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Autoanalisi in farmacia. Innovazione e sicurezza apprezzate dai cittadini


In una tavola rotonda svolta nell’ambito della IV Conferenza nazionale sui dispositivi medici, il presidente della Fofi, Andrea Mandelli, ha illustrato il razionale alla base di questo aspetto della farmacia dei servizi, che ha riscosso grande interesse da parte dei cittadini.

01 GEN - La IV Conferenza nazionale sui dispositivi medici ha riservato uno spazio di discussione, e non poteva essere diversamente, anche alla farmacia, con una tavola rotonda significativamente intitolata Diagnostici in vitro e il corretto utilizzo dei dispositivi per test autodiagnostici nelle farmacie alla luce dell’entrata in vigore del DM 16/12/2010, moderata da Marcella Marletta, Direttore generale della Direzione farmaci e dispositivi medici della del ministero della Salute. Alla discussione hanno partecipato Giovanna Nisticò, del ministero della Salute, il presidente di Assodiagnostici Pasquale Mosella, Annarosa racca, presidente di Federfarma e Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti. Al centro della discussione sia l’impianto della legge che ha aperto la possibilità dell’esecuzione dei test di prima istanza nella farmacia, sia le tecnologie attualmente disponibili.

Nel suo intervento, Andrea Mandelli ha affrontato un aspetto inedito: “Perché l’autotest in farmacia ha subito dettato l’attenzione dei media e del pubblico? Questi test, infatti, sono da tempo disponibili al cittadino, che può in linea di principio impiegarli al domicilio in piena autonomia. Perché quindi la possibilità di eseguire, per esempio, una glicemia con l’ausilio del farmacista suscita tanto interesse?”.  Secondo Mandelli, una prima risposta viene dall’attività di sorveglianza post-marketing degli autotest in libera vendita. Uno studio tedesco del 2007, che si occupava in particolare delle segnalazioni relative ai dispositivi per la misurazione della glicemia, della coagulazione e dei test di gravidanza, mostra che i malfunzionamenti segnalati sono dovuti nel 18% circa dei casi, a errore del paziente e nel 25% dei casi a un difetto del prodotto, mentre nel 35% dei casi non è stato possibile determinare la causa del malfunzionamento.

“Credo si possa concludere - ha detto il presidente della Fofi - che almeno un paziente su cinque abbia effettivamente necessità di un’assistenza adeguata anche per l’esecuzione materiale del test, senza contare quel restante 35% dei casi di fallimento, di cui non è determinata la causa, nei quali probabilmente la presenza di un professionista preparato avrebbe determinato un esito differente. Il paziente, quindi, ha bisogno di un supporto qualificato ed evidentemente lo sa”.

Questa impostazione è avvalorata anche da quanto gli studi hanno rivelato a proposito della misurazione della pressione arteriosa, e cioè che la misurazione in farmacia può ovviare ad alcuni inconvenienti della misurazione domestica, per esempio le ripetizioni non necessarie che conducono a risultati inaffidabili. “E’ interessante notare, a questo proposito, che un altro studio, questa volta spagnolo,  pubblicato sull’American Journal of Hypertension ha mostrato come le misurazioni in farmacia non risentano dell’effetto camice bianco. Un aspetto senz’altro importante per il medico curante che si trovi a valutare questi dati” ha aggiunto Mandelli.

Va poi considerato che l’uso di semplici test diagnostici è fondamentale nella pharmaceutical care, tanto che la loro esecuzione è stata prevista anche nel Libro bianco sulla farmacia elaborato dal Ministero della salute britannico nel 2008. Una pratica, la pharmaceutical care, che a sua volta si sta dimostrando efficacissima per il raggiungimento degli obiettivi clinici con un ridotto consumo di risorse soprattutto nelle patologie a più forte impatto sociale come il diabete tipo 2.

A questo riguardo, Mandelli ha citato uno studio emblematico, dove un programma  a breve termine, della durata di tre mesi con 6 controlli da parte del farmacista incaricato, ha più che raddoppiato il numero dei pazienti trattati che mostravano un adeguato controllo glicemico (passati dal 16,3% al 39,5%) e determinato un calo medio della pressione sistolica e diastolica rispettivamente di 10,9 e 9,3  mmHg. “Va sottolineato che questo studio è stato condotto in un paese, la Turchia, che non aveva nessun precedente in tema di partecipazione del farmacista alla gestione del paziente sul territorio, segno che è una formula facilmente replicabile con successo nei contesti più diversi”.

Non va poi dimenticato che anche il responso più semplice, richiede comunque l’interpretazione di un professionista qualificato, anche per le persone più acculturate, se non altro per una comprensibile necessità di rassicurazione. Rassicurazione che è fondamentale per evitare comportamenti irrazionali, a cominciare dalla ripetizione dei test e o dal rifiuto di prendere in considerazione il risultato. “E’ in questo senso che il farmacista, senza invadere in alcun modo il ruolo del medico curante e del medico di laboratorio può svolgere una funzione positiva anche nel settore diagnostico, semplicemente ovviando ai rischi del fai da te incontrollato” ha sintetizzato Mandelli

Ovviamente, perché tutte queste potenzialità vengano espresse è necessario che il farmacista si prepari a questa evoluzione attraverso la formazione post-laurea potendo contare su conoscenze di base adeguate. “L’altro elemento fondamentale” ha concluso Mandelli “che è anche alla base di tutto il modello della farmacia dei servizi, è un più stretto rapporto, direi un’integrazione, con la rete dei medici di medicina generale, in primo luogo in termini di circolazione delle informazioni raccolte. Qualsiasi dato diagnostico, dal più elementare al più sofisticato, è inutile se non viene portato alla conoscenza del medico curante. Questo è ben presente ai farmacisti e su questa base dobbiamo costruire l’ingresso della farmacia dei servizi nel complesso sistema di tutela della salute sul territorio”.   
 

01 gennaio 2011
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