del sindacalismo medico e sanitario. E non solo. Infatti è stato fatto notare che questa nuova figura, oltre che richiedere una complessa declaratoria dei livelli di autonomia e di responsabilità professionale per compiti che, come ha notato il MEF, potrebbe sovrapporsi a quelle della dirigenza sanitaria non medica, contribuendo non poco a creare ulteriore confusione nel già troppo confuso sistema organizzativo del SSN con l’effetto di creare ulteriori turbolenze gestionali nella suddivisione di ruoli e funzioni.

Va infatti rammentato, a tal proposito, che all’interno dello stesso articolo 22, si sta ridisegnando lo sviluppo professionale di carriera della dirigenza disciplinandolo attraverso l’introduzione di «misure volte ad assicurare una maggiore flessibilità nei processi di gestione delle risorse umane, definendo e differenziando all’interno della dirigenza medica e sanitaria percorsi di natura gestionale e percorsi di natura professionale». In particolare, si propone e si prevede la distinzione tra una carriera professionale e una gestionale con tanto di implementazione dei sistemi di valutazione delle competenze professionali acquisite.

L’ulteriore identificazione di un’altra figura professionale, peraltro priva di specializzazione, in sovrannumero rispetto agli specializzandi e precaria per definizione, non può che generare confusione nell’organizzazione nonché inevitabili aspettative di stabilizzazione futura. La nostra organizzazione (FASSID Area SiNaFO) è stata tra quelle che immediatamente hanno espresso il totale dissenso per questa ipotesi reiteratamente avanzata dalle Regioni. Abbiamo sempre sostenuto l’assoluta necessità di mantenere e, se possibile, ulteriormente sviluppare un percorso formativo altamente professionalizzante completo di acquisizione di conoscenze manageriali senza l’inutile, quanto dannosa, previsione di un inserimento di figure sanitarie prive di specializzazione.

Per quanto riguarda poi la questione della rete formativa regionale, alcune OOSS della dirigenza sanitaria (tra cui Fassid), nella speranza di trovare ulteriori sacche di finanziamento per la formazione specialistica (già sotto finanziata rispetto alle reali necessità), inizialmente avevano proposto l’inquadramento nelle Aziende Sanitarie della rete formativa regionale per gli specializzandi nel corso dell’ultimo biennio di formazione con tanto di contratto a tempo determinato (da definire nel livello retributivo) finalizzato al completamento del percorso formativo e all’acquisizione della necessaria autonomia professionale. Su questa proposta potrebbe aprirsi un confronto anche se le Regioni non sembrano gradire questa soluzione. Il confronto, però, non può trasformarsi, a nostro parere, in una resa da parte delle nostre organizzazioni con la supina accettazione anche di un solo anno di contratto. Riteniamo che la proposta dei due anni di contratto nell’ultimo biennio rappresenti (per ora) “il minimo sindacale”. Ma su tale questione sono intervenuti anche i rettori che oppongono un secco “no” alla proposta di un “doppio binario” della formazione rivendicando il proprio diritto esclusivo sul tema della formazione di medici e sanitari.

Insomma quanto basta a creare e mantenere un clima conflittuale che allontana, almeno per ora, l’ipotesi di realizzazione di un servizio sanitario adeguato alle necessità assistenziali, gestionali, normative e contrattuali richieste dalla realtà contingente. E’ un momento di grande confusione in cui Governo, Ministeri, Regioni, Sindacati e Universitari sostengono singole tesi su argomenti di grande respiro sociale e assistenziale. Si dovrà arrivare necessariamente ad una sintesi che, però, non deve avere i connotati di un compromesso che andrebbe a discapito del corretto funzionamento del SSN. Pochi interventi, ma chiari e facilmente applicabili.
 
Roberta Di Turi
Segretario generale FASSID Area SiNaFO
 
Giangiuseppe Console
Presidente FASSID Area SiNaFO 


06 giugno 2016
© Riproduzione riservata

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