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Medici, professioni sanitarie. A chi la responsabilità?


Tante professioni sanitarie. Ma la responsabilità resta (quasi sempre) al medico. Su questo nodo si è svolta oggi una giornata di studio, organizzata a Rimini dalla Fnomceo che domani dovrebbe pubblicare un documento che definisca cos’è “atto medico”.

14 MAG - In Italia ci sono 22 profili professionali sanitari che si affiancano ai medici. Non sempre sono chiari i rispettivi ambiti di autonomia e di responsabilità, anche se, almeno sotto il profilo legale, la responsabilità rimane quasi sempre ai medici.
I 22 profili professionali sono suddivisi in quattro aree: assistenza riabilitazione, tecnica e prevenzione. I più numerosi sono gli infermieri, più numerosi dei medici. Ma la tendenza è ad una crescita delle professioni sanitarie assai più ampia, se si considera che nel 2008 le Facoltà di medicina hanno “sfornato” 6.796 medici, 1.066 odontoiatri, 20.538 professionisti sanitari con laurea triennale e 1.558 professionisti sanitari con laurea specialistica. In pratica 3 nuovi professionisti della sanità ogni nuovo medico.
E se tra queste nuove figure professionali i più numerosi sono gli infermieri, crescono però  più velocemente i riabilitatori. Sempre nel 2008, infatti, tra i laureati nelle professioni sanitarie 10.910 erano nell’area dell’assistenza (infermieri), 4.504 nell’area della riabilitazione, 3.658 nell’area tecnica e 1.466 nell’area della prevenzione.
Come integrare questi professionisti con i medici, che per secoli hanno esercitato l’arte della cura da soli o con figure chiaramente subordinate? Il convegno organizzato oggi a Rimini dalla Fnomceo, con il supporto dei tre Ordini provinciali della Romagna - Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna - ha affrontato questo nodo con il contributo di molti esperti del mondo sanitario: il sociologo Lorenzo Speranza, il giurista Luca Benci, Ketty Vaccaro del Censis (dalla cui relazione sono tratti i dati riportati in apertura), il magistrato di Cassazione Gianfranco Iadecola, il preside della Facoltà di Medicina di Firenze Gian Franco Gensini, il direttore dell’Agenas Fulvio Moirano, l’avvocato Roberto Longhin, il bioeticista Sandro Spinsanti, il DG del dipartimento risorse umane del ministero della Salute Giovanni Leonardi.
Il dato complessivo conferma che, nella percezione dei cittadini, la responsabilità maggiore resta tutt’oggi sulle spalle dei medici (Vaccaro), ma è così anche nella definizione giuridica (Iadecola), e nella formazione (Gensini). La responsabilità medica è assolutamente preponderante, secondo quanto illustrato da Longhin, nei contenziosi legali: 1.324 casi nel 2008, a fronte di 15 casi di responsabilità infermieristica, 1 ostetrica, 1 radiologico e 20, prevalentemente amministrativi, dei laboratori.
I lavori sono andati avanti con una tavola rotonda alla quale hanno partecipato i rappresentanti di sindacati e associazioni mediche e dei professionisti della sanità, anche per valutare l’intreccio tra modelli organizzativi e definizione delle responsabilità professionali. Alla tavola rotonda hanno partecipato Gian luigi Palma (Ordini degli psicologi), Miriam Guana (Collegi Ostetriche), Costantino Troise (Anaao), Giacomo Milillo (Fimmg), Roberto Lala (Sumai), Riccardo Cassi (Cimo), Pasquale Spinelli (Fism).
Prima delle conclusioni affidate al presidente Fnomceo Amedeo Bianco, ha preso la parola il neo assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna Carlo Lusenti, che ha sottolineato il rischio di cedere ad un “darwinismo professionale” che faccia vincere la professione più forte, a scapito dell’integrazione e soprattutto del bene dei pazienti.
Il dibattito ha messo in evidenza come tra le difficoltà nel rapporto tra medici e professioni sanitarie vi sia anche la difficoltà nel definire cosa si possa indicare come “atto medico”, una nozione non chiara anche in termini legislativi. Per questo, domani, il Consiglio nazionale Fnomceo dovrebbe approvare un documento volto proprio alla definizione di “atto medico”.
 

14 maggio 2010
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